“CHIACCHIERANDO CON L’AUTORE”: ALFREDO COLITTO
22 Marzo 2013“CHIACCHIERANDO CON L’AUTORE “: LORIANO MACCHIAVELLI
3 Aprile 2013Biagio Proietti, sceneggiatore, regista, scrittore, molte delle sue opere firmate a quattro mani con la moglie Diana Crispo. Proietti è stato la settimana scorsa a Pistoia e
Firenze per presentare il suo ultimo libro “Chiunque io sia “. Ne abbiamo approfittato per scambiare quattro chiacchiere con lui.
La maggior parte dei tuoi romanzi o sceneggiati sono scritti a quattro mani con tua moglie Diana Crispo, quale è il vostro metodo di scrittura ?
Con Diana Crispo ho scritto molti lavori per la radio -alcuni realizzati da me come regista a Firenze- IL LUNGO ADDIO di Raymond Chandler, TUA PER SEMPRE CLAUDIA
(tradotto in francese e trasmesso in molti paesi europei, realizzato per la televisione sia in Belgio sia in Italia, dove ha assunto il titolo Doppia indagine ), COSI’ E ‘LA VITA”;
tante opere per la TV, scritte come soggetti e sceneggiature, dal mitico DOVE E’ANNA ? a LA TUA VITA CON DANIELA, da IL FILO E IL LABIRINTO, una serie di quattro
racconti del fantastico, il fantascientifico SOUND, con Peter Fonda, da MIRIAM (tratto da Truman Capote ) a LA CASA DELLA FOLLIA da Richard Mateson, per la serie IL
FASCINO DELL’INSOLITO, che era anche curata da me.
Non abbiamo mai avuto metodi di scrittura, nel senso che noi partiamo da una idea che può venire a me o a lei,poi insieme cominciamo a tentare di distruggerla, se resiste,
si comincia a scrivere, come in una partita di ping pong, essendo contemporaneamente avversari e complici. Io sono più veemente, mia moglie è più calma, a volte cede ma
i suoi dubbi restano in me, io ho una grossa dote che mi riconosco senza paura di essere smentito: sono capace di autocritica e sono un tagliatore inesorabile, non mi innamoro
mai di una soluzione, sono sempre a mettere tutto in discussione. Confesso che abbiamo anche buttato pagine scritte e le abbiamo rifatte da capo.
Sui romanzi lavorare in due è più complicato, lo facciamo come sempre a livello di costruzione di personaggi, di struttura narrativa – la famosa scaletta – poi a scrivere si mette
uno solo e l’altro legge, corregge,rivede. Diana ha questo compito e lo fa anche quando non firma i romanzi che scrivo da soli.
Come nasce l’ultimo romanzo CHIUNQUE IO SIA ?
Nel 1976 abbiamo inventato e scritto un film TV di tre ore, in due puntate, dal titolo LA MIA VITA CON DANIELA , nato da una idea di mia moglie che un giorno mi raccontò la scena ini-
ziale; una donna arriva in una città, nuova per lei, ha un appuntamento di lavoro in uno studio legale, è salutata da tante gente con suo enorme stupore, che diventa paura quando
il titolare dello studio la chiama con un altro nome e le dice che lei è sua moglie Daniela, andata via otto mesi prima.
Questa la partenza, poi abbiamo cominciato a discutere senza fine su che cosa è successo alla donna, perché si comporta così, come il solito abbiamo inserito nella storia i problemi
di una coppia. Noi viviamo insieme da cinquanta anni, sappiamo di non aver nulla da insegnare ma crediamo sia molto utile esorcizzare i fantasmi della crisi di coppia affrontandoli
in campo narrativo, qualunque forma si scelga, dal cinema alla tv, dal romanzo alla radio.
Dopo tanti anni abbiamo avuto voglia di riprendere la storia e riviverla in forma narrativa perché le esigenze diverse, sia di stile sia di struttura, hanno comportato modifiche alla
storia e soprattutto un modo differente di raccontare la protagonista, che ha il grande fascino di essere contemporaneamente due donne. Una bella impresa raccontare due
donne che “abitano”, come dice lei, la stessa persona, corpo e anima.
Questo romanzo come lo definiresti ? Un viaggio nella mente ? Una indagine a ritroso nel tempo ? Un giallo “cerebrale ” ?
Un collega che stimo molto, Stefano di Marino, ha scritto una bellissima recensione dove definisce il libro “un giallo dell’anima”. Lo stile del genere mistery evita qui i meccanismi
tipici del giallo, un delitto, l’inchiesta della polizia o di un detective privato, in questa storia colei che cerca è anche il personaggio “indagato”, soggetto e oggetto sono la stessa
persona, che deve capire per continuare a vivere. Chiunque io sia, dice lei, e per accettarsi non le resta che scandagliare dentro la sua anima e nella vita di due donne, diverse
per età, per bellezza, per ceto.
Alzi la mano chi non sente il fascino di questo tipo di dubbio. Un altro scrittore , Valerio Varesi , su la Repubblica ha scritto una recensione molto positiva nella quale si
parlava di Hitchcock e du un a notevole capacità di far rivivere sulla pagina le atmosfere del grande regista.
Impressione vera o falsa che in questo romanzo il finale sia più aperto di quel che sembri ?
Nel finale ci sono due soluzioni- ripeto qui non ci sono assassini da scoprire o delitti da punire- il lettore può scegliere quello che sente vicino a sé. Entrambe sono possibili
in fondo nella vita spesso le alternative sono più decise che nella finzione, dove un finale certo si deve sempre dare.Io credo che questa sia una regola da non seguire: perché
non può accadere che ci sia una versione razionale, logica e nello stesso tempo una diversa, difficile da definire e da accettare, ma possibile ? Siamo sicuri che con la nostra
mente possiamo capire tutto ?
Quale è la differenza tra mezzo televisivo e il romanzo ? E quali le differenze tra scrivere per la TV e scrivere romanzi ?
In entrambi i casi si racconta una storia e la cosa più importante è agganciare chi ti legge e chi ti vede, per coinvolgerlo non solo nella storia ma nella vita stessa dei personaggi,
che deve sentire come amici o nemici, come persone reali. Lo scopo è unico, il diverso mezzo di espressione obbliga chi scrive a scelte differenti, devi saperle capire e padroneg-
giarle, in modo da farti arrivare là dove vuoi portare i tuoi spettatori-lettori. Le differenze ci sono, dal punto di vista tecnico è necessario conoscerle e padroneggiarle.
Le donne nei tuoi soggetti e nei tuoi romanzi ? Quale è il ruolo tuo e quello di tua moglie, nel senso chi “cura” i caratteri femminili ?
Quando si scrive in due, per funzionare come coppia, devi dimenticare le individualità, ti devi mettere al servizio della storia e della nuova entità – la coppia che la
sta inventando e scrivendo. Oltre che con Diana Crispo, la stessa cosa mi è capitata con l’altro autore con il quale ho scritto molte storie, Daniele D’Anza, che non era
solo un grande regista ma un notevolissimo sceneggiatore televisivo. Spesso non sapevamo capire quale dei due avesse scritto quella determinata scena, ormai lo stile di
scrittura era diventato quella della coppia. Con Diana la cosa riesce ancora più facilmente dato il fattore esistenziale, siamo una coppia anche nella vita. Tutto questo per
dire che i personaggi sono frutto di questo lavoro di coppia, però non temo di essere smentito se dico che sono io a occuparmi delle donne nelle nostre storie.
Le donne sono un pianeta sconosciuto che mi affascina sempre e che spero di esplorare e di conoscere, ma in realtà loro restano un pianeta proibito, al quale ci
avviciniamo, ma non riusciamo mai a possederlo. Loro sono per noi l’altra faccia della luna, quella che non si riesce mai a vedere.
Tu comunque anche quando scrivi da solo scegli per protagonista una donna, vedi il commissario Daniela Brondi, ce ne vuoi parlare ?
La risposta in parte te l’ho data prima, anche se il personaggio di Daniela è nato per un’esigenza narrativa: in UNA VITA SPRECATA, un romanzo del 2005, il protagonista
è un uomo che rimane coinvolto di una storia terribile, dopo che anni prima era finito nelle indagini su un delitto rimasto insoluto, rovinando la sua vita professionale ed
esistenziale. Come controparte, ho sentito l’esigenza di mettergli contro una donna poliziotto, come capita spesso nella realtà. Devo dire che i due personaggi, mai irretiti
in fatti sentimentali o sessuali, sono cresciuti insieme, lei è diventata un personaggio che amavo sempre di più. Questa fascinazione dei personaggi è stata captata dai lettori
che mi hanno scritto o detto di essere attratti da entrambi i personaggi, al punto che decisi di scrivere una sorta di seguito IO SONO LA PROVA, dove si risolveva il primo
delitto, rimasto impunito- una sorta di caso di via Poma- e si fissavano alcune cose fondamentali per entrambi i personaggi. Io ormai ero innamorato di Daniela Brondi e credo
che continuerò a cercare di far vivere le sue storie, al momento trasportate nella città che amo raccontare perché è la mia e la conosco benissimo, nel bene e nel male: Roma.
Cinema, radio, televisione, narrativa i generi che hai praticato. Preferenze, nostalgie, rimpianti ?
Io credo che ogni mezzo abbia il suo fascino- aggiungo il teatro che ho praticato come scrittore e come regista, – io trovo intrigante capire le diversità dei mezzi e dei
linguaggi, l’errore più grave sarebbe quello di pensare che la bravura in un campo sia trasferibile in un altro, può accadere solo se affronti un problema e lo risolvi : ti
devi impadronire delle regole che ogni linguaggio ha, puoi anche sovvertirle ma per farlo devi conoscerle. Io sono più di cinquanta anni che faccio questo mestiere e mi sento
un ragazzino che prova ogni volta a esplorare linguaggi e tecniche per me nuovi.
Una bellissima esperienza è stata la scrittura di un’opera lirica, il rimpianto è che non sia mai andata in scena, anche se dicevano che era molto bella. Mi chiedi di rimpianti,
ne ho qualcuno. Quando si fanno scelte spesso si sbaglia. Diciamo che l’unico vero rimpianto è di non aver fatto nel cinema quello che avrei desiderato fare e di non aver portato
a termine il progetto di un film con Sergio Leone che- dopo aver visto il mio film tv STORIA SENZA PAROLE , un film senza dialoghi, la cronaca di una festa e di un delitto,che
ha vinto molti premi in festival cinematografici e televisivi- mi propose di farlo per la sua produzione. Alla fine non se ne fece niente, molto per colpa mia che non riuscivo a
trovare una storia adatta. Forse in quel caso credo di aver avuto paura.
Perché oggi non si fanno più i bei sceneggiati di un tempo ?
Discorso complesso che provo a sintetizzare: non sempre la concorrenza porta a risultati positivi ; la ricerca del consenso porta alla ripetizione con serie che arrivano a numeri
infiniti, spesso in modo stanco ; i quadri dirigenziali che gestivano la RAI negli anni settanta erano di un segno politico preciso ma erano molto preparati e sapevano che il pub-
blico andava conquistato, il controllo ferreo che esercitavano sui telegiornali diveniva meno opprimente sul settore narrativo, con la possibilità di scrivere storie agganciate
con la realtà.
La tecnologia televisiva era diversa da quella che conosciamo, comportava una lentezza nel montaggio e un impianto teatrale, in compenso c’era l’alto livello recitativo.
Gli attori di teatro lasciavano il segno, adesso io non riesco a sentire cosa dicono gli attori e hanno tutti facce anonime. Di recitazione, meglio non parlare. E anche di regia.
Proietti e la televisione oggi ?
Loro non mi chiamano, io non li cerco, ho scritto storie che alcuni produttori intelligenti hanno dichiarato di amare, ma non sono riusciti a realizzare, si trattava di produt-
tori importanti. Mi sto dicendo che forse dovrei muovermi per riportare il giallo in televisione e la serie con Daniela Brondi sarebbe bella, perché non sarebbe il solito poli-
ziesco. E’ una mia impressione ovviamente ma qualcosa avrò imparato, oppure l’esperienza è solo segno di vecchiaia ?
Proietti e il cinema oggi ?
C’è ancora il cinema italiano ? Quando provo a vedere qualche film, se mi va bene, assisto a commediole leggere, piacevoli ma niente di più. Il delitto vero non è come
si dice aver ucciso il cinema di autore ,ma aver sterminato il cinema di genere, è da lì, dai filoni del western, del giallo, del’horror che sono usciti i film più belli e curiosi.
Io sono felice di aver scritto un film cult come THE BLACK CAT per la regia di Lucio Fulci e di aver portato sullo schermo il personaggio di Duca Lamberti creato da
Giorgio Scerbanenco, che rimane il più grande scrittore italiano di storie del mistero.
I personaggi che vengono descritti nei vostri racconti sono frutto di fantasia o rispecchiano persone che fanno parte del quotidiano ?
In questo, Diana e io la pensiamo allo stesso modo: in ogni storia e in ogni personaggio si portano pezzi della nostra vita, nel senso che fai rivivere le tue esperienze,
i tuoi contatti con amici e nemici, le tue gioie e i tuoi dolori. La cosa funziona quando fantasia e realtà si mescolano in modo tale da diventare un a realtà nuova, diversa
anche da quella dalla quale sei partito. Ci sono nostri amici che si ritrovano in qualche personaggio, finora nessuno ci ha fatto causa.
Una curiosità: quando scrivi ti rilassi con la musica o per concentrarti hai bisogno di assoluto silenzio ?
Quando lavoriamo insieme e prepariamo la storia, ovviamente serve silenzio, altrimenti non potremmo capire quello che dice l’altro, quando scrivo da solo, ora sul
computer, prima a penna o sulla macchina da scrivere, sento sempre musica, di ogni tipo, io sono un uomo curioso, ascolto di tutto, dal rock alla musica classica, dalle
canzoni al jazz. Spesso scelgo i dischi in funzione delle storie che sto scrivendo,
In IO SONO LA PROVA ho dato il titolo ai capitoli, ispirandomi a film, a romanzi, ma soprattutto a brani musicali che sono state le colonne della mia vita, come la musica
di Miles Davis, di Paolo Conte, di Leonard Cohen e di tanti altri.
Scrivi per te stesso o pensando a chi ti leggerà ?
Io scrivo per il piacere di farlo, ho un profondo rispetto per il pubblico ma sarebbe un errore scrivere per un lettore che rimane sempre misterioso e incomprensibile.
E’ meglio per essere fedeli a se stessi e stabilire il contatto con gli altri attraverso il tuo mondo. Sempre sperando che piaccia, ma questo rimane un mistero, basta
vedere quanti flop ci sono in giro e credo che nessuno li abbia voluti. Il rapporto con il pubblico è sempre un mistero, bellissimo e profondo, spesso non si capiscono
le ragioni di un successo o di un disastro. Diana e io amiamo raccontare, scrivere, prendere contatto con amici sconosciuti che per un attimo diventano nostri affezionati amici.
I tuoi punti di riferimento nel noir ?
Io ho due miti, Raymond Chandler e Dashell Hammett, che considero i più grandi scrittori americani in tutta la letteratura. Hanno stili diversi ma entrambi miravano alla
pulizia, alla secchezza del linguaggio, all’essenzialità della parola scelta. E avevano la grande capacità di restituire un’epoca, un mondo con un fascino indimenticabile. Io non
amo molto le discussioni teoriche che si stanno facendo in Italia su giallo, noir, mistery, tante parole spesso inutili che coprono una sola verità: ci sono autori capaci di
scrivere, altri no, i generi servono per definire uno stile, un linguaggio, se diventano contenuto vuol dire che stiamo assistendo a un bluff. Purtroppo ce ne sono molti in
giro, se diventano contenuto vuol dire che stiamo assistendo a un bluff. Purtroppo ce ne sono molti in giro, per fortuna si sgonfiano. Autori e mode passano, quelli veri restano.
Scusate l’immodestia.
Quando scrivi ( o scrivete) la fate in maniera rapida o la gestazione è lunga ?
Anche qui non ci sono regole, a volte si ha un’idea fulminante, a volte ci si mette molto. Quando lavoriamo insieme il fatto di vivere insieme permette di fare riunioni di lavoro
continue, in qualsiasi luogo, poi alla fine chi scrive si chiude nello studio e stende. Io quando lavoro da solo ho perfezionato un modo di lavorare che avevo anche prima
ma non in modo definito: scrivo mentalmente le storie anche quando cammino, quando sono in macchina, quando faccio le code come tutti negli uffici. Poi mi metto davanti
al computer e scrivo, con facilità. Dopo il lavoro interessante è rileggere, pulire, tagliare, asciugare.
Tu ti sei sempre prestato da un punto di vista, anche sindacale, di scrittori e editori, quale è la situazione attuale ?
Io quando ero giovane mi sono laureato in giurisprudenza con una tesi sul cinema, mi sono sempre occupato come hobby del diritto di autore, necessario per la tutela del
nostro lavoro. Ho sempre partecipato alla vita della SIAE, che dovrebbe essere la nostra casa, ma a volte lo dimentica, ho partecipato alle elezioni dei nuovi organi sociali
e con il mio gruppo abbiamo raggiunto ottimi risultati, fra gli altri, la mia nomina nel consiglio di gestione che sarebbe il consiglio di amministrazione. Spero di continuare
a lavorare come sempre ho fatto anche in questo ruolo: con modestia, con onestà, pronto a discutere di tutto senza la presunzione di aver sempre ragione.
Hai lavorato con grandi attori, con grandi registi, chi vuol ricordare ?
Nei momenti liberi, sto scrivendo un libretto sui miei incontri con personaggi sia del mondo dello spettacolo sia della cronaca, spero un giorno di pubblicarlo. Io ho
cominciato facendo l’aiuto regista di Francesco Maselli per il film Gli Indifferenti, dove recitavano attori come Rod Steiger, Shelley Winters, Paulette Goddard, Claudia Cardinale,
Thomas Milian, potete immaginare come mi sono sentito, Alice nel paese delle meraviglie. Io ho lavorato con Monica Vitti una grande attrice, una donna affascinante non facile
certo come carattere. Un mio grande amico è stato Rossano Brazzi, toscano, un uomo che ricordo con dolcezza per le sue debolezze che me lo rendevano molto umano e caro,
altro che divo. Un fratello è stato Daniele D’Anza con il quale e con il quale ho scritto molti lavori da CORALBA a HO INCONTRATO UN’OMBRA, da MADAME BOVARY a
RACCONTI FANTASTICI da Edgar Allan Poe, fino a ULTIMO AEREO PER VENEZIA, dove si rivoluzionava il linguaggio televisivo. Un uomo morto giovane, del quale si
parla ancora, ma non quanto si dovrebbe. Mi fa piacere che con la vendita in dvd di molti sceneggiati realizzati dalla Rai, il pubblico abbia decretato di nuovo successo a opere
di Daniele, sia quelle scritte con me., sia le altre che sono un cult, come IL SEGNO DEL COMANDO, IL GIUDICE E IL SUO BOIA, MELISSA e tante altre.
Il successo di questi dvd, anche i miei non realizzati da D’Anza, è la prova che quando si fa televisione bella, il bianco e nero, il ritmo lento non sono difetti ma elementi di
supporto a una cosa fondamentale: la bellezza della storia.
Visto che siamo in Toscana, i tuoi ricordi di RadioRai Firenze con cui hai collaborato per tanti anni ?
Quando avevo venti anni, mi presentati nella sede Rai a Roma in via del Babbuino, adesso ritornata a essere l’Hotel Russia, nell’ufficio di un signore che si occupava
di radiodrammi e gli proposi l’adattamento di alcuni racconti da Ring Lardner, da Alberto Arbasino. Lui che ho rivisto dopo quando ero diventato famoso, li accettò e li mise in
lavorazione, mi propose anche di realizzarli come regia ma non potei farli perché ero in partenza per un film FAI IN FRETTA AD UCCIDERMI….
HO FREDDO di Maselli con Monica Vitti e Jean Sorel, scritto anche da me, dove ero l’aiuto regista. Quindi rimandai il mio debutto a regista radiofonico a dopo, nel 1966
feci la regia di un radiodramma LA PENNA SENZA INCHIOSTRO e per questo mi mandarono a Firenze, dove proprio al centro, a due passi dal Duomo c’era la mitica sede,
vecchia piccola ormai ma piena di fascino e di ricordi.Mi divertii molto anche perché nelle memorie di una donna in coma che ricorda la sua vita, misi molta musica, ma usai anche
come commento i discorsi di Mussolini, per restituire il clima di un’epoca. Ricordo che per usarli dovetti avere un permesso speciale. Subito dopo feci la regia di un
bellissimo racconto di Italo Svevo L’assassino di via Belpoggio, sceneggiato da altri, ma io riscrissi la sceneggiatura senza firmarla e nessuno se ne è lamentato. Poi la sede
fu spostata fuori città sull’Arno, divenne bella ed efficiente, perse però il fascino dell’altra. Qui realizzai tre opere per me fondamentali: nel 68 la versione radiofonica de IL
LUNGO ADDIO il mitico romanzo di Raymond Chandler con Arnoldo Foà che interpretava Philip Marlowe e ASPETTERO’ un racconto di Chandler di una bellezza struggente.
Nel 72 Diana e io scrivemmo un originale radiofonico in quindici puntate che andava in onda su radio due al mattino, si chiamava TUA PER SEMPRE CLAUDIA che fu considerato
il programma più ascoltato in quella fascia. Il successo fu confermato dal fatto che fu tradotto in francese e così fu trasmesso in Francia, in Svizzera, in Belgio, qui ebbe un tale
successo che in dirigenti della televisione ci chiesero di farne una versione televisiva dal titolo SIGNE’ TA CLAUDIA, ambientata in Belgio, anche questa accolta con
successo.
Divertente è che dopo un anno scrivemmo una versione televisiva per la Rai che ci chiese di cambiare il titolo e divenne DOPPIA INDAGINE. Di Firenze e della radio ho un
ricordo indelebile anche perché legata alla mia giovinezza.
I tuoi progetti per il futuro ?
Per fortuna ancora tanti.Per prima cosa esce a maggio sempre per Hobby & Work il terzo romanzo della serie con protagonista DANIELA BRONDI, con un titolo misterioso e
affascinante IO CHE HO VISTO I DELFINI ROSA. Dove a Daniela si contrappone un personaggio che amo molto, un barbone di cui non conosciamo né il vero nome né
la precedente storia, di cui sappiamo solo che si fa chiamare Socrate, che è alto due metri, che porta sempre un foulard al collo e guanti bianchi.Spero molto che piaccia al
pubblico e spero di venire a Pistoia e a Firenze per presentarlo. Devo dire che la quarta storia e uscirà a Natale o subito dopo.
A giugno esce un romanzo che è stato il nostro primo DOV’E’ ANNA ? pubblicato nel 1976 e adesso ripresentato in una nuova veste, non solo editoriale in quanto
Diana e io lo abbiamo quasi riscritto. Dopo tanti anni gli stili cambiano e forse s’impara a scrivere, c’è sempre speranza di migliorare.
Io da solo sto lavorando da due anni a un romanzo che mi affascina molto ma che mi affatica scrivere per la scelta fatta: la storia è raccontata in soggettiva da tutti i personaggi
coinvolti ne quindi ogni volta cambio lo stile della scrittura, perché sono diversi gli occhi di chi racconta.Un mosaico affascinante e faticoso che spero di chiudere presto e
far pubblicare nel 2014. Un nostro personaggio in DOV’E’ ANNA ? diceva che se aveva qualcosada finire non poteva andar via dalla vita, aveva ancora qualcosa da completare.>
L’evoluzione della vita va affrontata in questo modo per non invecchiare, soprattutto per continuare a essere quello che abbiamo sempre desiderato: essere quello che una volta
erano i nonni, quando davanti al fuoco raccontavano storie che affascinavano grandi e piccoli. Allora io ero uno dei piccoli, adesso sono uno dei nonni.Felice allora,felice adesso.
GIUSEPPE PREVITI