“IL CUORE GRANDE DELLE RAGAZZE”DI PUPI AVATI
17 Novembre 2011“PINA”DI WIM WENDERS
2 Dicembre 2011In Centochiodi Olmi parlava della pietà per i poveri,gli umili abbandonati dagli uomini e ancor prima da Dio. Con Il villaggio di cartone Ermanno Olmin ci parla di nomi di cartone,di una società di cartone,di una polizia di cartone e ai poveri cristi non resta che il loro dolore.
Un vecchio parroco(Michael Londsdale) segue con occhio smarrito, tentando qualche debole preghiera,allo smantellamento della sua chiesa, vengono portati via il crocifisso,i quadri,le statute gli arredi sacri, e la chiesa rimane come un guscio vuoto.E quel che colpisce è questo grande vuoto,non tanto perchè la chiesa sia stata
abbandonata, anche perchè questo vuoto il vecchio sacerdote lo unisce a quello che ha nel suo cuore.
La sua vita è stata fatta di preghiera, ha pregato per se stesso e ha fatto pregare gli altri.per una vita ha infuso la fede negli altri, ma ha anche lottato per la propria fede,
il dubbio lo ha sempre attanagliato. E adesso che tutto è precipitato,adesso che i simboli esteriori del culto non ci sono più, adesso che non ci sono più da amministrare i riti della religione,lui si domanda cosa sia rimasto della propria fede.E lui trova la soluzione nel non voler abbandonare la chiesa e la canonica,e in questo crede anche di poter salvare quello che è restato in lui di fede.
Ermanno Olmi chiude la sua storia entro quelle mura al pari del vecchio prete. Il villaggio di cartone è tutto girato in interni, dentro questa grande chiesa,di quel che avviene fuori si ha sentore per le grida, per i suoni delle sirene,per il passaggio degli elicotteri.Una volta che la grossa gru ha rimosso il crocifisso e le porte sono state serrate solo qualche immagine del mondo la intravediamo sullo sfondo da un televisore aperto:i rottami di una barca naufragata, in rumori e le onde del mare.
Sarà nella notte che piano piano emergeranno i superstiti di quella tragedia,gente dalla pelle nera, che occuperanno o meglio troveranno rifugio nella chiesa abbandonata.Mentre si odono fuori le voci concitate dei poliziotti questi poveracci,tutti clandestini,entrano da una porticina nella chiesa.
Con i cartoni di vecchi scatoloni si costruiscono dei rifugi tra le panche,simili a una distesa di tende.La chiesa si rianima,acquista vita,ritrova un senso e diventa simbolo di pietà. Se ne rende conto il vecchio prete, che giace a letto malato dopo aver accolto e benedetto l’asilo di questi esuli, ma non si acquieta,ancora ha i suoi dubbi che manifesta in un accorato colloquio-confessione al dottore che lo viene a trovare(Massimo De Francovich).
Questa gente che ha trovato rifugio nella chiesa non gli da la certezza della fede, il dolore per la mancanza degli strumenti con cui praticare il culto non viene lenita
da questa sua grande bontà e attitudine a spendesi per gli altri.Ad alcuni questo villaggio di cartone ha ricordato un presepe in attesa che rinasca un Cristo,ma resta questa amarezza di fondo perchè non vi è certezza sulla sorte di questi fuggitivi e quindi non vi può essere consolazione.
La situazione poi precipita quando dall’esterno, istigati dal sacrestano(Rutger Hauer)che vorrebbe apparire come difensore dell’ordine ma che il prete chiamerà Caino,
entrano uomini in divisa,armati, spinti da uno zelo sproporzionato alla bontà della causa e decisi a cacciare questi poveracci.Il loro capo(Alessandro Haber)dice che agiscono in nome della legge, ma il vecchio prete li caccia fuori,la sua chiesa deve essere simbolo di fratellanza non di odio.
Quello che è importante è che il sacerdote si oppone a questi tristi esecutori di discutibili leggi non tanto per la veste talare che porta, anche per quella certamente,ma pincipalmente perchè,pur essendo sempre in bilico la sua fede,comprende che il bene si fa indipendentemente dalla fede, c’è una sua frase molto rivelatrice”il bene è più della fede”. E in questo lui trova coraggio e forza per chiedere il perchè di tutto questo male,di tutto questo dolore, e la sua richiesta la fa a Dio e agli uomini.
Olmi sembra aver maggiore fiducia in questa gente che viene dall’Africa, unità da un grande spirito di fratellanza che permette loro di superare tutte queste contrarietà
e vede proprio in questi popoli il superamento dei mali del nostro continente, vede un migliore o forse l’unico futuro nell’Africa.
Un’altra morale del film è nel ricordo che si fa ai cattolici di essere cristiani nel senso pieno della parola.Rimane l’interrogativo se la carità salverà la fede e quale tipo di fede sarà necessario per salvare l’uomo.
Possiamo concludere che questo film è la parabola di un vecchio prete disilluso che sembra sprofondare nel momento in cui la sua chiesa viene vuotata, ma lui si ritroverà come uomo e come prete il giorno che aprirà la sua chiesa “rottamata”a chi ne ha bisogno.
GIUSEPPE PREVITI