“SHERLOCK HOLMES:GIOCO DI OMBRE” DI GUY RITCHIEC
29 Dicembre 2011“IL FIGLIO DI BABBO NATALE”DI SARAH SMITH E BARRY COOK
1 Gennaio 2012Cast:Massimo Girotti,Camillo Mastrocinque,Charles Vanel,Saro Urzì,Jone Salinas,Turi Pandolfini,Umberto Spadaro,Bernardo Indelicato.regia di Pietrto Germi
Nel quadro delle manifestazioni collaterali alla seconda edizione del Festival del Giallo di Pistoia in programma dal 27 al 29 gennaio prossimi e con argomento
“Mafia e terrorismo”breve rassegna cinematografica sull’argomento. Film inaugurale In nome della legge di Pietro Germi.
Siamo nella Sicilia del 1948,un giovane magistrato viene inviato a Capodarso un paesino siciliano.Qui si trova a combattere vaste ingiustizie sociali e questo lo porterà a scontrarsi con il potente barone siciliano Lo Vasto e contro la mafia rappresentata dal massaro Turi Passalacqua e dai suoi uomini.Ben presto si troverà solo contro tutti,omertà e diffidenza lo feriscono profondamente tanto da pensare di dimettersi.In questa lotta impari sono al suo fianco solo il maresciallo dei carabinieri e un giovane amico,Paolino, che pagherà con la vita questo fatto.Ma sarà proprio questo sacrificio a fare tornare sui suoi passi il magistrato,che condurrà sino in fondo la sua battaglia che non soltanto mirerà ad applicare la legge,ma anche a far apprendere i valori della stessa.
Un pretore sceso in Sicilia dal Settentrione(Massimo Girotti)si trova assegnato al paese di Capodarso dove entra in conflitto con un potente latifondista del luogo(Camillo Mastrocinque), sarà dura vincere l’omertà e la paura di quelle genti ma alla fine ce la farà.
Un giovane Pietro Germi ci racconta una Sicilia e una mafia vecchio stampo con ampi riferimenti al cinema di John Ford e ne nasce un film d’azione notevole.
E’tratto dal romanzo Piccola pretura del magistrato Giuseppe Guido Lo Schiavo.Un film che tra l’altro annoverava tra gli sceneggiatori Federico Fellini e Mario Monicelli. Siamo nell’epoca del cinema neo-realista, qui però il film è più ambizioso,certamente pervaso da un tono romantico,ma con ampie anticipazioni sul filone del cinema “civile”degli anni Sessanta.
Molti considerano “In nome della legge”il primo western italiano, a suo tempo riscosse molto successo ,anche di critica, Germi e Urzì conquistarono i nastri d’argento, Germi ebbe altri premi.
IL film fu girato nell’estate del 1948 a Sciacca di cui il regista ritrae una epica e romantica visione. Campagne di ulivi,case basse e bianche, balconi in ferro battuto,smisurate masserie ne costituiscono la cornice. La storia si basa sul personaggio di un magistrato di primo pelo che arriva in Sicilia intenziionato a combattere contro la mafia.Ma il paese,eccetto il giovane Paolino,gli è contro. Sono infatti devoti e succubi del barone Lo Verso, padrone della solfatara che dà lavoro a tutti.E quando il barone chiude la miniera il giudice pensa di andarsene, ma il barbaro omicidio di Paolino gli fa capire che il suo dovere è di restare là.
Un western ambientato in Sicilia,la lotta tra mafiosi e la legge richiama quella tra banditi e sceriffi con una regia avvincente che non cade nel superficiale e nel folcloristico, aiutata anche da grandi attori. Germi, come poi si vedrà nello sviluppo della sua carriera,è un esperto confezionatore di generi di ogni tipo, qui rivisita un genere classico,americano per eccellenza,l’western,attualizzandolo con schemi da cinema d’impegno anticipando i film di denuncia degli anni Sessanta.
Nel contempo si distanzia dal neorealismo tanto di moda in quegli anni. A onor del vero qualche concessione la fa pure Germi quando usa molti attori non professionisti,gente del luogo,ma la regia di Germi è superba,molto rifinita e con visioni raffinate che non sono da cinema neorealista. Da ammirare quegli spazi a perdita d’occhio,quel paesaggio ciottoloso,quasi lunare,che accentua la solitudine del giovane pretore,arrivato al paese armato di orgoglio e di codici legali.Ma la realtà che trova è ben diversa,la legge e l’ordine sono amministrati in maniera tortuosa e nascosta da altri poteri, i deboli sono sottomessi e la legge dello stato trascurata.
Contro i tanti omicidi che affliggono il territorio è stato costituito un singolare patto per ristabilire l’ordine tra il potere mafioso e il barone.
Molti hanno visto in questa pellicola un omaggio a John Ford,si può aggiungere che qui si rinnova la lotta tra un uomo solo e la città, similmente allo sceriffo di Gary Cooper in Mezzogiorno di fuoco o al Giorno maledetto di John Sturges.
Ci sono forse dei cedimenti evitabili come la storia d’amore tra il giudice e la baronessa(Jone Salinas)o il discorso(anche retorico)del magistrato che si rivolge a tutto il paese chiamato in piazza dal suono delle campane.E il fatto che ora tutti lo seguono,compresa la mafia,porta a un finale forse troppo roseo….
GIUSEPPE PREVITI