I GRANDI DEL NOIR FRANCESE:HUGUES PAGAN
7 Settembre 2010“VITA E CULTURA POLITICA NELLA PISTOIA RISORGIMENTALE(1814-1861) DI MIRKO GARZELLA
15 Aprile 2011Ricorre quest’anno il 150°anniversario dell’Unità d’Italia, varie le celebrazioni, le iniziative, particolarmente azzeccato ci
è sembrato il connubio “cucina-giallo“che troviamo nel nuovo romanzo di Marco Malvaldi “Odore di chiuso“. Un successo di vendite in tutta Italia con questo giallo ambientato nell’Ottocento toscano, dove uno dei protagonisti è
Pellegrino Artusi, il grande unificatore del ricettario culinario nazionale, con il suo testo sacro “La scienza in cucina
e l’arte del mangiar bene”. Vogliamo ricordare anche un’altra ricorrenza, a fine mese verrà celebrata a Firenze con un
convegno e altre manifestazioni il centenario della scomparsa dell’Artusi. Tutte questi eventi vengono a mente leggendo questo giallo ironico,…culinario, ma anche con tutti gli ingredienti del “giallo classico”. Bravo quindi Malvaldi che molti ormai definiscono il “Camilleri in salsa toscana“. Ovvio che poi il Malvaldi si serva di questa doppia chiave per criticare la classe dominante dei nobili pervicacemente chiusa nei suoi privilegi, ma ormai avviata ad una inesorabile decadenza.
Tornando all’Artusi Malvaldi ci dice che lo ha scelto perchè è un buongustaio che ama la buona tavola, l’armonia del desco, la gioia dei praparativi. I delitti lo spaventano, turbano questa visione che va ripristinata.E forse lo ha anche scelto perchè gli ricorda un altro grande investigatore, altrettanto corpulento, altrettanto amante della buona tavola, grande osservatore, lento, quasi torpido, nelle riflessioni e nei movimenti: il commissario Maigret. Entrambi sembrano pensare che, come a tavola, prima occorre assaporare, poi digeriere bene e quindi agire.
Il mestiere dello chef richiede lentezza,pazienza,perizia, doti che anche l’investigatore deve possedere.
Leggere il libro di Malvaldi mi ha spinto a conoscere meglio Pellegrino Artusi, improvvisamente proiettato nel mondo del giallo, lui, il più grande e raffinato gastronomo italiano, il “re dei cuochi“. Ma dell’Artusi va anzitutto detto che si se parla
di Unità d’Italia a lui va riconosciuta “l’unità della cucina italiana” che per le sue tante anime, per i suoi tanti sapoti e tipicità mal si definisce “Una“, singolare e compatta.Del resto dal Nord al Sud il clima cambia, la conformazione della penisola si trasforma,le produzioni agroalimentari si alternano e parla di un’unica cucina è complesso.L’Artusi fu il primo a farlo on un libro coì popolare da non avere(a tutt’oggi)rivali in libreria.
Era nato a Forlimpopoli da un’agiata famiglia romagnola. L’Italia che racconta con le sue ricette è un territorio ristretto
che forse non rappresenta l’Italia unita, ad esempio nel suo libro ci sono soltanto tre piatti siciliani, mancano ricette della Sardegna e non molto spazio è dato alla cucina c.d.”popolare“. Nel celebre ricettario troviamo soprattutto Romagna, milia e Toscana, sono del resto le ricette che lui conosce meglio, però l’importante è aver cercato di mettere insieme icette di tutto il Paese.Gliele manderanno in gran numero le sue affezionate lettrici che da ogni parte gli inviano ricette,appunti,correzioni,suggerimenti. In venti anni il ricettario passerà così da 475 a 970 ricette, 14 le edizioni,tutte diverse fra loro.Nasce così un manuale “Nazionale“,ancora oggi letto e usato.
La storia e il passato sono la base della cultura gastronomica contemporanea grazie alle antiche tradizioni tramandate
nel tempo e per questo riveste grande valore l’opera dell’Artusi. E’ molto diffusa nelle famiglie e anche tra i cuochi che lo considerano da Nord a Sud il manuale di cucina più valido.Uno dei padri fondatori della nostra cucina,Aimo Moroni,
definisce “Il Garibaldi della nostra cucina“il nostro Artusi. E’ lui che ha unito il nostro paese, non eroe dei due mondi,ma dei molti mondi che compongono l’universo culinario d’Italia.E ancora oggi molti chef consultano
le sue ricette e le presentano “rivisitate” in chiave contemporanea.
Artusi ai suoi tempi fu ispiratore di una epica rivoluzione, ma procediamo con ordine.Apparteneva a una famiglia molto agiata, il padre possedeva una drogheria a Forlimpopoli, lui si laureò in legge a Bologna.Poi ci fu la famosa incursione banditesca del Passatore e la sua banda nella villa degli Artusi, che fu fonte di tanti mali per questa famiglia : furono sequestrati, rapinati, una delle sue sorelle impazzì e fu ricoverata in manicomio, anche il danno economico fu rilevante. Ma gli Artusi reagirono e un anno dpo si trasferirono a Firenze dove Pellegrino fa il cambiavalute, il commerciante in sete e tessuti.Visse in Via Calzaioli e in via de’Cerretani, amava danzare,lo si trovava perciò sovente a Palazzo Medici-
Riccardi.Fu molto prodigo con i poveri.Anticlericale,mazziniano, amò molto le donne pur non sposandosi mai, insomma uno che si godeva la vita.Frequentò assiduamente scrittori e poeti al gabinetto Vieussiex, la letteratura
era una sua grande passione, scrisse una autobiografia del Foscolo e anche uno studio su Giuseppe Giusti.
Ma la sua vera, grande passione fu per la cucina, artefice di una piccola rivoluzione, aiutato in questo dalla governante
Marietta Sabatini,pistoiese di Massa a Cozzile, e moglii del cuoco forlivese Francesco Ruffilli. Entrambi al suo servizio
vivevano con lui in piazza D’Azeglio, insieme a due enormi gattoni.E fu in questa casa che nel 1891, a sue spese, pubblicò “La scienza in cucina e l’arte del mangiar bene“, aveva allora 71 anni.
Faceva certo impressione vedere questo omone,sempre elegante, i lunghi baffoni bianchi disquisire nei salotti-bene
fiorentini, indifferentemente di cultura e di cucina. Ma non fu il solo, ad esempio Olindo Guerrini(alias Lorenzo Stecchetti), pure lui romagnolo,scrisse un realistico libro, “Arte di riutilizzare gli avanzi“. Ma Artusi seppe conquistare la massa, il suo sottotitolo era assai rassicurante “Manuale pratico per le famiglie“. Non dichiarava
mai di essere un grande chef o un sommo gourmet, “basta saper tenere un mestolo in mano che qualcosa si combina“soleva dire.Era ancche prodigo di consigli “abitare in case luminose perchè il dottore non entra dove entra
il sole“. Il suo manuale ha molte di queste raccomandazioni sull’uso o speigazioni sul valore nutritivo tanto che fu
considerato non solo un libro di cucina ma un manuale socio-educativo, sì da essere considerato tra i libri-guida del
XX secolo, da Cuore a Pinocchio. Altri l’hanno considerato una “Bibbia Popolare“. Sull’Artusi “Unificatore” sono in
molti a concordare, perchè oltre alle deliziose ricette che ne fanno un punto fermo della cucina italiana,svolse il civilissimo compito di unire e amalgamare, un cucin a prima e poi “penetrando nelle pieghe della coscienza popolare di quella grande accozzaglia di genti che solo formalmente si dichiaravano italiane.”
Certo era vero il rilievo che lui aveva scritto per quelli come lui, gli “agiati“, non lo negò mai,i poveri si dovevano( e si
devono…)sempre arrangiare per mettere insieme il pranzo con la cena.Comunque lui in un certo qual modo l’Italia
l’ha unita, dando spazio al pomodoro,,alla pasta alla siciliana con le sarde,descrive il fritto ala bolognese ma pure alla
romana, si occupa del vitello tonnato, del panettore, perfino di ricette di estrazione straniera, ma massimamente è una
rivendicazione della bontà della cucina nazionale. Ancora oggi se ne parla, e a parte i menù rievocativi, va ricordato ch
nella sua città natale.Forlimpopoli,ogni giorno un ristorante prepara un menù diverso basato sulle sue ricette.
Sono passati centoventi anni, tante cose sono cambiate,tante sono rimaste uguali,oggi come allora ci sono editori
che rifiutano di pubblicare un libro e poi si mordono le mani. Anche l’Artusi fu rifiutato da ben due editori, lui allora
pubblicò il manuale a sue spese,1000 esemplari all’inizio.Sembrava proprio non dovesse aver fortuna, ce lo racconta lui stesso nella gustosa “Storia di un libro che rassomiglia alla storia della Cenerentola“. Riporta anche il sebvero giudizio del professor Trevisan che proclamò “questo è un libro che avrà poco esito”.Anche i suoi concittadini avevano poca fiducia in lui, tant’è che due forlimpopolesi che avevano vinto due copie dellibro a una lottera se ne disfecero
immediatamente rivendendolo al tabaccaio non sapendo di che farsene.
Ma nel tempo tutti gradirono questa pubblicazione fatta non solo di ricette innovative, ma anche di insegnamenti su come diremmo oggi “riciclare” gli avanzi.
Pellegrino Artusi soleva dire:”Sono sicuro di non ingannarvi, avendo provato e riprovato più volte questi piatti da me
medesimo”:Il suo “laboratorio”era la casa in paizza D’Azeglio,al 35, ove-come ricorda una targa-moriva il 30 marzo del 1911. Qui abitò con i suoi due domestici, sempre suoi fedeli servitori e infatti lasciò tutto a coloro che”mi coadiuvarono
nel buon esito del libro”.
GIUSEPPE PREVITI