IL MAGISTRATO VAN DEE, L’INVESTIGATORE CINESE CREATO DA ROBERT VAN GULIK
14 Novembre 2012“UN POVERO DIAVOLO” DI PAOLO PIANI- MAURO PAGLIAI EDITORE
22 Novembre 2012Robert van Gulik è considerato lo scopritore del giallo orientale. Nato in Olanda,trascorse gran parte della sua infanzia a Giava, si appassionò delle lingue e delle culture asiatiche, si specializzerà in sinologia, conoscendo alla perfezione cinese, sanscrito e giapponese. Diplomatico di carriera, girerà vari paesi tra cui la Cina,e qui speserà una ragazza di nobile famiglia
di mandarini.
Dedicherà gran parte del suo tempo allo studio della civiltà cinese, e approfondendo la conoscenza dei vecchi testi di criminologia scoprirà un vecchio magistrato vissuto in Cina all’epoca della dinastia T’ang e sulla sua traccia creerà un grande personaggio del giallo, l’onorevole giudice Dee, che sarà protagonista di sedici romanzi.
In i “Delitti del chiodo cinese ” il giudice Dee è da qualche mese il magistrato di Pei-Chow, una città settentrionale dell’impero cinese vicina al confine con i tartari.
Una serie di indagini in poco tempo sconvolgeranno la vita della città. La moglie di un antiquario viene trovata decapitata nella sua abitazione e i suoi fratelli accusano il cognato
del brutale assassinio e di essere fuggito.
Ma questo caso di omicidio non è il solo di cui Dee dovrà occuparsi: una giovane di buona famiglia è scomparsa mentre si trovava assieme alla governante al mercato. In seguito un celebre pugile muore avvelenato in una sauna e nel magistrato matura un terribile sospetto che lo porterà a riaprire le indagini sulla morte di un mercante di cotone avvenuta qualche tempo prima.
Una serie di storie che si intrecciano tra loro, colme di passioni, di voglie sfrenate, si uccide senza pietà e lo stesso giudice rischierà vita e carriera.
“ I delitti del chiodo cinese ” è una storia ricca di passioni e violenze, dove spicca il ritratto di un magistrato spogliato di ogni retorica, lo vediamo agire secondo la sua
coscienza con virtù e difetti in un ritratto molto umano.
Si narra in questo romanzo come il magistrato-investigatore di una città cinese di confine risolse in pochi mesi il mistero di tre delitti. Questo magistrato si chiamava Dee e dagli archivi storici si viene a sapere che fu abilissimo nel risolvere un gran numero di delitti misteriosi. Queste storie ispireranno cinque romanzi che Van Glik dedicò al giudice Dee nella prima parte della sua carriera, quando faceva il magistrato nei distretti delle provincie.
In seguito Dee fece una grandissima carriera a corte ai tempi della crudele imperatrice Wu con cui ebbe pure grossi contrasti, che però riuscì sempre a superare.
I vari fatti raccontati nel libro son o ispirati a cose realmente accadute: ad esempio il caso del cadavere decapitato si trova in una raccolta di casi polizieschi avvenuti in Cina
al tredicesimo secolo.
Molte ricorrente nella letteratura criminosa cinese è il delitto del chiodo. Anche qui non si sono apparentemente segni di violenza sul corpo della vittima benché l’investigatore sospetti
della vedova. Van Gulik trovò un’ultima versione del fatto in un romanzo poliziesco del 1700, che lui ha tradotto e dove il giudice ricorre a un artificio, una sorta di giudizio universale, per costringere la donna alla confessione. Secondo il nostro autore un tale procedimento risulterebbe troppo gravoso per il lettore europeo e allora ricorre per l’episodio narrato nel libro a una versione che fu riportatata in “China review”(1881). Una vedova veniva ritenuta dal magistrato colpevole della morte del marito ma non ci erano assolutamente prove anche perché
sul corpo del marito non risultavano tracce di violenza. A questo punto interviene un’altra donna che suggerisce di controllare il cranio della vittima dove verrà trovato un chiodo conficcato. Sorge a questo punto il dubbio su come lei possa dare questa soluzione, si scoprirà che anche lei è una vedova e altrettanto colpevole…
“I delitti del chiodo cinese “presentano alcune particolarità nella serie di romanzi scritti da Van Gulik. Anzitutto la figura, il ruolo di Dee vengono messi in discussione, non più infallibile ma addirittura viene messo sotto accusa oltre tutto con la sottolineatura che se l’accusa non era fondata il giudice avrebbe subito la stessa pena prevista per il presunto colpevole.
Poi in questo romanzo le donne giocano un ruolo maggiore, quasi che lo scrittore avverta la necessità di introdurre il sesso in questa lunga serie di avventure.
In compenso nel romanzo similmente agli altri pubblicati troviamo molti punti fermi della società cinese di quel tempo, come la mancanza di rispetto verso i propri genitori, il culto
degli antenati, il culto dei morti.
Van Gulik aveva studiato molto la lingua e le storie cinesi e appunto fu allora che si imbatté in vecchi romanzi polizieschi cinesi e nel 1949 di uno di questi propose una traduzione in inglese( Dee gong an ). Da qui gli venne spontaneo chiedersi cosa sarebbe avvenuto se un moderno scrittore di gialli si fosse voluto cimentare nella scrittura di un antico testo giallo cinese.
Negli anni quaranta e cinquanta per gli appassionati di gialli cinesi e giapponesi circolavano solo thriller occidentali, spesso mal tradotti. A quel punto Van Gulik, che non era un giallista,volle lanciare una sfida prima di tutto a sé stesso, trasformandosi in autore di gialli, rivolgendosi anche ai lettori di quel continente per fare conoscere loro l’antica letteratura della loro terra e presentandoli ovviamente anche ai lettori dell’Occidente, per dare modo di scoprire un mondo ricco di personaggi e di fatti che potevano benissimo servire da base a storie poliziesche di taglio moderno.>
Robert Van Gulik non aveva alcuna esperienza in materia ma si basò sul fatto di avere letto molto e sulla convinzione che la struttura tradizionale di queste storie era una garanzia di successo.
Ecco quindi, I delitti della campana cinese, I delitti del labirinto cinese, I delitti del lago cinese, I delitti del chiodo cinese, I delitti dell’oro cinese. Immaginati dapprima per versioni in cinese e in giapponese, per essere poi tradotti con sempre maggior successo in inglese.
Le storie del giudice Dee appartengono alla mera finzione, ma grosso è stato il lavoro di ricerca dell’autore olandese per trovare negli antichi polizieschi cinesi le storie più adatte per poter poi essere riflesse nei casi di cui si doveva occupare nei libri l’onorevole magistrato. Va comunque aggiunto che nei suoi romanzi Van Gulik ha inventato molta parte della trama per costruire delle storie finite e verosimili.
Van Gulik in questo suo approccio letterario ha voluto come figura di riferimento un personaggio assai famoso nella storia della Cina, delle cui qualità di investigatore e di stagista ci sono state rivelate molte cose.
Completamente inventati dalla fantasia dello scrivente invece i vari assistenti che lo affiancano anche ne “I delitti del chiodo cinese”. Van Gulik fa poi affiancare i protagonisti “seriali”da una vasta congerie di personaggi, d’altra parte la sua conoscenza degli archivi storici e di quanto scritto di prima mano gli hanno fornito un campionario nutritissimo.
Anche nel romanzo di cui ci occupiamo importante è per Van Gulik la scelta dell’ambientazione, una città della Cina con il suo tribunale e del resto questo era poi la location tipica dei vecchi romanzi cinesi.
Un accorgimento che spesso l’autore usa è di collocare le varie storie di Dee nel periodo immediatamente successivo al suo arrivo in una città, così da evitare inutili ripetizioni.
Nella tradizione cinese l’investigatore non doveva mostrare alcun segno di debolezza, doveva essere assolutamente distaccato dai fatti, ma Van Gulik aborriva il ritratto del super-uomo e gli ha quindi voluto conferire una dimensione umana e “I delitti del chiodo cinese” ne sono una dimostrazione lampante.
Dai vecchi romanzi cinesi Van Gulik ha mutuato l’uso di inserire uno scritto edificante all’inizio del libro e di dare un titolo a ogni capitolo, oltre che di fornirci di alcune illustrazioni.
Rispetto alla vecchia tradizione cinese l’identità del colpevole si rivela solo alla fine e questo lo scrittore lo fa per venire incontro alle esigenze del lettore moderno che vuole essere coinvolto. E quindi ha fornito allo stesso tutti gli indizi in possesso di Dee sì da spronarlo a cercare una soluzione. In più ha limitato di molto il numero dei personaggi, veramente uno
sproposito nei testi antichi.
La prosa di Robert Van Gulik è molto scorrevole, non abbonda in descrizioni, va subito al sodo, i dialoghi sono agili con una costruzione poliziesca “sempre accurata ed efficace”.
Vi è in questo testo come in altri una certa concessione all’elemento soprannaturale pur tenendo fermo il principio che una storia “gialla”deve essere prima di tutto verosimile. Ne I delitti del chiodo cinese vi è un incontro del nostro magistrato con il fratello, ma l’incontro avviene davvero o è un sogno? Era il fratello o il suo fantasma? Espediente letterario, tributo alla tradizione o volontà di dare una ulteriore traccia al lettore?
GIUSEPPE PREVITI