” MIGALE- Storie di terrore e fantascienza “- di GIACOMO NAPOLI- MARCO DEL BUCCHIA EDITORE
27 Dicembre 2013” VITA DI PI ” DI ANG LEE
31 Dicembre 2013Yi Ch’onjun (1939-2008 ) è uno degli scrittori coreani nati sotto la dominazione del Giappone e che poi successivamente hanno vissuto la guerra che han portato
alla divisione tra nord e sud, delimitata dal 53° parallello. Si era laureato in letteratura tedesca, molti i libri da lui pubblicati. E’ considerato tra gli innovatori della
letteratura coreana ed è stato annoverato tra coloro che hanno dato vita al movimento contrario alla dittatura militare. Le sue opere sono conosciute in vari paesi e
alcune sono state adattate per il cinema.
Con Interno coreano con sequestro Yi Ch’onjun approda al genere giallo. Vi si narra di Puck Nambui, cantante pop di successo, che conduce però una vita assai ri-
tirata. Una sera tornando al suo appartamento in Seul lo trova occupato da uno sconosciuto che si è installato in casa e si considera come il padrone impedendole di
uscire e sequestrandola di fatto. Questa intrusione avrà un impatto paradossale nella vita della donna, soggiogata ma anche attratta dall’uomo e tra i due scatta un
meccanismo di relazioni che cambieranno completamente la loro vita. Si arriverà alla morte dell’uomo, suicidio come dice la donna o omicidio come sembra pensare
il procuratore che conduce l’indagine. Un a storia dove presente e passato, verità e falsità, realtà e immaginazione si susseguono fino a un imprevedibile finale.
Solitudine, sottomissione, memorie da riscattare sono alla base di questo thriller psicologico. Sullo scrittore coreano sembra evidente l’influenza letteraria dell’Occi-
dente, d’altra parte lui per esempio ha conosciuto molto bene gli autori di stampo tedesco.
In questo romanzo ha confezionato una storia claustrofobica assai intensa sotto il profilo psicologico, con un singolare procedimento di avanzamenti e di ritrovamenti
protagonista una cantante. Il refrain della sua canzone fa da colonna sonora a questa storia, e alcune note del ritornello acquistano un singolare significato via via che la
vicenda procede.
Non posso più cantare/per le strade il rumore del vento/ non posso più cantare, me ne vado spegnendo la luce. E proprio mentre sta canticchiando questi versi la
nostra protagonista rientra a casa ma appena chiusa la porta d’ingresso si trova in balia di uno sconosciuto che sembra conoscerla bene e che la terrà segregata. Lei
sembra soggiogata e incapace di reagire, finché non scappa, ma poi decide di tornare a casa, e qui scopre che l’uomo si è suicidato ascoltando la sua canzone.
Scatta allora un meccanismo inesplicabile, la donna ripulisce il cadavere e la stanza, cancellando ogni traccia di quanto avvenuto per poi andare a rifugiarsi in una villet-
ta.
Quando torna a casa la polizia la ferma e il procuratore incaricato delle indagini le chiede di ricostruire il fatto, ma le chiede di raccontarlo usando il tempo presente,
e non filtrandolo secondo quello che le è rimasto nella memoria, questo perché ” il passato della memoria è solo una parte del passato, una semifinzione costruita con
ricorsi più o meno erronei, e non il passato stesso “.
La cantante è afflitta da un processo di identificazione con il suo carceriere. non ne ha più paura e a sua volta si sente attratta dagli episodi della vita di lui. Infatti Ku
Ch’ongrae ( questo il nome dell’uomo )le racconta la storia della sua vita che ha avuto una svolta quando ha incontrato un predicatore e un gruppo di povera gente che
lotta per rifarsi una vita cercando di edificare un villaggio su una terra contesa al mare. E la vanità dello sforzo porterà disperazione e morte. con l’uomo che non accetta
questo e abbandonerà tutti per venire a Seul. Questa sembra la parte più localizzata, più legata al territorio, quella che qualifica come “coreano”il racconto, che altrimen-
ti potrebbe essere ambientato ovunque.
In questo romanzo la miseria, la solitudine, la celebrità, la speranza la fanno via via da padroni, in un gioco di ribaltamento continuo degli animi dei protagonisti.E sullo
sfondo si erge la figura del procuratore O che interrogando la donna monta e smonta e vari rapporti e i vari fatti seminando il dubbio sulla natura stessa dei due protago-
nisti, chi il carnefice, chi la vittima ? E può l’odio trasformarsi in amore ?
Yi Ch’ongjun è considerato tra gli scrittori più innovativi del panorama letterario del suo paese, anche si è formato su testi di scrittura più di tipo coreano che cinese.
Con quest’opera ha scritto un romanzo giallo breve che risale al 198o, un testo che attraverso la ricostruzione di un rapimento dalle modalità anonime prova a evidenziar-
e le contraddizioni di una società dai forti contrasti.
Se all’inizio della storia la introversa Paek viene sopraffatta e dominata dall’uomo che la costringe in casa, successivamente il rapporto si ribalta. I due sembrano essersi
abituati alla convivenza, e allora il sequestratore rivela i suoi scopi e le sue motivazioni, mettendo a nudo il suo animo e svelando cosa è stata fino allora la sua vita. A
questo punto il rapporto tra i due cambia, lei si sente più forte e inappagata da quest’uomo solo apparentemente solido. La donna fugge, ma finisce per rientare, inevita-
bile sindrome tra carceriere e prigioniera ? Ma già l’uomo è pronto al suicidio.
Viene da chiedersi se questo racconto è visto dalla parte della vittima o del carnefice.. Noi ascoltiamo il racconto che la donna fa al procuratore, ma più che i fatti in
sé della forzata convivenza, quel che si ravvisa è la strada sempre più dolorosa e penitenziale percorsa dall’uomo nel mentre racconta alla donna i perché del suo agire.
Ma è anche l’amara constatazione che a un certo destino non si può sfuggire, il che però porta Paek non solo a non temerlo più ma quasi a disprezzarlo.
Una storia di stati d’animo cangianti, di esaltazioni e annullamenti in un torbido rapporto vittima/carnefice, cosa non nuova del resto, il tema è già stato affrontato
sia in letteratura che al cinema. A corredo del tutto non manca una visione del tormentato passato e dei dubbi del presente.
Lo stile di scrittura è volutamente frammentario, con una serie di flash-back della protagonista che deve ricostruire questo periodo della sua vita ma nello stesso tempo
mettendo a nudo le difficoltà del proprio io dilaniato in quella sorta di match a due. E poi quella canzone profetica di una fine che incombe su tutta la società.
C’è anche un sottile quanto stimolante gioco letterario nella schermaglia tra la donne e l’indagatore, cioè quale è il tempo espositivo in cui redigere il resoconto dei fatti,
passato o presente ? La donna è incerta sulla forma da scegliere, non sentendosi appagata da nessuna delle due.
Un racconto quindi veloce, intenso, capace di far riflettere, anche se non si comprende sino in fondo perché la protagonista ceda così facilmente e totalmente al suo
carceriere. All’autore interessa evidentemente segnalare limiti e tormenti di questa società e dei rapporti tra chi ne fa parte, le storie dei singoli sono alla fin fine quasi
un pretesto.
GIUSEPPE PREVITI