” NUBI DAL PASSATO ” DI MARIELLA BIAGINI-MARY WILSON EDIZIONI ATELIER
8 Dicembre 2014” GOTICO FIORENTINO” DI GIACOMO ALOIGI- MAURO PAGLIAI EDITORE
14 Dicembre 2014Sandro Fogli, toscano, nativo di Cascina, è sin da piccolo innamorato del cinema, a naturalmente si è laureato con il massimo dei voti in storia e critica del
cinema.Presso l’Università di Pisa ha discusso una tesi sulla storia della critica hitchcockiana, poi vince una borsa di studio che lo porta in Belgio dove dirige
un corto sotto la guida di Jean-Pierre Dardenne. Poi si stabilisce a Roma dove fa l’assistente alla regia con vari registi di nome.
Ora con ” Hitchcock e la vertigine interpretativa” debutta nella letteratura. In particolare nella saggistica, e in aggiunta diciamo che non poteva non occuparsi
che di cinema visto che era la sua passione sin da bambino, dove era cresciuto con il culto della visione di Grace Kelly ne Il delitto perfetto, un film del 1953 di
Alfred Hitchcock. Come si vede una vita ” segnata”, il suo approdo al cinema, il suo esordio nella regia, e ora questo libro-saggio che si ispira alla famosa intervi-
sta che ” il maestro del brivido” rilasciò a Truffaut che riuscì a dare un’immagine veramente positiva del regista inglese che poi si riverberà sulla critica d’oltre
Oceano.
Hitchcock era, almeno sino agli inizi degli anni ’50, molto apprezzato dal pubblico, meno dai critici. Nella Francia del 1954 ci saranno due partiti, i ” pro-hitchco-
ckiani” e i ” non pro-hitchcockiani”. Nel 1965 sarà Robin Wood a pubblicare il primo testo di critica dedicato a Hitchcock e scritto da un inglese.
Negli anni ’70 anche molti critici americani si occuperanno di lui con il susseguirsi di vari testi per lo più assai laudativi, dove si tende a tracciare un rapporto
tra il suo modo di dirigere e interpretare un film e il suo privato.
Negli anni’80 si guarderà con attenzione più critica alla sua opera esprimendo il concetto che da essa emana una sorta di vertigine, in un cinema che è molto
controllato, dove perfino i doppi sensi hanno un…doppio senso.
Molti punti di vista, tante ambiguità, per lo più volute, sapientemente dosate in un gioco di specchi , e questo riguarda tutta la sua opera.
Si può ben dire che il cinema di Alfred Hitchcock non fosse particolarmente considerato, il regista inglese era ritenuto ” un buon mestierante “.Fu la Francia, se
vogliamo, a sdoganarlo, con Chabrol, Rohmer, , con il libro-conversazione di Truffaut. Ma poi il personaggio Hitchcock si è imposto sempre di più e tutto il
mondo ha cominciato a studiare questo fenomeno e la sua filmografia. A questi studi si unisce adesso Sandro Fogli con Hitchcock e la vertigine interpretativa.
Con questo volume il Fogli si trasforma da una grande appassionato del cineasta inglese in un critico cinematografico capace dio un’analisi compiuta e approfon-
dita.
La storia di Hitchcock e il suo rapporto con la critica sono quindi l’oggetto di questo studio. Sino agli anni ’50 il regista del brivido è più un ” uomo da botteghino”
che non un soggetto degno di studio da parte della ” critica seria “. Saranno i francesi a sdoganarlo, alcuni davano a Hitchcock la colpa di ricercare troppo la popo-
larità con i telefilm che presenta a partire dal 1955. Ma probabilmente sul disinteresse della critica incide la solita prevenzione, forte a quei tempi, verso il ” genere”
sia in letteratura che al cinema.
Come già detto saranno i francesi a occuparsene per primi, poi sarà la volta di Hollywood ad appropriarsi del suo cinema, abbiamo già accennato a Robin Wood, e
da allora sarà un fiorire i giudizi.
Fogli compie un’opera di identificazione dei percorsi a cui prima Wood e poi altri critici como Spoto e Taylor si sono attenuti, percorsi che a volte si sono rivelati
delle vere e proprie celebrazioni delle tematiche del regista. Negli anni ottantainvece critica si focalizzerà su aspetti più specifici del suo modo di fare cinema, ovvero
come affrontava le inquadrature, la sua visione antifemminista,il rapporto con le tematiche omosessuali, o semplicemente il suo modo di narrare. Fogli riporta
tutte queste osservazioni magari arricchendole dei suoi giudizi.
La maniera di Hitchcock di fare cinema nasce dall’espressionismo tedesco ma anche dalle tecniche di montaggio dei cineasti sovietici, va pure ricordato che lui
inizia con il muto per poi passare al sonoro, come pure dovrà passare dal bianco e nero al colore. Lui ha sempre sfruttato ogni evoluzione rivelandosi spesso un pre-
cursore a ha modo quindi di esprimersi in un lungo tempo contrassegnato da enormi variazioni sociali e storiche. E parlare di lui è come addentrarsi in un meccanismo
assai complesso, non va considerato solo ” il mago della suspense” ma un cineasta dalle infinite sfumature. Il suo cinema non può mai avere una sola chiave di lettura,
questo rende particolarmente arduo il lavoro dei critici e Fogli condensa il tutto in una sorte di ” vertigine interpretativa”. Spesso il critico finisce per parlare di un
” suo” film, ma va detto che Hitchcock è un regista pieno di doppi sensi, di scatole cinesi che vanno aperte una dopo l’altra. Per Fogli il cinema che lo rappresenta mag-
giormente è La donna che visse due volte con Kim Novak, in questo film raggiunge un rapporto assoluto con il suo film, le sue attrici, i suoi attori.
Spesso nei film di Hitchcock i soggetti sono stati ricavati da grandi best-seller, ma i risultati migliori finirà col darli con storie di fantasia vedi La Finestra sul cortile.
Se consideriamo da un punto di vista più temporale il lavoro della critica si è già ricordato la frattura tra la più favorevole critica francese e quella abbastanza fredda
oltreoceano. Robin Wood è il primo a interessarsene in Inghilterra che parte proprio da Vertigo (La donna che visse due volte ), girayto nel 1958, tratto da un romanzo
di Pierre Boileau e Thomas Narcejac, che come già detto fu interpretato da Kim Novak insieme a uno degli attori preferiti da Hitchcock.Wood lo considera il miglior
film di Hitchcock con sequenze assai interessanti come gli amanti che si baciano sott’acqua, e quel senso di vertigine che non va inteso solo come paura di cadere
nel vuoto. Una curiosità è che Hitchcock era rimasto particolarmente colpito da I Diabolici di George Clouzot, con temi consueti al regista inglese, personaggi che
mostrano due volti, poca differenza tra vita e morte o tra bene e male o tra vittime e colpevoli.Avviene così che Hitchcock commissioni un soggetto ai due scrittori
francesi che scriveranno appunto Vertigo. Va ricordato che la coppia di scrittori scriveva gialli senza poliziotti e gangster, senza violenze fisiche, ma affidandosi in-
vece a un clima di angoscia indefinito, in un’attesa di qualcosa di sconosciuto, di imprevedibile, al di là della ragione.
Negli anni seguenti anche i critici americani riscopriranno Hitchcock, sviscerandone le caratteristiche, molto spazio nel loro giudizio fu dato alla vita privata del re-
gista che aveva una influenza non da poco sui temi dei suoi film.
William Rothman, siamo agli anni’80, mette in luce un più ampio tecnicismo esaminando vari film quasi fotogramma per fotogramma si da capire cosa effettivamente
guarda l’occhio.
Ma quello che ancora evidenzia Fogliu è che a partire dagli anni ’90 si assiste a una serie di rivisitazioni, non sempre per la verità azzeccate, in quanto anche i critici
spesso restano vittime degli svariati motivi che si trovano nel cinema di Hitchcock: tutta colpa, dice il nostro autore, della vertigine interpretativa.
Concludiamo dicendo che questo libro è un saggio ma anche un libro-storia che si rivolge a chi ama il cinema e naturalmente agli esperti di cinema, ma si rivolge
anche alla più vasta platea possibile di lettori, specie quelli che frequentano il cinema, e che magari si chiedono perché una tale scena o l’altra ha fatto un determinato
§effetto su di loro. Ebbene, questo libro cerca anche di dare risposte a eventuali domande del genere.
GIUSEPPE PREVITI