“STORIA di MATILDE”DI GIOVANNI MARIOTTI-ADELPHI
16 Aprile 2012“MAIGRET E L’INFORMATORE” DI GEORGES SIMENON- ADELPHI
18 Aprile 2012Verso la fine degli anni Cinquanta una corriera riportava ogni sera il suo carico di pendolari da Viareggio verso i paesi delle alture soprastanti. Tra i tanti una ragazza di sedici anni e uno studente di venti,lei fa l’operaia. Sono entrambi poveri, poco contenti di questa vita e di questa esistenza mediocre, che può portare o alla ribellione o ai pensieri più cupi.
Alle fine lei si dimostrerà più coraggiosa e cercherà di sovvertire questo destino passivo, mentre lui finirà nella Milano delle camere ammobiliate, non entrando mai in quella società degli anni sessanta né tanto meno nella sua cultura.
Saranno destinati a non vedersi più,e dei loro fugace incrocio nella prima giovinezza non resterà che un ricordo.
Il bene che viene dai morti è un romanzo assai lieve,gracile, vive di un ricordo assai labile anch’esso, a mezza via tra un’autobiografia e un racconto vero e proprio.
Il personaggio principale si chiama Giovanni Mariotti come l’autore del libro, forse è lui stesso,forse no.Una specie di essere vivente, privo però di energia e vitalità, non ha fede, non apprende alcunchè, si lascia vivere, non è malato,ma sembra sempre sull’orlo di esserlo e potremmo anche immaginarlo,ma in via perenne,in quella sorta di limbo che è la convalescenza.
Non parla, né ha sentimenti. E dato che ci troviamo difronte a quello studente della corriera, anche quel vago senso di amore che provava per la ragazza non è definito come tale,o se lo è, è più avvertito come senso di colpa.
Il romanzo è statico come la vita di questo singolare individuo: nulla nella sua vita avviene di avventuroso, come non lo era quel viaggio serale da Viareggio a casa,altrettanto scontata e abitudinaria è la via che lui trascorre a Milano. Andare al cinema, comprare quanto necessario,cercare una camera ammobiliata,passeggiare senza meta non sono certo avventure.Si avvertono delle sensazioni ma anche queste appena accennate. E poi manca la parola, non c’è espressione, non c’è suono, non c’è eco.Le frasi sono ridotte al minimo, piccoli tocchi,non danno certo luce o vigore, quasi a voler sottolineare il vuoto del protagonista.
Sembra che la sua vita,pur su questa terra,sia in realtà proiettata su un altro mondo,sull’al di là. Ma un al di là popolato di spettri, fantasmi di anime senza pace che non possono per vari motivi accedere alla terra consacrata, e quindi gemono,si lamentano. Simili a falene che svolazzano attorno a un lume acceso,questi fantasmi sono destinati a restare nel giro dei vivi, girano loro attorno.
Presenze mute che ci fanno del bene perché non sono altro che il segno di un’attesa e l’attesa per l’autore è segno di vita: noi attendiamo sempre, una corriera,una visita, un treno, una donna, tutte cose che magari non arriveranno mai, ma non è importante questo, importante è il fatto che aspettiamo e questo ci fa del bene, “il bene che viene dai morti”.
GIUSEPPE PREVITI