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23 Dicembre 2012“LA LEVATRICE” DI STEFANO BRACCINI SARNUS
27 Dicembre 2012Valerio Nardoni, critico e traduttore letterario e di volumi di prosa e di poesie, esordisce con Capelli blu nel campo del noir.
Jilium è un giovane laureato che per vivere si adatta a fare il cassiere in un discount. Una notte poco prima di Natale mentre rientra a casa sua trova riversa e agonizzante fra le auto
una giovane donna dai capelli blu.
Potrebbe fare tante cose: chiamare un’ambulanza, chiamare la polizia, chiedere aiuto, andarsene….ma lui invece se la porta in casa e la stende su un divano…Ma anche in casa continua a comportarsi in modo strano. Ad esempio suona il cellulare della donna, lui risponde e si mette a questionare con un tipo, poi va a dormire dopo aver sfasciato in mille pezzi il cellulare
e averlo gettato nel water, e aver nascosto la borsa della ragazza sotto il divano.
Ma il bello viene la mattina dopo quando si risveglia e non trova più il cadavere. Qui comincia il suo calvario perché lui è il primo a dubitare di se stesso se cioè il suo sia tutto un sogno
o invece sia accaduto veramente.
E neppure i suoi amici e conoscenti gli saranno di grande aiuto. Sonia la ragazza che gli piace e che va a trovarlo crede abbia un’amante, Alvaro,il suo inseparabile amico, cerca di aiutarlo
ma dubita di lui. Infine uno strano psicologo cui si è rivolto non capisce assolutamente dove sia il limite tra l’immaginazione e la verità del suo neo-paziente e lo denuncia alla polizia.
Per Jilium sarà un’esperienza allucinante….
Capelli blu è un romanzo assai strano, da qualche parte si legge ” si vede che l’ha scritto un poeta”….ma francamente la singolarità del volume non sta nella professione di chi l’ha scritto
ma è proprio nel come è costruito. Valerio Nardoni, un giovane scrittore, è del 1977, alterna esperienze di critica letteraria alla traduzione di libri e poemi ma nessuna di queste cose
spiega l’originalità del suo romanzo d’esordio.
In questo suo primo approdo al genere noir si affida a una trama abbastanza leggera ma con la grande abilità di presentarci un protagonista che ha la statura del grande personaggio.
Si chiama Jilium, o almeno così lo chiamano tutti, è un giovane pieno di inibizioni, assai ingenuo, che per sbarcare il lunario deve nascondere di essere laureato. E’ il classico imbranato, ma certamente incapace di fare male a chicchessia. Alla fine si troverà coinvolto in una storia più grande di lui. Trova infatti una ragazza distesa difronte al suo portone, forse è morta, lui se la porta in casa e si troverà alle prese con una banda di gangster che le dava la caccia, ma non basta, sarà poi la polizia a dare la caccia a lui accusandolo di omicidio.
La narrazione procede c on un ritmo a metà tra lo scanzonato e il cronachistico, lui si racconta infatti in prima e in terza persona. Il ragazzo ci viene descritto come un po’ strambo, andatura claudicante, braccia sempre in movimento, il tutto in uno stile assai vivo e anche spesso ironico. Si alternano azione e momenti di riflessione. Jilium parla, agisce, descrive i propri pensieri, l’autore ricorre a un lessico che colpisce per una certa discontinuità di stile. Ma il nostro giovane laureato è uno pieno di dubbi, dubbi che cerca di risolvere e che trasmette anche ai suoi amici. Alvaro che lo conosce fin da bambino e quindi comprende i suoi sbalzi di mente più che d’umore, e Sonia che va in cerca d’amore, chissà mai se lo troverà!.
Da tutto questo materiale Nardoni ricava un romanzo che è anche un qualcosa in più perché diventa sceneggiato.
“Camminavo così, come un funambolo senza fine, nessuno mi vedeva….muovendo le braccia come per tenermi in equilibrio….”così si presenta Jilium. Nardoni ci mostra l’immagine
del giovane che cammina, ma poi vi aggiunge la visione di come si vede lo stesso protagonista, accompagnato tutto quanto dalla rivelazione di cosa lo assilla e lo preoccupa.
Ma oltre a questo artificio c’è anche il fatto che lo stesso ha dei vuoti di memoria, per cui o rimuove del tutto certi fatti o li ricorda in maniera assai diversa dalla realtà. Questo porta a una sorta di caccia al tesoro della verità. Nessuno, a cominciare dallo stesso Jilium sa se lui racconta quanto è successo o ce ne da una sua particolare versione. In questo gioco naturalmete
finisce per essere coinvolto anche il lettore che via via che legge si fa partecipe di questo strano modo di raccontare la storia e a sua volta cerca di capire quale sia la versione reale dei fatti.
Un noir ricco di eventi con una serie di equivoci e di trovate che ci fanno pensare, vedi i “capelli blu”di cui al titolo, tornando a quanto detto all’inizio, non tanto a uno scrittore di poesie ma a un navigato giallista.
Jilium è un frustrato alle prese con situazioni al limite del credibile, dovuto certo al suo status personale, lui passa indifferentemente dalla piena lucidità mentale alla confusione più totale,
anche perché incapace di distinguere tra realtà e sogno, insomma una vita da incubi. E qui esce un’altra verità di questo libro, Jilium appartiene a quella schiera di coloro che devono
subire la propria vita, non sono loro a determinarla.
Un romanzo pertanto ricco non solo di invenzioni narrative e stilistiche, ma anche originale e denso di significati oltre che di sicuro effetto.
Capelli blu è un romanzo ricco di ossessioni e di sentimenti misteriosi che Nardoni padroneggia con consumata abilità, del resto se è pur vero che è un esordiente nel noir nondimeno han al suo attivo un gran numero di pubblicazioni. Livornese di nascita ma fiorentino di adozione, ingegnere mancato, un lavoro nel campo letterario, Valerio Nardoni e il curioso retrocopertina che lo definisce: “Immaginare Paolo Conte che incontra i fratelli Cohen in una città italiana che pare la Brooklyn di Smoke”. Più modestamente la nostra storia sembrerebbe
ambientata, almeno dai nomi delle vie, a Firenze che però non è mai citata. Anche questa va messa tra la particolarità ma probabilmente all’autore l’ambientazione è indifferente. Lui, come tanti del resto, utilizza la chiave del giallo ma in maniera molto personale, ci vuol far vedere una sorta di straniamento della persona, ma non solo quello del protagonista di questa storia,
ma di tutta una generazione di giovani che al giorno d’oggi deve “subire” la propria vita e non viverla, rinunciando alle proprie ragioni e alle proprie passioni. Storia molto moderna che può ben riferirsi a una generazione di precari che per vivere devono adattarsi a lavori non corrispondenti ai loro studi, ammesso che un lavoro lo trovino. Ecco quindi che si può ipotizzare una sorta di finto noir che inizia con un giovane che soccorre una ragazza in fin di vita ma poi non la ritrova dove l’ha lasciata e da qui nasce un’altra storia.
All’autore è piaciuto costruire un giallo della mente più che il raccontare una vicenda dai moduli ben definiti. Del resto non c’è mai un<a proiezione ben definita tra quanto accade
realmente e quanto percepisce la nostra mente.
Valerio Nardoni ha dichiarato di essersi ispirato per questa sua opera prima a Pulp Fiction di Quentin Tarantino. Effettivamente in questo processo di costruzione di una storia rimettendola insieme pezzo pezzo c’è qualcosa che può ricordare il procedimento del grande regista.
GIUSEPPE PREVITI