” UNA ROSA NERA ” DI SIMONE BENELLI- NUOVE ESPERIENZE
2 Aprile 2013“UNA SCUOLA COME TUTTE LE ALTRE” DI GIANMARCO PERBONI- RIZZOLI
5 Aprile 2013Tra l’estate del 1942 e l’inverno del 1943 si consumò a Stalingrado la battaglia più lunga e più feroce per vittime e distruzioni della seconda guerra mondiale, teatro
ne fu la città di Stalingrado. Il 22 novembre del 1942 fu l’inizio della fine per trecentomila soldati tedeschi, ormai accerchiati senza scampo dalle forze sovietiche.
Ma le maggiori vittime tra i tedeschi le fecero il freddo, la fame. la sete, le tante malattie. La città era ormai ridotta a un cumulo di macerie, l’infezione dilagava, era
assai difficile sopravvivere. Eppure gli uomini della Wermacht resistettero in quelle condizioni fino al febbraio del 1943 quando, in dispregio all’ordine del Fuhrer
di resistere a ogni costo, centoventimila tra ufficiali e soldati si arresero. Certo non è che risolsero i loro problemi, solo seimila rividero la Germania.
La battaglia durò cinque mesi, il numero dei morti e dei feriti superò il milione e mezzo. Gli italiani che parteciparono alla battaglia furono settantasette, ne torna-
rono soltanto due. Certamente l’esito di Stalingrado fu decisivo per gli sviluppi futuri della contesa.
Ben pochi avrebbero pensato in quel lontano 27 settembre 1942 che le sorti di Stalingrado non fossero segnate e che ben presto si sarebbe celebrato il trionfo di Friedrich Paulus, intanto la città era sotto assedio e sotto bombardamento. Però ad un osservatore attento non sfuggiva che, specialmente di notte, dalle cantine, dalle fogne , dai sotterranei spuntavano
soldati sovietici e cittadini armati che in teoria dovevano essersi ritirati dalla città e i suoi dintorni. Nella città del Volga e nelle sue periferie si combatté la battaglia che alla resa
dei conti si rivelò determinante per le sorti della guerra. In Russia Hitler aveva varata l’operazione Barbarossa con 14o divisioni e oltre tre milioni di soldati sul terreno, in
Africa si combatteva invece contro gli inglesi. Operazioni ambiziose per il dispiegamento di forze in campo, operazioni poi naufragate con le conseguenze che possiamo facilmen-
te immaginabili.
A questa fase avvenuta in Russia Alfio Caruso dedica il suo libro La battaglia di Stalingrado, Caruso è un grande giornalista ormai specializzatosi nella storia e sulle vicende
dei soldati italiani e in Russia (compresi i 77 rimasti intrappolati nella città del Volga) e ad El Alamein ha dedicato romanzi e saggi. E’ quindi persona assai competente su
questi fatti.
Questo suo nuovo libro è diviso in due parti, la prima ci parla dell’attacco dei tedeschi con i sovietici che si difendono come possono, anche perché non si possono ritirare
visto le draconiane disposizioni in materia di Stalin. La seconda invece di descrive la disfatta progressiva dell’armata tedesca, Per gli uomini della VI Armata non ci può
essere scampo. Anzitutto i russi sono superiori negli armamenti, tra l’altro hanno un’arma micidiale come il carrarmato T34, poi sono ben equipaggiati e ben coperti, hanno cibo,
armi a profiusione il che non guasta, ma le prime dotazioni nel tremendo inverno russo sono importantissime. I tedeschi invece scarseggiano sempre più di tutte queste cose, Hitler
ha promesso rifornimenti ma non è in grado di mantenere la promessa, poi visto come si stanno mettendo le cose ordina di resistere fino all’ultimo uomo.
Tutto questo inevitabilmente portò a conseguenze disastrose per tutti. Dopo sette mesi Stalingrado è un cumulo di macerie, e di 5oo mila abitanti ne son o sopravvissuti appena
1500. Inoltre sono caduti 500 mila soldati sovietici.. Tra i tedeschi furono contati 25o mila morti, 1o8 mila i soldati tedeschi prigionieri, più della metà dei quali perirono
di fame e di freddo.
Una tappa tutto sommato minore nell’avanzata germanica verso il Caucaso e il suo petrolio si rivela invece come l’icerberg per il Titanic, fatale ! Certamente fu la battaglia delle
battaglie tra il nazismo e il comunismo sovietico. Nelle idee di Hitler l’operazione Barbarossa era una ulteriore sublimizzazione del suo pensiero, e la sorte dei prigionieri
di razza slava lo dimostra, ne perirono ad esempio molti più che dei prigionieri inglesi e americani. E Alfio Caruso questo ce lo descrive attingendo a fonti documentarie
dell’una e dell’altra parte, diari di guerra, resoconti giornalistici, ricordi dei superstiti. Ma altrettanto decisiva fu la mobilitazione che Stalin fece del suo popolo che si ribellò
in massa all’invasore e lo combatté con estrema ferocia. Una ferocia dapprima ideologica tra le due parti, e poi portata alle estreme conseguenze sui campi di battaglia.
La battaglia di Stalingrado è un romanzo completo, perché appunto ci presenta non solo le molle teoriche e propagandistiche che fanno da contraltare alla storia ma
anche tutto quanto riguarda l’andamento della battaglia, gli assalti, gli agguati, i ruoli degli ufficiali e dei soldati sul campo, le varie decisioni e soluzioni adottate, anche la
tenuta morale dei soldati e dei loro comandanti. Paulus era succube di Hitler, Goring farneticava sui cedimenti dei russi, mentre stava avvenendo il contrario. I quali russi
si trovarono nettamente in difficoltà e impreparati all’inizio dell’assedio, ma l’abilità dei vari Zukov, Krusciov, Eremenko, uniti al senso di riscossa cui Stalin ha chiamato il
Paese faranno il resto.
GIUSEPPE PREVITI