“A CIASCUNO IL SUO” (1967) DI ELIO PETRI
16 Gennaio 2012The Iron Lady di Phillida LLoyd
1 Febbraio 2012“Il caso Moro”è la cronaca dei 55 giorni che intercorrono tra il rapimento del segretario della DC Aldo Moro e la sua uccisione ad opera delle Brigate Rosse. Sulla scorta del libro di Robert Katz “I giorni dell’ira”(lo stesso Katz con il regista Giuseppe Ferrara e Armenia Balducci sono gli sceneggiatori del film)si costruisce una trama assai essenziale che fu definita “arida”come un mattinale di questura. Ma è probabilmente il film più accurato su questa pagina che riguarda uno dei periodi più oscuri e tormentati della nostra storia patria.Ferrara predilige un andamento molto cronachistico seguendo una sorta di diario di prigionia dove spicca il giudizio del sequestrato sui compagni di partito,e di questi spicca il livido cinismo, la vacuità dello sguardo che traspare da quei visi “assenti”quando viene letta la prima lettera in parlamento.
Senza sbavature,privilegiando un tono uniforme ci vengono raccontati tutti i particolari,vedi la disputa su Gradoli,se fosse una via o una località.Si accentua questo tono didascalico quando si susseguono le riunioni della DC o quando la moglie di Moro commenta i fatti. E’ uno stile che in un certo senso annuncia quello delle fiction.
Giuseppe Ferrara,toscano.,giornalista,saggista è un regista di forte impegno nella sua attività di regista per lo più “impegnato” spiccano quattro personaggi di cui si è occupato in altrettanti film,cioè Moro,Calvi,Della Chiesa,Falcone(a cui potremmo aggiungere Guido Rossa), quattro uomini eliminati,quattro uomini vittime di un attentato allo Stato con un sottile fil rouge che più o meno li collega, la P2.
Tornando al Caso Moro,essenziale nel fil l’interpretazione di Gian Maria Volontè che qui affrontava per la seconda volta il personaggio,che aveva già reso in Todo Modo di Elio Petri.Anche qui lo fa da par suo(avrà l’orso d’argento per l’interpretazione al Festival di Berlino)giganteggiando in una versione dolente dello statista, anche nei confronti dei suoi carcerieri. Ma questa pensiamo sia anche una scelta registica che vuole fare apparire ancora più sbiadite le tante figurine che lo attorniano.
Assistiamo a un film chiaramente di denuncia e Giuseppe Ferrara in questo dramma si schiera apertamente contro la dirigenza DC.
E’ un po’il destino dei film a tesi anche se il giudizio storico e morale su quel periodo dà conforto alla scelta registica.Ferrara sceneggiò il film insieme all’americano Katz sapendo coagulare gli aspetti documentaristici della pellicola con un ritmo da vero thriller.E assai funzionali in questo senso le musiche di Pino Donaggio.Un mistery
che si rispecchia in quei lunghi giorni di prigionia,assai drammatici,vissuti in una sorta di presa diretta.Da una parte le frenetiche quanto infruttuose ricerche della polizia, dall’altra la calma,la pacatezza del presidente.
Si ricostruiscono momenti cruciali della nostra storia e tutti gli attori contribuiscono a questo clima di impegno civile che non abbisogna di particolare enfasi.Il dramma viene fatto rivivere con la lettera di Moro,gli appelli di Paolo VI, l’intransigenza di Enrico Berlinguer e di Giulio Andreotti per poi sfociare nel drammatico finale.E’un film fortemente impegnato ma anche attento a rispettare il più possibile i passi fondamentali della vicenda realmente accaduta.
Già,la vicenda! Permettiamoci una digressione.Il 9 maggio 1978 Aldo Moro venne ucciso dalle Brigate Rosse,vittima di una azione terroristica assurda in cui per prima fu eliminata la sua scorta.Al momento ci fu una reazione disastrosa del governo che adottò,contrariamente ad altri simili eventi,una linea di assoluta intransigenza.
A distanza di tempo si è poi scoperto che il potere scelse deliberatamente questa linea che alcuni definiranno “terrorismo di stato”.
Robert Katz nel 198o scrisse “I giorni dell’ira:il caso Moro senza censure” e lo pubblicò negli Stati Uniti.Ci vollero altri tre anni perché uscisse in Italia,comprendendo documenti e testimonianze ancora inedite per il nostro Paese.Katz si domanda se questa morte poteva essere evitata senza compromettere le istituzioni.E si risponde di sì perché l’intransigenza del governo fu dovuta principalmente a calcoli politici. Certo Moro poteva parlare e ne avrebbe avute cose da dire ma non fu questo a perderlo,L’Italia vive da sempre di scandali e di rivelazioni. In primis lui non voleva passare da “martire”.
Era un clima particolare quello del 1977, siamo in piena atmosfera da compromesso storico, quando capitò il fatto si entrò in un clima di quasi censura,molte verità furono nascoste,e fu detto dai nostri partner internazionali che “cedere voleva dire abdicare alla democrazia”:Fu praticamente abbandonato e la famiglia Moro ha lanciato per anni questa accusa.Aldo Moro dalla sua cella lo comprese per primo, lottò con dignità per salvarsi, ricevendo l’appoggio del Papa,di ex-capi dello Stato,addirittura di una parte delle BR.Non volle invece sacrificarsi in nome di quella sordita trama politica in tessuta dai suoi colleghi di palazzo, lui lottò solo per se
stesso. E quella lotta contro di lui la ingaggiarono i suoi stessi compagni di partito e di coalizione. Nè volle essere passato per matto.
E così nel 1986 Ferrara con Kratz sceneggia il primo film su questa storia, un film che racconta una fase importantissima della storia d’Italia. Per forza di cosa una pellicola “oscura”,piena di ombre, in una correlazione tra potere e responsabilità.Non era semplice riprodurre con linguaggio cinematografico cosa avesse pensato il presidente in quei giorni,Ferrara cerca di di farlo tenendo conto anche delle lettere che Moro inviava dal covo e del linguaggio dei comunicati dei suoi carcerieri.Di contro ci mostra,con sufficiente imparzialità,il comportamento del governo.
Non lo era allora ma non è nenche oggi a distanza di tempo facile decifrare cosa avvenne.Ferrara segue i fatti,forse era l’unico modo possibile per realizzare un film,ma i fatti stessi sembrano perdersi via via in un alone di ambiguità,di misteri,di inderminatezze.D’altra parte questo “lato oscuro”che ha alimentato il “Caso Moro”, anzi per molti il “Mistero Moro”.Lettere,accuse,controaccuse,ma alla fine in questa tragedia c’è un qualcosa di insondabile.
Ferrara costruisce un film che è fatto di prigionia,di scrittura,di morte,però di Moro non ne fa né un martire né un eroe,semmai evidenzia lo stato dell’uomo solo contro tutti.Un uomo solo,consapevole del proprio destino,i brigatisti lo chiamano Presidente ma via via che si succedono i fatti si delinea la figura di un uomo solo,sempre più preda dello sconforto,più che umiliato dall’atteggiamento dei propri compagni che lo hanno abbandonato.Ma mai viene meno la dignità dell’uomo dinanzi alla violenza e alla morte.Si matura un clima da tragedia,una tragedia già scritta,con un Volonté assai dolente nei panni dello statista.
Le Br dicono “E’ cominciato l’attacco al cuore dello Stato”.Ferrara vuole anche evidenziare che impersonare il potere vuol dire esporsi a sentenze,critiche,anche violente,sull’azione del potere e del governo.Ferrara è lapidario”Hanno fatto il governo in cinque minuti:l’ammucchiata della paura”.
Un film coraggioso,fortemente politico,anche religioso,legato come è alla personalità di Moro.La regia indugia sovente sul volto del protagonista,ce lo mostra via vian sempre più stanco,invecchiato,ma lo fa per mostrarci come lui visse quei momenti e Gian Maria Volontè è assai bravo nella caratterizzazione di un uomo mite e tranquillo,assai pacato.Di contro la frenesia del commando brigatista e dei poliziotti impegnati nelle perquisizioni.
Ben più spettacolare e dinamico “Piazza delle cinque lune”di Renzo Martinelli del 2003,e dello stesso anno è “Buongiorno,notte”di Marco Bellocchio,ben accetto da critica e pubblico.A Ferrara la primogenitura su Aldo Moro,un film accolto positivamente, pur se non mancarono le reazioni stizzite di DC e PCI che accusaron o il regista di aver istruito un processo gratuito ai loro danni.
GIUSEPPE PREVITI
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