ARTISTI MALEDETTI (1): CHARLIE PARKER ( Bird, l’uccello che suonava il jazz)
11 Aprile 2018” PER LO ZIO ” un ricordo di VITTORIO PARLANTI
13 Giugno 2018Billie Holiday nacque a Baltimora( secondo altre fonti a Filadelfia)il 7 aprile 1915 per morire a New York il 17 luglio 1959.
Elleonor Harris ( o Fagan , il cognome della madre) prese il cognome del padre Clarence, mentre il nome Billie fu un omaggio all’attrice Billie Dove.
Per Frank Sinatra era una delle maggiori voci della canzone, per molti è stata la più grande cantante jazz mai esistita. Ma
a questo umanime e riconosciuto successo di artista non è corrisposta una vita altrettanto felice, e quindi la possiamo ben iscrivere a quel club di ” artisti maledetti” di cui spesso ci siamo occupati.
TORMENTO E ESTASI
La vita della Holliday è stata colpita da sofferenze continue, ma è anche vero che il suo mito d’artista è rimasto vivo indipendentemente da tutto questo. Lester Young l’aveva definita una voce densa di valore, anche inquietante, chiamandola Lady Day.I segreti della sua affermazione erano una voce densa di dolore, con sfumature blues con una
voce dove si riflettevano i tormenti di una voce solitaria, dove aveva subito ogni sorta di violenza, per poi precipatare
anche nel mondo della droga. Molte sue canzoni, lo ricorda lei stessa, sono autobiografiche , vedi “Goss Bess the Child”o
anche tanti pezzi dove ricorrono spesso le parole ” fame” e “amore”, due espressioni che si ripeteranno in tante sue canzoni.. E lei teneva a dire che erano due parole in cui quando cantava metteva tutta se stessa, perché sapeva bene cosa
le erano costate in tutta la sua vita.
Si era esibita con orchestre di bianchi e per lei negli alberghi occorreva sempre un posto separato.
Musicalmente doveva molto a Louis Armstrong. La canzone che la lanciò fu Strange fruit si he cantava i linciaggi che subivano molti uomini di colore.Nonostante il boicottaggio di radio e discografici il messaggio arrivò alla popolazione,anche perché l’interpretazione della Holiday fu tale da rendere il brivido di quelle esecuzioni.
UNA VOCE SPEZZATA
Il 15 luglio 1959 la Holliday fu trovata senza vita nel suo appartamento newyorkese. Venne subito ricoverata ma fu consi-
derata in stato d’arresto perché in possesso di droga.Morirà due diorni dopo in conseguenza di una devastante cirrosi epatica.
Una vita dove, e la tragica fine la conferma, non si sa se sia stato maggiore il talento canoro o il dolore di una vita maledetta. Stuprata a 10 anni, prostituta giovanissima a Harlem. Ma a 15 anni la sua bravura di cantante sta eslpodendo
e la vediamo esibirsi in vari night club. Era talmente brava che sarà tra le prime cantanti nere a esibirsi con complessi di
musicisti bianchi.
La morte della madre, la fine di un matrimonio assai turbolento incideranno molto su di lei, cercherà rifugio nell’alcol e
nella droga, e questo l’avvierà a un progressivo declino.
John Hammond, Benny Goodman lavoreranno con lei, gira con le orchestre di Count Basy e Artie Shaw, approda al cinema con Louis Armstrong in “New Orleans “(1946), ma poi che nella sua vita entra l’eroina questo finirà por incidere anche sulla sua voce.
Nel 1973, interpretata da Diana Ross, esce un film ispirato alla sua autobiografia “La signora canta il blues” (scritta nel
1956). Muore un 17 luglio, 44nne, con la polizia istallata nella sua camera.
Toccante un ricordo di lei tracciata da Tony Scott: “Tutti ascoltano i dischi di Billie, tutti conoscono il suo nome. Lei rap-
presenta la vittima. La sua voce tocca chiunque, anche chi non capisce le parole, perché il suo canto nasce direttamente
dall’anima.L’anima di un essere umano molto profondo, che capisce la tristezza, la felicità, la solitudine,il successo e che
fu sempre destinata ad avere un good man a fianco, un buono a nulla….”.
LA VOCE DELL’INQUIETITUDINE
Una osservazione amara di qualche anno fa, correva il 2015, e ricorreva il centenario della nascita della Holliday ( 7 aprile 2015), passato pressoché inosservato.Una voce straordinaria quella di una donna considerata la più grande can-
tante jazz di tutti i tempi. Emozione, amore, angoscia, disperazione, tutto compare nella voce della Holiday. Si può dire
che sin dalle prime incisioni (sui 15 anni) che La sua voce era il jazz. Lei cantava la tristezza, l’angoscia, la paura, ma
tutto sfumava al suono di quella meravigliosa.
Nel 1958 era ven uta in Italia, ebbe una brutta esperienza al Teatro Smeraldo dove però non si trattava di una serata
organizzata per lei. Fu rimediato con una serata trionfale qualche serata dopo.
UNA CANTANTE COME UN ROMANZO NOIR ?
Una cantante è solo una voce e la voce dipende in tutto e per tutto dal corpo che t’ha dato il Padreterno.
Si dice che una “voce”non si può raccontare. Vorremmo paragonare Billie Holiday a un romanzo noir dove più che la
storia contano le motivazioni. Nella vita della Holiday, al di là di miserie e splendori, resta lei con la sua voce e il suo do-
lore.I romanzi noir prediligono le ambientazioni scure, malinconiche, a volte anche languide, che introducono a una vita maledetta, vedi come la vita di questa artista sia stata funestata dalla droga. Cuore, voce, musica considerate come “parti” di un mondo noir, dove la protagonista si porta dietro la sua vita dissestata, il suo travaglio di persona oltre
che di artista, o meglio, sulla sua vita di artista tutto questo finiva per diventarne parte integrante.
GIUSEPPE PREVITI