“L’IRONIA DELLA SCIMMIA” DI LORIANO MACCHIAVELLI – MONDADORI
19 Marzo 2013“HANNO AMMAZZATO LA MARININ”- DI NADIA MORBELLI- GIUNTI EDITORE
21 Marzo 2013Carlo Parri è stato il vincitore del Premio Tedeschi 2012, alcuni giorni fa lo abbiamo incontrato negli studi di TVL-Pistoia e ci ha concesso questa intervista.
Lei è il vincitore del Premio Tedeschi 2012 con il romanzo d’esordio “Il metodo Cardosa” pubblicato per il Giallo Mondadori. Cosa si prova a vincere
un premio così importante con la prima pubblicazione ?
Se avessi venti o trenta anni, probabilmente direi di aver provato una emozione sconvolgente, ma ne ho un po’ di più e mi viene in mente solo cosa avrei pro-
vato se non avessi vinto. Battute a parte, è stato un momento di magia, con grande spargimento di adrenalina. Per certi versi un momento che dura ininterrot-
tamente da quand0 mi è stata annunciata la vittoria. Era giugno.
“Il metodo Cardosa” sta ottenendo un grande successo. Perché ha aspettato così tanto per pubblicare il primo romanzo ?
Fosse stato per me, Cardona sarebbe ancora al sicuro in un cassetto. Ho scritto tanto, per tutta la vita, ma non ho mai avuto voglia di passare alla pubblicazione.
E’ stata mia moglie che mi ha costretto, sotto minaccia a farlo. Oggi riconosco che aveva ragione lei.
Nel suo libro si ritrovano citazioni letterarie, antichi documenti, occultismo ma anche molta attualità, mafia,servizi segreti. Quale è il suo rapporto con
queste affascinanti materie ?
Con le citazioni ho un rapporto quotidiano. Insegno marketing, e in questo mestiere si fa un largo uso di citazioni. Allo stesso modo convivo da sempre con
la mania bibliofila, antiquaria o meno, e mi trascino una insana passione per la storia della rilegatura. Credo che il lettore se ne renda facilmente conto. Per
mafia e intelligence, sono due aspetti determinanti per conseguire il ritmo del noir moderno. Fanno parte della nostra realtà e funzionano ottimamente come
stimolanti per il lettore.
Il protagonista del racconto è il vicequestore Lamberto Cardosa. Quanto di lei c’è nel protagonista ? Le somiglia in qualche caratteristica ?
Non sono capace di far vivere personaggi di cui non mi senta direttamente partecipe. Cardosa non mi somiglia troppo, somiglia invece a quello che avrei
voluto essere. E’ un altro me stesso costruito per farmi un regalo. Ama gli autori che io amo, beve quello che io bevo, mangia quello che io mangio e detesta
quello che io detesto. Insomma, caratteristiche che ci accomunano non mancano di sicuro.
Quali sono le caratteristiche di questo nuovo investigatore ? Si è ispirato a qualche figura classica tra gli ” investigatori di carta ” ?
Anche senza volerlo in Cardosa c’è un pizzico di Pepe Carvalho, un pizzico di Maigret, un pizzico di Montale e un pizzico di Adamsberg. Non ho cercato
l’imitazione, non ne sarei stato capace, semplicemente la contaminazione avviene, senza volerla, senza cercarla.
Gli altri personaggi sono reali, cioè simili per qualche aspetto a personaggi che vivono nella quotidianità, o sono il frutto della sua fantasia ?
Frutto esclusivo della fantasia. Mia o di Cardosa non saprei. Forse solo nel caso di Gemma Costantini, mia moglie mi ha parzialmente influenzato.
Molti personaggi femminili in questa storia, tutti ben caratterizzati, il suo rapporto con le donne nella vita e nel libro ?
Amore assoluto, cosmico, senza tentennamenti. Non con le donne. Solo con due. Mia moglie e mia nipote. Amore che diventa spirito santo. Una cosa che
somiglia a un concetto filosofico, ma che è reale, ogni giorno. Nel libro, l’ho già detto, c’è un altro me stesso, che vorrebbe stare su un piedistallo,con
le donne sotto, ma che alla fine le ritrova sempre sopra.
Lei appartiene al gruppo di scrittori che partono da una scaletta predeterminata o si affida all’estro del momento ?
Quando comincio a scrivere non so nemmeno se sarà un racconto, un romanzo, o addirittura una poesia. Una volta ho iniziato credendo di scrivere
un romanzo e ho fatto una canzone. Quel che scrivo è in funzione del luogo di partenza. Un metodo che potremmo definire topografico. Se scelgo
via dei Castani, nasceranno personaggi di periferia, se scelgo, che so, via della Conciliazione, parlerò di preti, di cardinali, se invece scelgo via Archi-
mede, verranno fuori pariolini. In ogni caso il teatro dove faccio recitare i miei personaggi è sempre Roma, o almeno, parte di Roma.
C’è un rituale che desidera svelarci che segue quando termina o inizia a scrivere un romanzo ?
L’inizio è talmente quotidiano, che non sembra possa avere un rituale. Ci sono giorni che inizio sei, sette romanzi, che naturalmente rimangono solo
inizi. La fine è invece un’altra cosa. Appena batto l’ultima lettera parto con la stampa in formato A5 e subito dopo realizzo due copie con una rilegatura
artigianale. Il momento della rilegatura è quello che mi dà la maggiore emozione. Sono un autentico maniaco della rilegatura a mano e con il tempo sono
riuscito a realizzare delle copie quasi perfette.
Come è nata la sua vocazione letteraria e in che modo i suoi interessi letterari insieme a quelli cinematografici e teatrali hanno favorito a sviluppare
questa sua vena creativa ?
Ho imparato a scrivere molto presto. Scrivere nel senso grafico. A cinque anni ho scritto una mini commedia. In pratica la storia di un sacerdote che
veniva preso dai dubbi della fede. La recitavo da solo nella mia stanza da giochi. A sette anni hanno pubblicato un mio tema sul Corriere dei Piccoli.A
undici anni ho scritto la mia prima poesia. A sedici ho messo in scena, a teatro, la mia prima pièce e ho creato un genere teatrale denominato Teatro
Frammento. Oltre tutto interpretandola con la regia di Alessandro Garzella. Qualche anno dopo, lavorando nel cinema e in televisione ho potuto ar-
ricchirmi della collaborazione con grandi maestri. Carmelo Bene, Virgilio Sabel, Egisto Macchi, Roberto Faenza, Carlo Lizzani. Tutto questo ha influito
davvero molto su ciò che andavo a scrivere.
Una curiosità: quando scrive si rilassa con la musica o per concentrarsi ha bisogno di assoluto silenzio ?
Se è possibile preferisco il silenzio. Qualche volta la musica la faccio io, fischiando, ma è raro. In ogni caso non ho un rapporto manicheo con
l’ambiente. Posso scrivere in tutte le condizioni.
Tra i gialli classici quale è, se c’è , la sua fonte ispiratrice ?
Non mi sono mai ispirato ai gialli classici. Conan Doyle mi annoia a morte, anche se ho letto tutto Holmes. La Christie ho sempre cercato di evitarla, perché
Poirot mi immalinconisce. Gli americani li trovo patetici con le loro battute sempre uguali. Simenon, è la cosa più classica a cui mi ispiro, ma l’aspirazione
vera mi viene da sola da Montalban, Izzo, Gadda, Sciascia, Tabucchi. Cose mediterranee. Cose di sole e di basilico.
Giallisti si nasce o si diventa ?
Dipende da cosa intendiamo per nascere . Perché durante la vita si può nascere tante volte e in tanti modi. Io sono nato una prima volta scrittore di tormenti,
di vuoti sociali, di avventure introspettive. Rileggendovi mi annoiavo. Ma non potevo scrivere noir, perché non ne ero attratto. Mi piaceva guardare Cervi nella parte
di Maigret, ma non andavo oltre. Poi ho incontrato Montalban. Montalban mi ha fatto scoprire un altro genere di poliziesco. Mi ha fatto capire che un
giallo scritto in un certo modo poteva raccontare qualsiasi cosa. Una nuova nascita. O ci sono diventato.Chissà.
C’è un periodo dell’anno in cui si sente più creativo nello scrivere o l’ispirazione può coglierla in ogni momento ?
Una statistica stagionale non l’ho mai tentata. Ma l’ispirazione non mi prende mai. L’ispirazione è una caratteristica degli autori europei. In questo io sono molto
americano. Non ho ispirazioni, ho solo voglia di fare una cosa che mi piace e che, credo di saper far bene. Posso anche scrivere su commissione, lo faccio esatta-
mente come quando scrivo ciò che ho sognato. Considero lo scrivere come un mestiere. Se lo sai fare, lo puoi fare sempre e con qualsiasi argomento. Diversamente
rimani un dilettante, magari bravo, ma dilettante.
C’è un luogo in cui preferisce scrivere ?
Il mio studio. Un non luogo dove colori e forme sono in grado di smaterializzarsi e rigenerarsi negli ambienti che sto scrivendo. Diversamente mi lascio troppo
contaminare dai luoghi. Se scrivo in un ristorante finisco per parlare di cucine e di coppie, se scrivo in macchina (parcheggiato) finisco per scrivere di viaggi.
Solo nel mio studio il posto si piega alla scrittura.
Lei è uno scrittore ma anche un lettore. Che genere di libri preferisce leggere e qual è l’ultimo libro che ha letto ?
Non classifico la lettura in generi, piuttosto in autori e per la verità non sono nemmeno un grande lettore, caso mai un forsennato rilettore. Dunque ci sono
autori che leggo e altri che rileggo. Tra quelli che leggo e ce ne sono di bravi e di meno bravi. Leggo Simenon, Camilleri, Carlotto, Pinketts, De Cataldo,Carofiglio,
Bartlett e poi tutti gli amici e anche sconosciuti o autori per caso. Rileggo solo Borges, Montalban, Izzo, Tabucchi, Dumas, Bufalino, Eco, Marquez, Casares
e pochi altri.Naturalmente ogni anno rileggo almeno un paio di classici. Dal Teeteto di Platone ai Promessi Sposi.
Quali i suoi progetti per il futuro ? Qualche novità all’orizzonte ?
Oggi ho chiuso il secondo Cardosa. Spero di vederlo pubblicato prima possibile. Sempre per i gialli Mondadori. Oggi ho anche cominciato il terzo Cardosa. Ma io
scrivo come leggo, contemporaneamente. Come lettore ho 26 libri in lettura. Come autore ho in scrittura 7 romanzi. Le novità, dunque, non mancano mai.
Secondo lei quale è lo stato di salute del genere “giallo” in Italia ?
Mi ripeto. Stiamo davvero realizzando la “scuola italiana” del giallo. Abbiamo autori straordinari e confermo che ho detto tante volte. Le storie dei nostri autori,
ma soprattutto il loro modo di raccontarle, sono al miglior livello possibile. Non dobbiamo avere timori reverenziali verso nessuno. Il nostro giallo, secondo me,
scoppia di salute.
GIUSEPPE PREVITI