“LA MANUTENZIONE DELLA MORTE” (I misteri di Mirafiori)-DI MASSIMO TALLONE-FRATELLI FRILLI EDITORE
10 Febbraio 2012“LA SCONOSCIUTA DEL LAGO” DI NICOLA VERDE- HOBBY & WORK
15 Febbraio 2012“Rieccoli” diciamo in Toscana:Massimo il barrista vorrebbe goderrsi la nuova casa e il bar tutto rinnovato ma non ha fatto i conti con i vercchietti del Bar della Pineta:nonno Ampelio,il Rimediotti,il Del Tacca e Aldo,il ristoratore.Massimo ha intuito il pericolo”Non è che
tutti gli anni possono ammazzare qualcuno per farvi passare il tempo”,ma ecco che il caso si presenta bello e servito.Una vendita sottozero di una villa lussuosa scatena i nostri anziani che sospettano che il vecchio proprietario sia stato fatto fuori e non sia deceduto per morte naturale.Iniziato il discorso quasi per gioco,più per dire maldicenze che per altro0, Massimo piano pianoi,durantre un noioso ricovero in ospedale ricostruisce i fatti e le varie informazioni e arriva grazie al proprio intuito investigativo a capire cosa è veramente successo e a smascherare il colpevole di una morte procurata.
Una storia creata secondo i canoni del “giallo”sicuramente più delle precedenti opere del Malvaldi, che con “La carta più alta“ci fornisce un ottimo esempio di “giallo deduttivo”.
Di fronte a un intreccio più articolato e complesso forse i simpoatici vecchietti restano un pò nell’ombra, mentre acquistano maggiore spazio
Massimo e altri personaggi come il nuovo arrivo ,dottor Berton, il commissario Fusco o la splendida Tiziana.
Forse è l’assaunto stesso della vicenda che ha portato Malvaldi a una scelta:come dice Massimo ai vecchietti non è possibile che in nun paesino possa accadere un delittto all’anno, e quindi l’autore è bravo nell’immaginare una trama legasta a un delitto del passato.
Il merito della scrittura è certo nella scrittura,scorrevole,leggera,ironica, ma va detto che non si limita ad essere solo spassosa.
Con il quarto noir basato sul “toscanaccio”da bar si ha una storia che subito prende il lettore,tra un torneo di briscola,una villetta rovinata da una coinquilina che sarebbe più adatta a tenere aperta una friggitoria,un caso che non sembra tale ma che invece lo diventerà per merito dei
nostri vecchietti.Un intreccio in cui non manca nulla,parenti terribili,letture altisonanti per il povero Massimo ricoverato in ospedale.Possiamo considerare il tutto una commedias alla toscana, o meglio all’italiana, ar5icchito da un elemento portante,il giallo!
Merito di Malvaldi è di aver creato(o ricreato)un’atmosfera che,a parte questo clima da Amici miei,fa ritrovare gusto e piacere a tutti gli amanti di uno dei pilastri della storia del giallo, il “giallo deduttivo”in cui si privilegia il ragionamento e l’intuizione.Del resto a pensarci bene Malvaldi aveva già iniziato questo cammino di rivalutazione del “giallo classico” co0n “Odore di chiuso”.E tutto sommato a questa vena riconosciuta
di scrittore comico0 si può aggiungere sempre più l’indicazione di un Malvaldi sempre più bravo giallista.Tra tante dotte citazioni e dialoghi brucianti o situazioni comiche che ti fanno ridere l’autore non fa mai venire meno il senso di suspense e di mistero e la voglia di andare avanti nella lettura e scoprire il colpevole.
Se Malvaldi forse era partito con l’idea di scrivere gialletti storici ora si è affermato come autore di best-seller, Camilleri con il siciliano stretto,lui con il toscano sono in testa a tutte le classifiche e un motivo ci sarà.
Nei libri di Malvaldi abbondano le citazioni,nella nostra storia si citano Kafka,Lucrezio e l’Ecclesiaste ma non per sfoggio di erudizione, ma per aiutare il nostro detective a risolvere il caso.Ci sembra azzeccata una definizione data di Malvaldi ” scrittore a modo suo “anglobecero“, anglo perché si ispira al giallo tradizionale,becero perchè ricorre asll’umorismo toscano più popolare, magari un pò triviale,ma quando ci vuole ci vuole….
La nobile arte della risata non si misura certo sugli odierni cinepanettoni, ma sulle battute dei nostri comici e dei nostri registi,da Totò a Sordi alla Vitti a Tognazzi,da Monicelli a Risi,da Germi a Comencini.Maslvaldi ha creato dei personaggi reali9,genuini,vivi,non delle maschere,mas dei personaggi che rispecchiano i caratteri della commedia all’italiana,ricchi di toni umoristici e di tanto spirito.E d’altra parter alla fortuna di
questi libri seriali concorre anche l’ambientazione,il bar ove i nostri stagionati detective si incontrano, il, bar come luogo deputato per eccellenza a trovarsi,a incontrarsi.
Dopo l’esplorazione artuisiana il chimico-scrittore tornas con i suoi “nonni del giallo” con un romanzo che è il p’iù divertente della serie,giungendo a superare quel senso di routine che aleggiava negli ultimi.
In “La carta più alta”la parte del leone è lasciata a Massimo,nei panni di un investigatore che merita di essere studiato.Un Massimo lettore di libri classici da cui sempre si ha qualcosa da apprendere e questa è già una prima lezione. Si sente che Malvaldi è lui il primo che si diverte a scrivere
ma non trascura di lanciare dei messaggi se ci si passa il termine.Massimo è un personaggio complesso,è uno che sa tante cose,questo vuol dire saper ragionare.E per un investigatore,professionista o dilettante che sia,è una dote essenziale.Lui possiede una buona cultura generale che gli permette di affrontare qualsiasi argomento,nel caso nostro la chimica,la medicina.
Malvaldi viene dalla chimica,ora essenzialmente è uno scrittore,Massimo è un laureato che apre un bar, sostanzialmente è un poliziotto,forse il nostro autore si sente attratto dal fare o dal far fare cose che vanno al di là della sua preparazione generale.
In questa vicenda se è pur vero c he il nome dell’assassino alla fine è un dettaglio,c’è pderò la voglia di presentare un enigma assai intricato e di arrivare poi a risolverlo come è nella ricetta-base di un buon giallo dove investigastore e lettore sono posti sullo stesso piano quanto a conoscenza di indizi.
Importante per Malvaldi è arrivare a sapere cosa e come è successo,a determinare quale è il movente del delitto e questo per lui conta più che individuare il colpevole.
Un’altra particolarità di questo autore, e La carta in più non fa eccezione, è che traspare spesso la voce-commento dell’autore in un romanzo scritto rigorosamente in terza persona.
GIUSEPPE PREVITI