” LA MORTE E L’OBLIO ” di ANNAMARIA FASSIO – IL GIALLO MONDADORI
29 Dicembre 2016VERSO FESTIVAL DEL GIALLO PISTOIA 7A EDIZIONE-SPIONAGGIO INFORMATICO
11 Gennaio 2017In un maggio insolitamente caldo Firenze e i suoi abitanti vivono oppressi da una temperatura ossessiva che
non li fa respirare e fa boccheggiare un po’ tutti, ricchi e poveri, giovani e anziani, donne e uomini. E proposito di ricchi facciamo conoscenza con il conte Saverio Falcini di Val d’Elsa. Vive a Palazzo dei Leoni, una costruzione
del ‘400, che prendeva il nome dai due leoni che si trovano davanti al portone principale. Ha due figli, i contini Alberto e Gualtiero, l’uno dissoluto e senza morale, l’altro molto più concreto e ben determinato nel fare andare avanti l’azienda agricola familiare.
Intorno al conte una vera corte: Elide è la fida domestica depositaria dei segreti del conte, Enrico è il portiere da una vita, poi c’è Luca, l’autista , un ex-carabiniere, e infine il dottor Fontani, fedele segretario e longa manus del
capofamiglia. E ancora va ricordato il notaio Parronchi,, con funzioni di trait d’union va i vari personaggi, ma anche di commentatore della vicenda.
Il conte Falcini è un tipo tosto, ha fatto molti quattrini, tra attività lecite e …illecite, si dice che presti i soldi a
strozzo, ma il punto di partenza della sua fortuna è stata l’acquisizione del palazzo e di una grande tenuta agri-
cola da una famiglia ebrea costretta a disfarsi dei suoi beni e a fuggire dall’Italia negli anni ’40. Ma il conte acquistò regolarmente questi beni o si è approfittrao di quei poveretti ?
Il problema torna prepotentemente alla ribalta perchè nei giorni in cui inizia la nostra serie una serie di lettere
anonime chiedono con toni sempre più minacciosi conto di quella antica vicenda con minacce anche di morte.
Tenuto conto quindi che al conte i nemici non mancano, visto anche le sue dubbie attività, il notaio è preoccupato e decide di rivolgersi al Procuratore Generale della Repubblica.
Ed ecco che vediamo tornare sulla scene fiorentina una vecchia conoscnza, il maresciallo Casati,un ricco passato
investigativo ma poi per sua scelta il trasferimento a Murlo.
Ma i suoi superiori non si sono dimenticati di lui, e così lo chiamano a una indagine che si prospetta tanto difficile quanto delicata, ci si deve muovere in ambienti altolocati, dove spesso l’apparenza conta più della sostanza, e i vecchi rancori non vengono certo sopiti dal tempo.
E per Casati non ci saranno solo le pene legate all’indagine, ma anche quelle dovute al suo fresco innamoramen-
to….
Torna in libreria il maresciallo Giulio Casati, creato da Luigi Bicchi, ormai siamo alla terza avventura con
Il gioco dei nomi. In via preliminare si può osservare che via via che un personaggio entra nell’emisfero dei
lettori questi finiscono per immedesimarsi nel suo modo di agire, di pensare, di muoversi, fino a diventare
progressivamente uno di noi, nel senso che entra nella nostra vita, e il fatto che sia un personaggio di carta
non altera la sostanza delle cose.
Bentornato quindi al maresciallo, che viene ….strappato al suo eremo dorato(vi ha trovato anche l’amore) di
Murlo e deve tornare a Firenze dove un palazzo quattrocentesco di fama un po’ discussa e la stessa città sem-
brano aver bisogno di lui. Strana indagine la sua, intanto si svolge in un quadro atmosferico bollente, con un
maggio ultraestivo, e poi deve confrontarsi con famiglie dove l’unico collante è il denaro. Ma un prepotente
ritorno al passato unito alle tante dicerie sul presente fanno sì che la situazione precipiti.
Luigi Bicchi fotografa la situazione di disagio di questa società senza valori e senza rispetto reciproco. La cappa
di piombo che grava su Firenze, un vero inferno sulla terra, è l’allegoria dell’oppressione morale che incombe
sulla città. Ma se questo insopportabile calore fiacca le energie dei rapinatori, degli scippatori, dei criminali in
genere, le statistiche dicono che i reati sono in diminuzione, nessun rallentamento nei crimini commessi dalle
c.d.persone per bene o del bel mondo, si continuano a violare la morale e l’etica e il bene pubblico.
Casati dovrà quindi per cercare la verità ripercorrere le strade di Firenze, una Firenze non da cartolina, ma
“reale” con i suoi negozi, i suoi artigiani, le loro battute salaci, di contro i nobili con i loro vizi e le le loro virtù
(poche), quindi rispettabili nella facciata, assai meno nella realtà.
La storia spazia nel tempo, rievoca anche il brutto periodo delle persecuzioni razziali, insomma ancora una
volta la chiave del giallo usata per arrivare a ricostruire uno dei periodi più foschi della nostra storia.
Ma in tanto squallore una cosa gentile, l’innamoramento progressivo tra Giulio e Marisa, un fiorellino
in una landa desertica.
Bicchi ha dedicato questa storia a un grande uomo del cinema Akira Kurosawa che con Rashomon gioca
sulla relatività della verità, ce ne può essere una e mille, e questa lezione ha cercato di applicarla anche
a Il gioco dei nomi.
GIUSEPPE PREVITI