IL GIALLO ALL’ITALIANA(1940-1960). AUTORI ITALIANI UN FLOP-FRANCO ENNA (6)
1 Aprile 2011GIALLO ALL’ITALIANA(1940-1960). TEATRO – RADIO – CINEMA – TELEVISIONE (8)
2 Aprile 2011Negli anni Trenta era stato Augusto De Angelis ad anticipare con il commissario De Vincenzi l’umanità e le problematicità che verranno incarnate qualche decennio dopo dal Commissario Ciccio Ingravalloche Carlo Emilio Gaddainventerà per “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana“, uscito a puntate nel 1946 per la rivista “Letteratura” e poi pubblicato nel 1957 come romanzo.
L’intento dell’autore è anzitutto di compiere un’analisi dettagliata sull’uso del linguaggio, nel nostro caso il “dialetto romanesco” e poi entrare nei caratteri dei diversi personaggi attraverso l’occhio solo apparentemente distratto del dott.Ingravallo che osserva notabili e poveracci con la stessa disarmante ironia.Questo commissario che” seguita a dormire in piedi, a filosofare a stomaco vuoto, e a fingere di fumare la mezza sigaretta regolarmente spenta”. Gadda tramite i meccanismi del giallo scava nella realtà e nelle coscienze scatenando l’attenzione nei confronti del mondo.
Questo romanzo non è una mera costruzione dialettica,presenta un delitto che in realtà resterà impunito, ma in conclusione resta uno degli esempi più alti raggiunti in Italia nel campo della letteratura gialla. Gadda professava un alto interesse per questo genere narrativo, ammirava Conan Doyle per le sue costruzioni logiche. Semmai ha pensato di staccarsene per innovare il modo di scrivere. IL Pasticciaccio….era apparso in cinque puntate, si basava su un duplice crimine avvenuto a Roma nel 1927(un furto di gioielli e l’assassinio di una ricca signora). Ingravallo,di origini molisane, opera in questa capitale che assiste ai primi movimenti dell’era fascista. Gadda ci fa immergere nella storia,seguendo la giornata del poliziotto con maniacale precisione, il che gli permette anche di osservare la città e i suoi abitanti.Costruisce un poliziesco memorabile al quale rinverdì la fama la versione cinematofrafica di Pietro Germi con “Un maledetto imbroglio“(1960).
Nel romanzo di Gadda si va oltre l’intento di “scoprire la verità”, proprio del genere giallo.L’autore affronta la materia con
propositi storico-etici,e con l’intento di portare la cronaca nera come l’emblema di una società in un periodo ben indicato,società di cui Ingravallo( e quindi Gadda)rifiutano la superiorità morale.
Una singolarità di questo romanzo è di terminare in tronco, dopo 350 pagine assai intense, ma potrebbe continuare così come poteva terminare prima.Gadda ha un modo molto singolare di presentare le cose e gli uomini che spesso mette alla berlina o sembra compatire. Sembra voler anche affermare che la via in comune è un qualcosa di fetido, di maleodorante.
Come in tutta l’opera di questo autore importante è lo stile di scrittura, assai particolare con un curioso impasto di preziosismi classici e di dialetto romanesco. Un linguaggio drammatico ma anche grottesco, pur se poi Gadda sembra voglia arrivare alla comprensione e alla pietà.
Abbiamo già ricordata la passione del nostro scrittore per il giallo e per Sherlock Holmes, ma quando affronta il genere in prima persona crea questo don Ciccio in tante cose a sua immagine e somiglianza che semmai può ricordare un Maigret.
Sul romanzo…interrotto senza una conclusione Gadda non era d’accordo. Ad esempio in un suo scritto del 1966 afferma che il commissario ad un tratto è come folgorato da un bagliore che gli rivela la soluzione e a questo punto cala il sipario.Però di questa folgorazione non rivela niente al lettore, ma Ingravallo aggiunge che non potrebbe dire niente perchè se la causa apparente di un delitto è una,il fattaccio è sempre dovuto ad un accumularsi di cause. Il mondo è solo apparentemente una costruzione armonica, e in quel grande groviglio che è la vita voler spiegare con “una”causa qualsiasi evento è senza senso, come è lo stesso quando si vuole dare la caccia a un colpevole, come se potesse esserci soltanto “un”colpevole.
(continua)
GIUSEPPE PREVITI