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9 Marzo 2015La firma del puparo è un romanzo che mischia passato e presente, un passato che riemerge prepotentemente quando Nino Calabrò, amico d’infanzia del tenente
Rocco Liguori e da questi arrestato per traffico di droga, decide di diventare un collaboratore di giustizia. Ma per il suo pentimento pone due condizioni: che la sua
famiglia sia protetta e che di loro si occupi Rocco Liguori. Dalle dichiarazioni di Calabrò verrà fuori la verità sulla scomparsa di un giornalista palermitano, ma in-
tanto il clima si fa molto arroventato, il tempo sembra volare e la notizia del pentimento scatena una guerra di mafia, e si scatena la caccia alla famiglia del pentito.
Il puparo è colui che muove le fila di tutto lo spettacolo senza mai farsi vedere. I pupi occupano la scena, e lui non visto tesse le trame e muove i fili che animano i
personaggi.
Un romanzo aspro, che non concede sconti, i fatti vengono raccontati con crudezza, si ricorre a molte allusioni e similitudini, ad esempio colpisce il capitolo iniziale
dove un sicario deve uccidere uno che ha sgarrato e che viene quindi attirato in una trappola che si chiude sempre più inesorabile intorno a lui che si batterà dispe-
ratamente ma per lui non esisterà via di scampo. Ma per farci comprendere meglio i rituali che governano la mafia Riccardi ricorre alla similitudine con la mattanza
dei tonni. Anche questo è un rituale , si ignora a quando risalga ma è certo antichissima come del resto gli usi della mafia. Anche nella mattanza dei tonni c’è un capo che organizza e dirige l’operazione,dispone le barche perché cadano in trappola e finiscano nella camera della morte da cui non potranno più uscire. E come i
loro resti finivano in mare, così lo stesso mare avrebbe assorbito anche quel che restava della vittima mafiosa.
Detto delle similutidini torniamo al racconto del libro.Nino Calabrò è stato l’amico d’infanzia di Rocco, anche se le loro origini erano completamente diverse, Rocco
era il figlio del maresciallo dei carabinieri, l’altro era un ragazzino di strada, eppure sono stati molto uniti, compagni di gioco e di vita in quel piccolo paesino dell’A-
spromonte.
I tempi sono passati, ognuno ha preso la sua strada, ma adesso dopo che gli è nato il terzo figlio, un maschietto, Nino Calabrò ha deciso di collaborare con i magistrati.
Rocco Liguori torna così a Palermo, si sta indagando sulla fine di un cronista, probabilmete fatto sparire dalla mafia. A Palermo il tenente Liguori ritrova anche la
dottoressa Vera Leonanrdi, ora capo della Mobile. con cui aveva condiviso l’indagine sui narcos e con la quale c’era stato forse il possibile inizio di una storia d’amore
ma senza alcun sviluppo.
Con la supervisione di una coppia di magistrati, il procuratore distrettuale dottor Cordero e l’uditrice giudiziaria Francesca Mucci, Liguori dovrà rituffarsi in queste
guerre di mafia e scoprire anche i messaggi del boss che dietro le quinte manovra tutto. In Undercover il giovane tenebte aveva provato il rischio e il disagio delle
operazioni sotto copertura, in Vanga la fine aveva sperimentato le durezze e gli intrighi delle trame di carattere internazionale. In La firma del puparo ci si occupa
della gestione dei pentiti, delle difficoltà a dover provvedere al controllo di una famiglia in un’epoca in cui facebook e network portano la comunicazione a livelli non
solo impensabili ma anche difficilmente controllabili.
Riccardi ci racconta una storia dove c’è molta azione, Liguori passerà dai misteri di villaggi della Calabria chiusi in se stessi a New York dove lo porta una intuizio-
ne sulle mosse del puparo e ancora alla località segreta…ma non troppo dove la famiglia del pentito dovrebbe essere al sicuro. Rocco segue una sua pista, prospet-
tatasi mentre sta ascoltando un suo collega dell’FBI, quella del ” puparo”, l’uomo che ha sempre guidato gli affari di Cosa Nostra, tenendo testa ai boss, ai politici,
ai ministri. Era lui l’uomo che custoidiva i segreti più scottanti della nostra era, è stato sempre lui a trattare con il Potere, organizzando il banditismo, sopprimendo
i testimoni scomodi, seminando il secolo di cadaveri eccellenti.
La mafia ha ormai assunto una dimensione di carattere universale, la globalizzazione ha incrementato contatti e prospettive, ormai ci si muove su dimensioni sempre
più ampie. Eppure Liguori capisce che iul cervello è lì, è questo mafioso che si è sempre mosso dietro le quinte, senza mai lasciare tracce, un uomo che ama definirsi
lo ” sbozzatore di vari scultori”, ma uno sbozzatore ” ignoto”. E dirà infatti al tenente ” Non troverà mai la mia firma da nessuna parte”.
Il racconto di Riccardi alterna pagine d’azione, quelle dove si da la caccia ai mafuosi, a altre dove spicca il lato umano, con i suoi dubbi e le sue speranze, del tenente
Riccardi. Rocco non è contento, sente che potrebbe fare anche di più per Nino ma non vuole restare ancora più ferito e deluso per cui nei loro colloqui si mantiene
freddo, contiene gli slanci, anche se per la sua famiglia farà di tutto perché non cadano nella vendetta della mafia. Non riesce neppure a aprire i propri sentimenti
verso Vera da cui si sente sempre più attratto, ma questa loro vita di imprevisti e di pericoli finisce per gelare ogni slancio. Ma Liguori è un tipo serio e determinato
e così non si tira mai indietro cercando di assolvere a tutti i suoi compiti e di rispondere anche agli interrogativi che via via si pongono. Ma l’interrogativo base
che poi lo ritroviamo nel titolo, è scoprire chi è il puparo. E resta un’altra domanda a cui rispondere: è peggiore colui che preme il grilletto o colui che gli ordina di
sparare ?
Questo terzo romanzo riserva una maggiore attenzione, fornendo ampi dettagli sulla famiglia del carabiniere e sulla personalità di Liguori. E non mncano riferimen-
ti e paralleli sulla ritualità della mafia, si parli di tonni o di uomini, Riccardi fa spesso riferimento a un autore che lui considera il suo maggior referente, cioè Leonardo
Sciascia e in particolare il suo libro IL giorno della civetta, autore e libro che tanta influenza hanno avuto anche sulle scelte di vita dell’autore. Il quale autore può
anche ricorrere nelle storie che inventa alle esperienze della sua vita professionale. Lui ha vissuto 6 anni a Palermo, anni di guerre di mafia, di stragi, di chiacchie-
rati rapporti con la politica, di cadaveri eccellenti.
E importanti, come lo sono nella vita, sono anche nella vicenda palermitana di Rocco Liguori, le figure dei padri, l’influenza che hanno avuto sui figli, non per
nulla c’è chi diviene carabiniere e chi diventa mafioso….
GIUSEPPE PREVITI