” LA STESSA SERA ALLA STESSA ORA ” DI HERBERT ADAMS – POLILLO EDITORE
16 Marzo 2016LA CASA DEGLI STRANI OSPITI- DI NICHOLAS BRADY- POLILLO EDITORE
23 Marzo 2016Una pioggia incessante di fine estate cancella ogni traccia. Siamo a Roma, e così anche le tracce di un delino sembrano completamente indecifra-
bili: è stato ritrovato il corpo di una donna e chi l’ha uccisa ha gito usando gli strumenti tipici della chirurgia con la precisione e la meticolosità di
qualcuno del mestiere.
Enrico Mancini è il commissario di polizia a cui viene affidato il caso. Lui è stato una sorta di enfant prodige della polizia italiana, è specializzato
in delitti seriali, ha eseguito anche un periodo di studi a Quantico. Ma Mancini attraversa un periodo travagliatisimo dopo la morte della moglie, e
non vuole occuparsi di un tipo di indagini in cui le violenze sui corpi sono sempre portate all’estremo, e lui non si sente pronto prt affrontare nuova-
mente certe immagini e certe atmosfere. Istintavamente rifiuta il caso che il questore gli assegna dicendo che non ci si trova dinazi a un delitto se-
riale, anche se dentro di sè sente che l’assassino colpirà ancora. Avviene un secondo delitto e la città è terrorizzata, e Mancini non può più rifiutarsi,
formerà una squadra cercando di fermare l’assassino prima che colpisca nuovamente e che prosegua in questo macabro disegno di insegnare…..
che è così che si uccide.
Mirko Zilahy, insegnante universitario, giornalista, editor, traduttore ( tra l’altro ha tradotto “Il cardellino” di Donna Tartt ), è al suo esordio comescrittore, appunto con ” E’ così che si uccide “. Ci presenta un volto insolito e molto adatto alla storia che ci racconta di Roma , una Roma
dalle tante rovine, ma non quelle classiche e gloriose della città imperiale, bensì quelle temporalmente ben più vicine a noi. Cioè gli scheletri ormai
arrugginiti e cadenti dei vecchi capannoni industrali, ormai in disuso e abbandonati, e ormai ingombri di rifiuti o luoghi ideali per viverci per sbandati
e disperati. Zilahi li usa come inquietanti fondali di una vicenda horror, altamente inquietante. Questi luoghi sono il Mattatoio del Testaccio, il Ga-
zometro della riva Ostiense, il centro nucleare di Latina.
Su uno scenario già desolato di per sé si abbatte una pioggia violenta che nasconde ogni traccia del passaggio dell’assassino. La storia inizia con il
ritrovamento del corpo di una donna, sezionato e ricomposto, le è stata strappata la lingua, un autentico corpo macellato che sembra compiuto
seguendo una messa in scena di cui non si comprende il significato. Ma è altrettanta evidente la volontà di lasciare un messaggio, ma a chi ?
Il commissario Mancini è un profiler, ha studiato pure negli Stati Uniti a Quantico, capisce subito che ad agire è un omicida seriale, ma non vuole
occuparsi del caso, anche perché sta indagando sulla scomparsa di un oncologo che lui ha conosciuto bene, perché è stato il medico curante di sua
moglie prima che un male incurabile la portasse via. Per lui questa morte ha significato un dolore inenstinguibile, anche per il rimpianto di non
averla più vicina. E così il suo equilibrio mentale e psichico sembra messo a dura prova, anche se i suoi colleghi lo adorano e cercano di supportarlo
in tutti i modi.
L’autore, a parte questa scoperta di una Roma post-industriale nella sua massima decadenza, pesca a piene mani negli stereotipi della letteratura
gialla, ma quel che potrebbe essere un rilievo, non lo è alla resa dei fatti.Troviamo quindi un commissario depresso e pieno di paure, tanti cadaveri”acconciati” con molta cura dall’assassino, che a sua volta lascia segni e messaggi quasi a voler dire: “Io sono qua, venite a prendermi…..!”. Zilahy intercala i vari capitoli con scritte in corsivo che rappresentano il pensiero del serial Killer.
Sette persone orribilmente seviziate e uccise, qui c’è la novità la porta la modernità dei tempi, il killer si palesa con messaggi via internet che
<annunciano e a modo loro spiegano i delitti. Quindi una sfida nella sfida, il killer che segue il suo disegno di sangue e che piò o meno larvatamente
rivolgersi al poliziotto.
Mirko Zilahy ha cotruito una vicenda a mezzo tra il giallo classico, alla fin fine la trama è una storia è una sfifa tra uno psicopatica e un poliziotto ma
gli stessi indizi sono forniti anche al lettore secondo le regole del giallo classico, Ma il romanzo sa andare oltre, puntando molto sull’atmosfera di
decadenza della città con le sue rovine, non importa se nuove o vecchie, anzi diremmo “nuove” quasi a significare una città che non ha saputo rinno-
varsi, anzi ha distrutto tutto quanto era stato costruito in tempi vicini ai nostri. Quindi un’epoca che ha fallito in tutti i sensi, anche nel rinnovamento
delle sue vestigia. Un’atmosfera cupa, opprimente che si unisce anche a un tempo atmosferico che sembra voler significare che tutto sta cambiando.
Non più un’Italia solare ma un’atmosfera nordica, fredda, che cancella ogni sensibilità, priva di colori, quasi a richiamare certi gialli di ispirazione scandinava. E questa cappa opprime sempre più, si semina il terrore, si entra in un girone infernale che pesa sempre più su protagonisti e lettori.
Il male avanza inesrabilmente facendo sprofondare in abissi agghiaccianti anche la mente umana.
Questo libro è stato preceduto da una grande attesa grazie a un buon battage pubblicitario, ma anche per la curiosità di vedere come uno scrittore
non di genere, anzi nel nostro caso addirittura all’esordio nella narrativa, affronta la ….letteratura di genere. Ebbene, lo ha fatto scrivendo un thriller
ben strutturato e ben scritto basandosi essenzialmente su tre protagonisti,il Commissario,il Killer e la città di Roma. Su questi punti fermi si innestano vari registri narrativi,tutti ben dosati, andando dalla pura azione ai passaggi più ossessivi ricchi di risvolti psicologici.
Come giàosservato questo thriller è stato ” piazzato” in Europa ancora prima della sua pubblicazion e già qiuesto era un’ottima carta da visita.Ma
questa storia regge anche alla prova della lettura, magati nell’impostazione non c’è niente di particolarmente nuovo, ma è il modo di raccontare
che attrae il lettore e lo porta oltre la sensazione del deja vu.
Tornando ai protagonisti Enrico Mancini è uno che è stato un ottimo poliziotto, ma i fantasmi del passato lo rendono particolarmente vulnerabile
e questa sfida con il serial killer sembra per lui veramente troppo, addirittura Zilahy ci presenta un poliziotto che vuole rinunciare al suo mestiere.
Si sente un uomo sconfitto nella vita, tormentato nella psiche, certamente vulnerabile in questa nuova sfida a cui una serie di delitti efferati lo chiama.Il secondo protagonista è il serial killer che si gioca la sua partita disseminando indizi su indizi, e qui i casi sono due, o è uno che nella sua fol-
lia omicida vuole fare trionfare il proprio ego, o è uno che vuole dire o dimostrare qualcosa. .
Non volendo togliere ai lettori il piacere della lettura diciamo solamente che a volte anche grandi dolori possono trasformare un uomo in una belva,
qui forse il nostro autore corre il rischio di rendere un po’troppo umano un feroce omicida seriale.
E infine la terza protagonista, Roma, silenziosa, buia, sotto acqua per le grandi pioggie, ma possiamo aggiungere che anche l’acqua in questo processo narrativo ha un suo ruolo significativo, con acqua piovana, fiumi, canali, spiagge, d’altra parte questa è una storia dove tutto è friabile,
poco consoistente, senza tracce e quindi cosa meglio dell’acqua a rappresentare tutto quesIn conclusione un esordio notevole, ci fa rammentare casi simili per Carrisi, Costantini, tutti scrittori poi confermatisi nel tempo. Zilahy è partito con il piede giusto, a dimostrazione che la letteratura di ge-
nere tra nuovi arrivi e tante con ferme non delude mai (o quasi….)le attese.
GIUSEPPE PREVITI