Il maestro ci ha lasciati
2 Giugno 2010I PERSONAGGI DEL RISORGIMENTO:PELLEGRINO ARTUSI
13 Marzo 2011Hugues Pagan era nato nel 1946 in Algeria, fu poi obbligato a rientrare in Francia e vi rimase per necessità. Cosa comune a molti “pied noir” attraversa un forte senso di sradicamento e di inquietu-dine che lo porterà a scelte radicali e in apparenza contraddittorie. Studia filosofia, lo troviamo sulle barricate del Maggio fancese del 1968, ma nel 1973 eccolo in polizia. Risale al 1982 il suo debutto in letteratura con “L’ingenuità delle opere fallite”cui seguiranno vari romanzi tutti pubblicati in Italia da Meridiano Zero( “Dead and Blues”-“Quelli che restano”- “La notte che ho lasciato Alex”- “La riscossa del gatto”- “Alla salute del lupo cattvo”- “In fondo alla notte”- “Operazione Atlanta”). E’certamente una delle voci più interessanti del neo-polar francese, scrittore e poi sceneggiatore, conosce ovviamente ciò che scrive e usa molta perizia nel confezionare storie sentimentali e drammatiche. Ex -ispettore nella polizia parigina, fu sempre molto critico sul modo con cui tale lavoro veniva svolto. Con il tempo è poi divenuto una figura di riferimento nel mondo del romanzo poliziesco. I suoi scritti sono pregnati di molto sarcasmo e ironia che servono a celare un sentimento di ribellione dovuto più a ideali utopistici che a una disillusione vera e propria.Del resto è lo stesso Pagan a dire:” Il sentimento che anima la maggior parte dei miei personaggi è la rabbia. Io cerco di mettere in scena gli uomini in rivolta”. Altro elemento ricorrente nei suoi romanzi è la “morte”, con l’ero “già morto molto prima ancora di morire”. Ma Pagan ha precisato che il tema per lui ricorrente è “la lenta agonia che precede la morte” e trova una spiegazione nelle sue discendenze dai gitani di Barcellona che intrattenevano un particolare rapporto con la morte. Ma cita in aggiunta anche quel senso di perversione e di attesa malsana comune a molti frequentatori di corride. E probabilmente va pure considerato il periodo passato in polizia dove la frequentazione con la morte è pressochè continua. La forza della scrittura di Pagan sta nel saper conciliare la critica sociale con la denuncia della corruzione, delle malefatte e della violenza che infestano la polizia.Lui riesce a essere coerente con il suo credo politico mai rinnegato (nasce come maoista)scrivendo di una situazione sociale desolan te, su un mondo infetto, e la sua pozione morale di scrittore è quella di un uomo senza compromessi, dal profondo senso etico.Si autodefinisce “scrittore punk” nel senso che non sa mai dove arriverà.I suoi person aggi sono “neri”ma questo rispecchia il suo pessimismo totale.
Pagan descrive un mondo reale, di cui lui ha fatto parte.Però sa essere un abile narratore, sa colorare con il suo lato artistico questa realtà.”Riferisce”, non sovraccarica,riesce a suscitare emozioni nel lettore.Non si sente nè educatiore ne insegnante, ma non vuole neppure essere considerato un cron ista.Semmai il suo modo di scrivere è quello di un ribelle ai mali della società, Chi legge Pagan lo può amare o rifiutare, ma è certo che le sue storie son o choccanti. Lo scrittore o meglio l’uomo Pagan non è tipo da restare a lungo nello stesso posto, paese, città, lavoro, non ha mai messo radici. E questa sua irrequietezza la possiamo trovare in molti dei suoi personaggi, a iniziare da quell’anonimo funzionario di polizia protagonista di quella triologia che ha segnato uno dei più alti punti del polar francese ( “La notte che ho lasciato Alex”-“Dead and Blues”- “Quelli che restano”).
C’è in Pagan la inquietitudine tipica di tanti pied noir, dallo scrittore Albert Camus al jazzista Martial Solal, che giunti a Parigi hanno rivelato una personalità complessa, anche contraddittoria, sempre tesa a un punto di arrivo che sembra però sempre irraggiungibile. Pagan ad esempio credeva negli anni settanta a una polizia più giusta, non più corrotta, ma si è dovuto presto scontrare con che scendeva a compromessi e allora si è rifugiato nella scrittura, sentendosi sempre più emarginato. Un’opera narrativa la sua che evidenzia quello sradicamento che già segnalavamo all’inizio di queste note, apparendo quasi vittima di un procedimento di autodistruzione. Però Pagan sa evitare questo pericolo,ha ben altre risorse di scrittore,certo è a suo agio nelle…umide atmosfere del noir transalpino, però la sua scrittura richiama molto quella dei noiristi stanitensi, dal celebre Dashell Hammet degli anni Venti ai tanti scrittori comparsi tra gli anni Cinquanta e Ottanta, scrittori dove spesso vita privata e produzione letteraria hanno finito per sovrapporsi. Ma Pagan si rivela bravissimo nello sfuggire a sentimentalismi e vuota retorica tipici di migliaia di noir.La sua narrativa è permeata da una forza morale non comune, che gli consente un livello di scrittura e di persuasioni notevoli.Il suo è uno stile stringato, con frasi brevissime, con un taglio quasi cinematografico, dalle immagini assai vive. E comer ambiente ci mostra sovente angoli di Parigi desolati, malinconici, di prefernza notturni e piovosi.
Come già detto ci si può riferire ad Hammet , a Chandler, ma anche ad un altro eccellente autore francese, Jean Patrick Manchette altro maestro del genere. E si può considerare il riferimento al cinema noir francese, da Josè Giovanni all’ex-poliziotto Olivier Marchal, con un a serie di attori che sembrano nati apposta per la bisogma dai compianti Jean Gabin, Lino Ventura, Yves Montand ai più vicini Daniel Auteuil, Gerard Depardieu. Una epopea di “duri”, ma anche di “sconfitti”. Pagan conosceva a menadito questo mondo di cui scriveva, la sua è una prosa volutamente cinica, non priva di una certa musicalità, e poi piace perchè dice la verità. In lui non si trova consolazione, crea una serie di personaggi ambigui,tormentati, contraddittori,equivoci, ma non di meno affascinanti. I tempi di Pagan vedono ormai il giallo classico superato, qui non si vuole arrivare al ripristino dell’ordine, il potere è corrotto, i poliziotti sono dipinti peggiori dei delinquenti che dovrebbero perseguire,e speso restano impuniti.Non esistono più buoni e cattivi, anche l’eroe cela i suoi scheletri nei cassetti e così, cosa tipica del noir, la “soluzione”perde importanza.
GIUSEPPE PREVITI