” IL RITORNO DEL COLONNELLO ARCIERI” di LEONARDO GORI- TEA
11 Maggio 2015” L’IMPRONTA DEL GATTO” DI AUGUSTO DE ANGELIS- MONDADORI
13 Maggio 2015A Milano sotto le logge del palazzo della Regione è stata allestita la Fiera del Libro, editori e librai hanno allestito i loro banchi. Tra i tanti espositori ci sono anche
i rappresentanti della Lega Evangelica Cristiana, vendono a prezzi ben modici la Bibbia. Spicca l’imbonitore, una strana figura, tale Giobbe Tuama, di origine irlan-
dese ( c’è chi lo conosce come Jeremiah Shanahan) che vive in Italia da anni. Ma, attenzione, la sua vera professione è fare l’usuraio. Ma il mattino dopo il cadavere
di Giobbe Tuama viene scoperto sotto il banco, con le mani incrociate sul petto. Passa poco tempo e un altro cittadino straniero viene trovato ucciso. Il commissario
De Vincenzi è incaricato delle indagini e trova subito dei legami tra i due omicidi.
Un ambiente abbastanza originale per questa nuova vicenda milanese di De Vincenzi, quello degli evangelici di origine anglosassone. Ma per DeVincenzi non c’è mai
niente di veramente insolito, lui non si scompone, osserva, interroga, si immedesima, e va avanti per arrivare alla verità.
Augusto De Angelis ci conduce nella Milano del 1934, siamo nell’ambiente cosmopolita della Fiera del Libro, solito fervore di queste manifestazioni, tanti i presenti,
scrittori o presunti tali, visitatori, curiosi, quand’ecco che sulla Kermesse piomba il dramma. Sotto il bancone della Lega Evangelica vien trovato il corpo senza vita
di Giobbe Tuama, è un cittadino che viene dall’America ma da tempo risiede a Milano, apparentemente una persona di tutto rispetto, legato alla religione, e poi sotto sotto tutt’altro che pio, un usuraio. Giobbe Tuama aveva avuto dei segnali premonitori, al parco dei bambini era fuggito in preda al terrore, e poi alla Fiera era stato
rintracciato da un altro straniero, un danese, che sembra lo cercasse da anni. Per un acuto osservatore come il commissario De Vincenzi, oltre tutto grande lettore,
il caso si presenta quanto mai intrigante, anche perché a breve distanza dal primo, ci sarà un secondo delitto, un altro straniero viene ucciso in modo altrettanto
inquietante e simbolico. Evidentemente è un regolamento di conti per gente che viene da lontano e che il caso ha fatto ritrovare a Milano.
Qui ci sembra che si debba ricordare che questi gialli venivano scritti tra gli anni trenta e quaranta e il fascismo non tollerava che si parlasse di delitti nelle città italiane e allora De Angelis dava spesso alle sue trame una verniciata di straniero, insomma il proibito, il male veniva da fuori e il prode commissario riportava l’or-
dine. Ma De Angelis che non era fascista se pur ricorreva a questi piccoli strattagemmi si interessava più che altro alla invenzione di trame dove l’investigatore era
il dominus e da un punti di vista poliziesco e da un punto di vista umano. IL suo De Vincenzi non è che si interessasse molto agli indizi o ai sospetti, lui preferiva
” immergersi” nel caso, impregnarsi di umori e di atmosfere, e poi fissarsi sulla psicologia dei vari protagonisti per arrivare a individuare il colpevole. De Vincenzi
si conferma anche in questo romanzo dalla dimensione “internazionale” un personaggio di grosso spessore, certamente in anticipo sui suoi tempi e sulla maniera
di scrivere, un tipo solitario, inquieto, certo ben lontano dai modelli ” grandi fisici” del suo tempo, un uomo, ancor giovane, che faceva della riflessione e di una certa
malinconia interiore il suo credo. E se Milano ha un corposo ruolo di co-protagonista, De Vincenzi appare una figura fuori degli schemi anche se il mestiere del po-
liziotto lo conosce bene e i suoi uomini lo adorano.
GIUSEPPE PREVITI