” LA PIETA’DELL’ACQUA- DI ANTONIO FUSCO- GIUNTI EDITORE
2 Giugno 2015” SHERLOCK HOLMES A PISTOIA- breve storia di una ricerca tra fiction e realtà ” di ENZO GUALTIERI BARGIACCHI STEFANO FIORI LUCA MARTINELLI GIUSEPPE PREVITI
16 Giugno 2015Cinquant’ anni di ” Neri” italiani è uno studio sul linguaggio e le tecniche narrative che vengono usati nella scrittrura dei romanzi gialli e noir nel nostro Paese. L’analisi
riguarda cinque scrittori di polizieschi a partire da quello che è considerato il ” padre” del giallo all’italiana, Giorgio Scerbanenco, che è uno dei maggiori esponenti della
” serialità” tipica del genere, con il suo Duca Lamberti. Altro autore di romanzi che può rientrare in questa fattispeci è Carlo Lucarelli con l’ispettore Grazia Negro.
L’autrice, Luciana Salibra, prende in esame anche dei racconti pubblicati in antologie, e si sofferma su Giampaolo Simi, Loriano Macchiavelli e Nicoletta Vallorani.
Autori ovviamente tra loro assolutamente diversi gli uni e gli altri, ma il lavoro di ricerca verte sulle connotazioni linguistiche e narrative che sì appartengono ai singo-
li ma hanno anche dei punti in comune. E si tiene pure conto delle tendenze stilistiche che possono mutare nel campo della narrativa contemporanea.
Quando nello studio del linguaggio si parla di diacronia si intende lo studio e l’analisi di fatti linguistici considerandoli nell’evolversi del tempo. Lucinama Salibra nel
titolo dato al saggio parla di “Neri italiani”, non di giallo e noir. Probabilmente è un omaggio a Giorgio Scerbanenco che nel corso di una corrispondenza con Oreste
Del Buono dove chiedeva di entrare a far parte della collana dei Gialli Garzanti, gli annuncia di avere scritto un ” Nero” italiano( si trattava di Venere privata ) e di
averne già pronto un altro “nero” perché questa forma di scrittura lo soddisfaceva e pensava che avrebbo soddisfatto anche i probabili lettori. Al giorno d’oggi si parla
quasi esclusivamente di ” giallo” tendendo a inglobare in questo termine anche il noir, pur se le differenze sono notevoli. Scerbanenco a modo suo era stato un precur-
sore…..
Volendo compiere un percorso sui cinquant’anni della letteratura più popolare di genere in Italia(ma possiamo dire anche all’estero) la nostra autrice ha scelto tre
” mostri sacri”, Scerbanenco, per molti l’iniziatore del poliziottesco all’italiana, Macchiavelli, che fece vedere come anche gli autori italiani potevano scrivere gialli
di successo e Lucarelli, che negli anni’90 ha dato ampia popolarità allo scrittore, più due validissmi scrittori come Simi e la Vallorani.
Il volume studia il linguaggio e le tecniche narrative di questi cinque autori che come detto hanno un grosso ruolo nella storia del giallo e del noir del nostro Paese.
Si studiano loro romanzi o racconti, si esamina il linguaggio, si considerano eventuali utilizzi nel cinema, senza mai dimenticare che si parla di letteratura gialla e quindi
non si può non tener conto di come venga da loro configurato il male, il delitto. Un’attenzione particolare viene riservata alla lingua, ai dialetti, al gergo impiegati così
come alle ambientazioni (luoghi e non luoghi). Quanto al linguaggio viene studiato come si sviluppa nella pratica e quale sia la sua origine. Lo si può prendere dalla
cronaca nera o dai rapporti della questura o dal gergo della malavita, o anche ricorrendo a espressioni giuridiche o buroicratiche.
IL primo capitolo del libro rende okaggio all’iniziatore della letteratura di genere in Italia, Giorgio Scerbanenco con il suo detective Duca Lamberti che appare in una
serie di volumi tra il 1966 e il 1969.(Venere privata, Traditore di tutti,I ragazzi del massacro, I milanesi ammazzano il sabato ). Si passa poi agli anni novanta con
Carlo Lucarelli, in particolare esaminando i tre romanzi dove è protagonista una giovane investigatrice, Grazia Negro( Lupo mannaro,Almost Blues, Un giorno dopo
l’altro).
Nella seconda parte del saggio l’autrice si occupa di racconti, in particolare Luce del Nord di Giampaolo Simi, apparso nell’antologia Crimini italiani, e Ali di Nicoletta
Vallorani che appariva nell’antologia tutta al femminile Alle signore piace il nero.
Sono tutti autori dalla diversa personalità narrative e stilistiche ma tuttavia si mettono in evidenza le scelte linguistiche e narrative che in un certo senso li accomuna-
no. Vi è una tendenza generalizzata a un uso assai localizzato dei luoghi, del resto la territorialità, la mappatura al massimo regionale è sempre stata la caratteristica
del giallo all’italiana. Un uso che si sintetizza nella toponomastica e nella lingua e che non sorprende assolutamente, molti sono infatti gli scrittori italiani che dicono: ”
Io scrivo di cose e luoghi che conosco”. C’è sempre l’intenzione di offrire al lettore qualcosa di reale e di facilmente riconoscibile. Sovente si ricorre anche a “non-luoghi”
che sono posti anonimi, universali. vedi un’autostrada, una piazza, un supermercato, un treno, l’interno di un’automobile, posti che non hanno una identità o una storia
da raccontare, li attraversi, li adopri, ma restano al di fuori di te, sono posti impersonali, e ben si adattano alle atmosfere cupe del noir.
In un linea del genere le città di riferimento del nostri scrittori sono Milano , Modena, Bologna, l’ Abruzzo , Genova e altro ancora.
Non cambiano molto le cose rispetto al linguaggio, anche perché l’azione e i personaggi si muovono tutti nello stesso campo. I linguaggi settoriali che dominano sono
quelli dei giornalisti, quelli giuridici-giudiziari e quelli buroicratici. Scerbanenco e Lucarelli trovano ispirazione negli articoli di cronaca nera, e molte sono le pagine
confzionate come appunto se si trattasse di comporre o riprodurre un articolo. Lo stesso linguaggio dei documenti e dei verbali compilato dagli inquirenti viene ad
assumere un ruolo importante nello svolgimento della trama che spesso ha origine nelle indagini dei carabinieri o dei poliziotti, e quindi detto linguaggio può apparire
eccessivamente burocratico.
Ma anche sul lingiaggio usato si possono fare delle osservazioni. Scerbanenco ad esempio passava da espressioni dialettali o regionali a un italiano assai vicino al par-
lato di tutti i giorni. Lucarelli si affida invece al parlato giovanile o anche a quello più moderno, legato all’informatica, al cinema, alla musica. Del resto lui rispecchia la
sua generazione.
Simi ricorre molto nel suo racconto al gergo della malavita e a quello in uso negli uffici di polizia, mentre in Macchiavelli vi è uniformità tra narrativo e parlato. La sua
è una scdrittura assai curata, con molto uso degli a capo e della punteggiatura. E lui e la Vallorani in questo senso hanno molti punti in comune.
Studiando questi autori la Salibra ha contribuito così a definire il linguaggio di cinquant’anni di noir italiano. Si registrano così varie modalità linguistiche che ogni
autore esprime nel corso della narrazione. Questa può essere trasgressiva, sorprendente, violenta in relazione all’effetto che vuole produrre sul lettore. Ma sembra
essenziale che da un punto di vista linguistico deve essere la più semplice possibile proprio per rendere più facile l’approccio al lettore.
GIUSEPPE PREVITI