” CRISTIANI DI ALLAH ” DI MASSIMO CARLOTTO- edizioni e/o
3 Giugno 2018” IL COMPIMENTO E’ LA PIOGGIA” di GIORGIA LEPORE – EDIZIONI e/oB
5 Giugno 2018Tra i colli fiorentini sorge la clinica “Riposo&Pace” in un luogo bellissimo,prati curatissimi, uccellini che cinguettano, edifici ben tenuti,
stanze luminose, personale compitissimo. In fondo al parco c’è però un padiglione dove l’atmosfera cambia radicalmente, una vera e
propria stazione verso l’al di là.
E’ qui che gli amatissimi nipoti portano con la forza e con l’inganno Alfio Pallini, un vecchio signore ben in carne, tutt’altro che disposto
a farsi ricoverare, e che del resto capisce subito dove è capitato. Pazienti sedati continuamente, infermieri dispotici e senza scrupoli, sbarre e legacci ai letti. Oltre tutto Pallini vede cambiare in continuazione i compagni di stanza con i parenti che vengono subito dopo a
vuotare gli armadietti.
Alfio è un osso duro e subito progetta di fuggire, intanto si arrangia come può. Butta via i farmaci, rifiuta il cibo, cerca di carpire notizie
dai discorsi dei medici e degli infermieri, gira di notte per la clinica per studiarne dislocazione e pericoli. Tenta di mettersi in contatto
con l’antico badante, l’unico di cui si fida. Cerca di corrompere qualcuno dei lavoranti esterni della clinica perché lo portino via. Natural-
mente diventa un individuo da controllare a vista, ma quando medici e infermieri decidono di eliminarlo alla svelta si arriverà a un rocam-
bolesco finale ricco di sorprese….
Recami sbeffeggia il trattamento sanitario nazionale o ,meglio, il mondo dorato delle cliniche, inventandosi(ma sarà solo invenzione?)
un centro medico modello dove si pratica la “morte dolce”, eliminando anziani per lo più facoltosi, ….liberando i parenti dalla seccatura
degli anziani. Insomma, il ritratto di una società quanto mai impietoso.
Un altro esempio di una forma di scrittura potremmo dire anche noir in cui l’intento è di “fare ridere piangendo”. La clinica “Riposo&Pace”, commedia nera n°2 è dovuta a uno scrittore sempre divertente quanto acuto, Francesco Recami, che, lasciati i casi
dei condomini della Casa di ringhiera di Milano si occupa ora di vicende da incubi (espressi in forma quasi favolistica). Si tratta di
storie noir che prendono di mira situazioni limite( ma non troppo…) su problemi di stretta attualità quali la sanità, il trattamento
degli anziani, a partire dai parenti che non vedono l’ora di sbarazzarsene. E leggendo le prime pagine si entra subito in questa atmosfera
bucolica e piacevole della campagna toscana, cosa di meglio che ricoverare un malato in una villa bellissima e organizzatissima, sparsa
nel verde. Qui i cari vecchietti sono accolti con tutti i riguardi,oltre tutto si pagano rette da capogiro. Insomma una soluzione ideale per
chi se la può permettere, un’atmosfera ravvivata dai dialoghi tra medici, geriatri, infermieri parenti.
Tutto perfetto, direte ? Ma andando più a fondo alle cose ci si rende conto che le cose vanno ben differentemente, nessun rispetto per i
ricoverati, tutto un “mercato” che specula sulla salute e sui farmaci e se ne frega degli affetti, Ecco quindi una “clinica degli orrori”( e del
resto quante se ne legge sui giornali !), Non ci sono più affetti, i parenti vogliono liberarsi degli anziani, ed ecco la clinica compiacente di>
gente trattata come numeri e su cui si specula senza pietà.
La serie di cui fa parte questa storia si chiama Commedia nera, perché appunto questi racconti hanno forma di teatro,una drammaturgia
sviluppata con ironia, ma che del teatro ha appunto l’unità di luogo. Una stanza è infatti sempre al centro di ognuna delle 36 scene in cui
si sviluppa il testi, e abbiamo, come da programma,pardon, indice, 4 atti, suddivisi in esposizione, complicazione, peripezie e climax,
catastrofe.
Al centro di tutto il pensionato Alfio Pallini, un omone di circa 80 anni, che capisce subito dove è capitato e che si batterà come un leone
per fuggire. Intorno a lui tanti personaggi, un fiorire di dialoghi, con ricorso al gergo tipico degli ospedali, ai discorsi tra colleghi da cui
si evince l’uso più o meno appropriato delle medicine.
Incontriamo tipi spassosi, Alfio non fa in tempo a ambientarsi che gli cambiano subito il collega di stanza, ma come non ricordarsi di Ugo
il sessuomane o di Ettore che canta in continuazione Un ragazzo di strada. E forse questa terapia musicale potrebbe essere il toccasana
ideale più dei micidiali cocktail di medicine.
Per chi ha letto Commedia nera n.1 questo secondo appuntamento conferma la volontà di scrivere questi racconti sulla difficoltà delle relazioni umane. Il tutto scritto con mano abile che pigia anche sui pedali della comicità e della caricatura per mettere in evidenza quel
che di riprovevole e disgustoso c’è nei rapporti umani e sociali.
L’autore stempera la drammaticità dei fatti ricorrendo anche alla chiave umoristica, comunque questi sono libri di denuncia, però scritti
con mano scorrevole,ricchi di un dialogo in forma teatrale, mai appesantito nei toni, il tutto per evidenziare quanto di drammatico e aso-
ciale esiste in certe situazioni. Il lettore si trova di fronte a momenti che richiamano il teatro dell’assurdo per come ci sono presentati,ma che alla fine ottengono lo scopo prefisso di sensibilizzare sui problemi trattati.
Un viaggio grottesco e estemporaneo dentro le viscere del malcontento e dentro le miserie dell’umanità. Protagonista questo Alfio che si
trova sbattuto dai nipoti in questa ” casa di riposo per anziani non autosufficienti”.
E infatti per lui la diagnosi medica è puntuale, lo indica come un relitto umano, ma lui è tutt’altro che ….bollito, sospetta di tutti e di tutto,
non vuole assolutamente farsi ammazzare. Quel che colpisce è l’aridità mentale e professionale del personale medico e paramedico, con una insensibilità estrema verso il paziente, che per questi signori non è più una persona.
Il tutto viene raccontato con umorismo “nero” ma anche con una forte espressività che tocca i sentimenti, e dato che si parla di commedia
nera viene spontaneo il legame con il teatro dell’assurdo, ma anche con quello di un altro grande autore, Luigi Pirandello, che sulla pazzia
ha prodotto autentici capolavori.
E del resto il finale di questa storia ha molti contatti con la follia, volendo quasi rammentarci che solo con gli occhi della pazzia si possono
interpretare certi comportamenti umani, indecifrabili all’occhio di una persona normale. Un certo Enrico IV di pirandelliana memoria
non vi dice niente ?
GIUSEPPE PREVITI