AA.VV. SEVEN, PIEMME
29 Giugno 2010LA PROGENIE DEL GOLEM DI SANDRO FAZZI
29 Giugno 2010In un paesino della Barbagia cinque banditi organizzano una rapina in una baca, ma qualcosa va sorto.
Chi doveva essere loro complice si rivela invece un nemico pronto a uccidere, ci sono vari morti. Restano
alla fine asediati dentro la banca, il “bandito buono”Tanteri e quello “cattivo”Cadena, insieme a due ostaggi, un impiegato e una distinta dottoressa.Passano le ore, i giorni, ma la condizione degli assediati
sembra interessare ben poco a chi sta fuori.
In un’atmosfera sempre più grottesca e surreale, nell’indifferenza di chi è fuori, gli assediati per passare
iul tempo si raccontano delle storie.In poche parole si “confessano”, le cose che dicono sone vere e
sempre più personali.
Intanto fuori avvengono cose sempre più strane per chi è dentro l’edificio, tutto prosegue come se loro
non esistessero, si eseguono lavori stradali, si momta uno spettacolo teatrale i cui personaggi sembrano
voler ridestare vecchi ricordi nell’animo dei due banditi come certti affreschi celati nelle pareti della banca.
E questo fa il paio con i loro racconti dove si parla di pastoria, di faide, del sangue scorso in quegli anni,
mentre la donna sarà altrettanto inquietante parlando di misteri e satanismo.
Il tempo passa, ormai è chiaro, qualcuno vuole la loro morte, ma,ormai, dopo cinque giorni di prigionia
estenuante avvolta nel non senso, non è poi tanto importante vivere o morire.E le novelle raccontate
in quelle ore sono sewrvite non tanto a passare il tempo, quanto a dare sfogo a ricordi, rancori,rimorsi,
confessioni.
Se un finale a sorpresa svelerà l’arcano di questo romanzo criminale originale, avvincente,amaro, volen-
dolo etichettare, qualcuno ha parlato di”romanzo sociale”. Può essere esatto nella misura in cui si
parla di povera gente, che deve scegliere tra fare il pastore o il bandito, oppure per sbarcare il lunario
è costretta a fare l’uno e l’altro.Srorie di faide di paese, di vite bruciate dal crimine, il sangue score a
iosa, alla fine del romanzo resta tanta amarezza perchè c’è chi delinque per vocazione, ma più spesso
perchè i giovani n on sano scegliere e affrontare una vita diversa.
Ma altrettanto spazio nella narrazione è lasciato all’elemento”surreale”in una storia oveil mistero si fa sempre più oscuro e inquietante.Ci sono i riferimenti al satanismo, c’è l’assenza “singolare” delle
forze dell’ordine, c’è poi quello spettacolo montato dinanzi alla banca per rievocare nei banditi i
fantasmi deel loro tragico passato, infine c’è quel coro muto di sofferenti “veri”, minati da una terri-
bile malattia, anche loro sembrano attendere qualcosa.
Con “Pentamerone bararicino”Gianfranco Cambiosu ha scritto un libro crudo, duro, visto con gli
occhi del male, sono del resto i banditi che per lo più parlano in prima persona.
Ma un altro elemento portante della pubblicazione è nel rapporto tra gli assediati, dove poi alla fine
sarà difficile discernere tra vittime e colpevoli. Certamente non si poteva resistere molto in quella
promiscuità forzata e per sciogliere i nervi si scegli di raccontare una storia. Ogni serà uno dei perso-
naggi racconterà un fatto sotto forma di storia, e presto questo sarà la forma di liberazione dai propri
fantasmi, dai propri errori e orrori, e questo varrà soprattutto per i due rapinatori, Cadena e Tenturi.
Abbastanza evidente il riferimento ai personaggi del Decamerone( qui un Pentamerone) chiusisi in
una villa per sfuggire alla peste, e che per ingannare il tempo si raccontano novelle licenziose.
Qui i protagonisti di Cambiosu tentano di sopravviuvere a quella peste che è stata la loro vita, la
peste di tanti miserabili costretti per vivere a essere non uomini ma bestie. E’ la peste dell’umile sempre
ridotto a essere carne da macello, una pedina nelle mani dei potenti.
Un thriller dai tanti risvolti, con protagonista una Sardegna livida, per certi versi inesplorata, senza
scampo per i suoi figli. “Sociale”, “Surreale”, “Letterario”, ma principalmente “Amaro”questo bel romanzo!.