“GAMBIT” DI MICHAEL HOFFMANN
27 Febbraio 2013“L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE ” DI CARLO GOLDONI
3 Marzo 2013Cast: Keira Knightley Jude Law Matthew MacFayden Aaron Taylor-Johnson Alicia Vikander Domhnall Gleeson
Molte le chiavi di lettura che ci offre questa nuova edizione di Anna Karenina. La prima domanda che ci potremmo porre è perché questa straziante storia d’amore ( ma non solo…) dovuta al
genio di Lev Tolstoij dopo una ventina di adattamenti cinematografici ancora trovi dei realizzatori? La risposta è nella profondità, nella bellezza di questa storia, dove passione,morale,perbenismo, schiaffo alle convenzioni si incontrano e si incrociano. D’altro canto un testo del genere solletica anche grandi attrici, Greta Garbo addirittura l’ha interpre-
ta due volte, e poi ancora Vivien Leigh, Claire Bloom, Jacqueline Bisset ,Sophie Marceau.
La storia è quella di una giovane e bella signora, Anna (Keira Knightley), moglie di un alto funzionario governativo, Karenin ( Jude Law), che si innamora perdutamente del giovane conte Vronskij ( Aaron Taylor-Johnson ) sino a dargli una figlia e andare a vivere con lui. E’ una storia molto datata impregnata com’è di teoremi di vita ottocenteschi, di sensazioni e palpiti da
nascondere, di convenzioni da rispettare, di vergogne e rossori da celare. E addirittura una storia dove uno dei simboli dell’Ottocento, il treno, viene raffigurato dall’autore come il
vendicatore e il giustiziere dei torti.
Il regista Joe Wright sembra voler andare oltre la storia, l’assume a pretesto per creare una sorta di grande contenitore dove vivono tanti personaggi ma dove principalmente si agisce in base a sentimenti e senzazioni dall’amore al tradimento, dall’onore alla vendetta, dalla colpa al giudizio. Tutti elementi che acquistano una forza propria che va al di là dei singoli personaggi.
Ed ecco che la storia non ha più un taglio cinematografico, non viene più raccontata come storia ma passa ad un modulo teatrale, noi comodamente in platea ad attendere che si alzi
il sipario.Ma la macchina da presa non scompare, ogni tanto ci porta oltre i fondali facendoci vedere il mondo esterno con chi vi vive, e quindi vi è un continuo rimando tra finzione e
realtà, tra illusione e verità. Così si susseguono la stazione ferroviaria, il treno, addirittura dei campi sterminati ove a volte troviamo i due amanti persi nella loro passione, a volte i
contadini che lavorano duramente. Ma poi si ritorna alla vita reale, alle regole da rispettare alla realtà che va oltre il sogno.
Non mancano delle trovate affascinanti, vedi il ballo “fisico” tra i due futuri amanti, un’attrazione di sguardi, braccia, mani, corpi che va oltre il ballo e fa da prodomo a una passione e una attrazione emintemente carnale. Molto più misurato lo sboccare dell’amore, tra il timido Levin (Domnhall Gleeson ) e la virtuosa Kitty ( Alicia Vikander ), un autentico virtuosismo il ricorrere al gioco dello Scarabeo per giungere a una dichiarazione d’amore.
E anche il palcoscenico diventa un “personaggio” quando diventa sempre più profondo a sottolineare la perdita del figlio da parte di Anna. Certi simbolismi su simbolismi, eccesso di effetti
e di finzioni possono finire per appesantire la storia e renderla un po’ noiosa.
Tolstoj riusciva a rendere in poche parole certi sentimenti e sensazioni ,ad esempio tornando alla scena del ballo tra i due futuri amanti, Kitty, la promessa sposa di Vronskij, li vede e: “…..Vedeva che essi si sentivano a quattr’occhi in quella sala così piena”. Poche parole per significare la amara presa di coscienza da una parte e l’inizio di un qualcosa di travolgente dall’altra.
E allora Wright fa precipitare i due in una sorta di isolamento durante il ballo in una danza che ha in sé un qualcosa di magicamente misterioso, un corteggiamento quasi animalesco.
Keira Knightley offre ad Anna lo sguardo struggente e un a risata sbarazzina ma anche inquietante, quasi un sogghigno soddisfatto e foriero di altre cose….
Wright è abitiuato a confrontarsi con grandi classici, vedi Orgoglio e preguidizio, Espiazione, qui si avvale della sceneggiatura di Tom Stoppard, altro abituato ad imprese del genere,
come Rosencratz e Guilderstein sono morti e Shakespeare in love. In questo film non interessa tanto ricostruire un’epoca, fornircene un grande affresco, piuttosto si cerca di evidenziare
un sentimento che da sempre esiste, l’amore. E anche la verità letteraria lascia sovente il campo alla finzione, necessaria per dare sostanza a quelle che per lo più sono sensazioni. La soluzione di ambientare la vicenda tra le quinte di un teatro, con ritmi assai sostenuti, vuole rendere la vicenda la più universale possibile e quasi fuori del tempo.
D’altra parte le passioni non hanno tempo, possono accadere ovunque e a chiunque, la storia di Anna è chiaramente un pretesto per dire che di fronte alla noia della quotidianità,alla convenzionalità dei rapporti portati avanti per forma, alla imprevidibilità di una reazione di fronte a qualcosa di nuovo( e il fascino del proibito gioca anche la sua parte…) tutto può
accadere anche a una donna dei nostri tempi.
La regia adotta un accorgimento, a seconda che gli eventi siano pubblici o privati. Per le occasioni diciamo mondane si utilizzano le quinte del teatro, qui regnano finzione,ipocrisia,
si ricorre al francese. Per le occasioni intime, per le occasioni che corrispondono alla vita vera ecco il letto, la stazione, il treno, la campagna.
E alla tragica figura di Anna si oppone quel Konstantin Levin, che poi non è altro che l’alter ego dello stesso Tolstoj, un nobile signore, apparentemente un sempliciotto, certo
imbranato in amore, ma dotato di grande forza morale, lui preferisce ai lustrini dell’alta società, dove pure approda per amore di Kitty, la vita dei campi e nei campi, lui lavora
al pari dei servi che quasi lo guardano con sospetto, lo scherniscono, lo criticano perché vuole unirsi a loro. E Wright fa ampie panoramiche sulla campagna bionda, sui volti
bruciati dei braccianti.
Il regista sembra appunto voler privilegiare non solo la tragica storia d’amore e la sua eroina ma anche la nobiltà d’animo e la forza morale di Levin, anche se non può raggiungere
l’intensità dello scrittore e del suo testo, un vero inno alla terra.
Sono trascorsi sedici anni dalla versione non certo memorabile di un’Anna Karenina stile Sophie Marceau, Wright ( e Stoppard ) al momento che decidono di riprendere questa
storia lo fanno in maniera diversa da chi li ha preceduti, non siamo pià a Mosca o San Pietroburgo ma su un palcoscenico di un teatro, dietro le quinte, tra gli attrezzi polverosi, e
in questo piccolo universo irrompe la vita e la sua frenesia, ci si apre al mondo, in un alternarsi di generi, opera, operetta, dramma, tragedia, musical, lanterna magica, anche il cinema.
L’avere scelto il teatro come location della storia permette di reinventarsi il tutto, non con l’intento di riprodurre un’epoca, ma semmai di attualizzare una storia che di per se stessa è
mutuabile nel tempo.
Se si vuole essere cattivi forse meraviglia la scelta degli attori del triangolo: già detto dell’Anna-Knightley, Karenin è Jude Law, di una severità di tratto e di un ascetimo rigoroso.Gli si contrappone l’insulso ufficialetto Vrosnky (Aaron Taylor-Johnson), ci si aspetterebbe un ufficiale vigoroso, non un insipido e riccioluto giovanottino.
Certamente una splendida Anna la Knightley con le sue velette, i suoi cappellini, i suoi strascichi, le sue piume, le sue pellicce, il tutto, dicono gli esperti di moda, “aggiornato” a uno stile
più vicino ai nostri tempi.
E’ un teatro senza tempo, una storia giocata sul vero e sul sogno, efficace anche l’idea di ambientare le scene di massa nello spazio ristretto della platea o del paloscenico.
Una storia dove non mancano i fremiti di modernità e non vi è solo amore assai emblematica la figura di Levin , il ricco proprietario che non esita a lavorare insieme ai suoi la
terra, ancora più notevole il fratello, già portato al bolscevismo, e assai drastico nelle sue affermazioni: il privilegio non è solo immorale, ma irrazionale, e tu stai dalla parte sbagliata
della storia”.
Insomma un capolavoro della letteratura ricco di fermenti che ancora oggi merita di essere letto in quanto tale, e che ha il pregio di suggerire sempre qualcosa di stimolante a chi
lo affronta.
GIUSEPPE PREVITI