LUOGHI DI MAIGRET:PARIGI N°1
6 Gennaio 2011A QUALCUNO PIACE IL GIALLO……….
27 Gennaio 2011Mentre leggiamo un libro possiamo chiederci chi racconta la storia, ovvio rispondere l’autore, ma riflettendoci sopra
un’altra risposta potrebbe essere il protagonista, un’altra ancora uno dei personaggi , una terza una voce esterna che racconta o commenta i fatti.Se chi racconta è il protagonista della vicenda lo fa in prima persona singolare e si può
parlare di” narratore interno”. Se chi narra è una voce sconosciuta che non ha partecipato ai fatti e descrive dal di fuori
pensieri, parole e avvenimenti, e quindi non è nella storia, allora usa la terza persona e si può definire “narratore esterno”.
Il narratore racconta sempre la vicenda secondo una data prospettiva, la sua o di un dato personaggio, questo è il c.d.”punto di vista”(o focalizzazione).
Il narratore sa tutto sulle vicende del racconto, i luoghi,i tempi, i pensieri, la storia di tutti i personaggi.Ha una visione
completa di tutto e ne sa più degli stessi personaggi e dei loro eventi che possono accadere contemporaneamente
in più luoghi.Si può ricorrere a flashback, interventi diretti della voce narrante che può meglio chiarire i fatti o addirittura
anticiparli. Uno sguardo senza limiti, ecco perchè si parla di “focalizzazione zero”.
Se la presentazione dei fatti è svolta secondo un particolare punto di vista, di chi agisce o è presente all’azione, abbiamo un narratore interno, sovente un personaggio, la cui prospettiva è ristretta o parziale.Potrebbe anche essere un narratoreesterno che racconta la storia secondo l’ottica di un personaggio, una voce che racconta in terza persona, ma che riporta ciò che vede, fa e pensa un personaggio. In questo caso si parla di “focalizzazione interna”.
Il narratore può essere esterno alla storia o anche uno spettatore della stessa.Non esprime giudizi o commenti,sembra
sapere meno cose dei personaggi. E’una tecnica usata dai romanzieri veristi,che vogliono riportare i fatti in modo neutro ed obbiettivo. E la troviamo anche nei romanzi polizieschi, serve ad accrescere la suspense. In questo caso si parla di “focalizzazione esterna”.Ma può variare anche l’ottica con cui si osservano le varie vicende e quindi anche le focalizzazioni si possono intersecare.
In tutto questo abbiamo per adesso trascurato un altro elemento essenziale, il “lettore”. Questi esercita una sua funzione, non è passivo quando legge, ha una sua capacità immaginativa, si stabilisce una sorta di “patto narrativo” tra chi scrive e chi legge.L’autore svolge la trama, le da un’apparenza di verosimiglianza,la fa vedere con i suoi occhi. Il lettore si abbandona alla narrazione, vede le cose come gli vengono narrate, le accetta pur sapendo che non è la realtà. Ma il lettore ha la facoltà, direi anche il diritto di entrare nella storia,negli ambienti e nell’animo dei personaggi secondo la propria sensibilità, ed amerà maggiormente personaggi, fatti ed emozioni a lui più congeniali, in poche parole ogni lettore vivrà il racconto in maniera personalissima.
Vogliamo fare alcuni esempi.Nel 1961 Leonardo Sciascia pubblicò “Il giorno della civetta”, un romanzo dove confluiscono tre grandi passioni dell’autore: l’impegno civile contro la mafia, la voglia di scrivere un giallo, la possib ilità di raggiungere un grosso pubblico.Viene assassinato il proprietario di una piccola cooperativa edilizia, conduce le indagini un giovane capitano dei carabinieri, un settentrionale comandato in Sicilia.Vengono poi uccisi un contadino e un informatore dei carabinieri. Grazie al poco detto dalla vedova della prima vittima il capitano individua l’omicida, un pregiudicato, mandanti due capimafia perchè aveva rifiutato di pagare il pizzo. Dagli interrogatori dei tre emerge un caso di vaste proporzioni, opera di una grossa organizzazione mafiosa, e il capitano non può fronteggiare da solo un caso di tale proporzioni….Ma improvvisamente il capitano viene trasferito al Nord,l’inchiesta si sfalda, verrà incriminata la vedova con il suo amante,il tutto viene ridotto a un banale fatto di corna. In questo romanzo il narratore è lo stesso autore, e se vogliamo classificarlo , parleremmo di un narratore esterno, in quanto descrive de rappresenta situazioni alle quali non ha partecipato, utilizzando la terza persona singolare.Quanto al punto di vista si oscilla tra la focalizza-
zione zero e quella esterna. Il narratore conosce i diversi punti di vista dei vari personaggi, però non anticipa il futuro nè esprime riflessioni. Si può aggiungere che viene usato il discorso diretto quando il narratore riferisce le parole tra virgolette. Si ricorre anche, ma in misura molto minore, alla forma indiretta.
Parliamo adesso di un idolo dei giallisti, Sherlock Holmes. E’notorio che il suo creatore, Sir Arthur Conan Doyle, ad
un certo divenne geloso e insofferente per il successo del suo protagonista e dopo sei anni di indefessa attività lo fece morire(1893). Ma le proteste e le richieste furono tali che dovette riportarlo in vita(1901) e poi sfornè tante nuove avventure.Ma si è verificato che il personaggio è andato molto al di là del suo autore, ancora oggi cinema,televisione e tanti…apocrifi contribuiscono a tenerlo in vita. Ad un’analisi del fenomeno si nota uno scarso interesse per l’autore,
mentre assurgono sempre più importanza personaggio e lettore.Si è già parlato del “patto narrativo”, qui il lettore va oltre il rapporto con il creatore, il suo legame è con il personaggio-protagonista.Uno scrittore dà la sua opera e da
questo momento è il lettore che gli dà vita con la sua immaginazione e nel contempo conferisce una sua autonomia all’opera letteraria. E quindi si è andati oltre la volontà di Doyle. Un’altra caratteristica di questi romanzi è che lo
scrittore affida il ruolo di narrante(quindi esterno)al dottor Watson. Si può certo disquisire sul suo ruolo, lui è la”spalla”.
Nel teatro comico la troviamo spesso, in letteratura ricordiamo la coppia Don Chisciotte/Sancho Panza. Watson assume la caratteristica di interprete-lettore, con Sherlock-Holmes quasi lettore di se stesso, in un gioco continuo di
rimandi e di riflessi, di confusione tra reale e immaginario.E se il personaggio può essere il lettore, anche i lettori possono divenire dei personaggi fittizi di quella storia creata per noi.Holmes può sentirsi ben vivo, va oltre il suo autore, chi è nato “personaggio vivo”non muore più, a differenza di chi gli ha dato vita, e resterà indelebile nel tempo.
Un’altra questione che possiamo porci è se il narratore o l’autore sono la stessa persona. Diciamo che l’autore è semplicemente colui che scrive il testo,non sempre si identifica con il narratore.Se scriviamo un saggio esponiamo le nostre idee, ma se scriviamo un’opera di fantasia le due voci possono divergere. Il narratore è un personaggio(anche
invisibile)è a sua volta una creazione, non è detto che si muova in modo coerente con l’autore,il solo che può decidere quale ruolo assegnargli. Se la voce narrante deve impersonare un individuo sadico,violento,amorale tanto maggiore è l’abilità dell’autore nel dargli voce e vita, tanto più credibile è il personaggio.Compitodel narrante è di offrire il suo
punto di vista sullo svolgimento della trama, ma con la forza e l’autonomia che sa dargli il suo creatore:pensate a chi non sa raccontare le barzellette e viceversa a chi le sa raccontare.
Abbiamo già detto che si può narrare in prima persona singolare o in terza persona singolare. Ma non mancano
esperimenti in “seconda singolare”. Vogliamo citare un’antologia “Orrori ed incubi” dove Ramsey Campbll in “Verso casa”usa questa forma.Idueprotagonisti parlano tra loro, ma il terzo personaggio che loro ritengono di avere ucciso
invece si è ripreso e mentre si avvicina parla in seconda persona(Senti parlare….Ti sforzi….Ti fermi…). Quale può essere lo scopo di una voce narrante in seconda persona singolare?Vi fa “partecipare” alla storia che state leggendo.
Se si usa la “prima persona singolare”risulta chiara l’immediatezza che una simile voce narrante permette di ottenere
e la storia si dipana sempre come prospettiva di quello che il narratore vede, godendo della capacità di identificazione
tra autore e narratore. Il rischio che si corre è l’autocompiacimento, la scrittura deve essere pura,essenziale,altrimenti
il lettore fatica ad immedisimarsi e corre il rischio di annoiarsi.Questo è tipico della narrativa, nel campo del giallo
la prima persona riesce a farci vedere ‘irrealtà come una cosa reale.Se esiste una voce narrante in prima persona che racconta una storia a una terza persona,una storia accaduta a qualcun altro, allora il protagonista della storia diventa quasi una comparsa nel momento creato dalla sensibilità della voce narrante, e il testo ne guadagnerà quanto più grande sarà la diversità tra protagonista e voce narrante. E’ una tecnica che tiene alta la tensione, il lettore lo sa benissimo che della storia non potrà sapere nulla di più di quel che sa la voce narrante.
Possiamo fare alcuni esempi di queste tecniche di scrittura.Lo scrivere in prima persona è il modo più naturale di raccontare una storia.Il limite è la c.d..”prigionia”, perchè quando il narratore non presenzia ai fatti questi sono riferiti di seconda mano ed il racconto non se ne avvantaggia.Però alcuni scrittori, anche celebri, tra gli altri Chandler,la
Christie se ne sono avvantaggiati, l’uso del narratore esterno può accresscere il dramma e la immaginazione del lettore.
Charles Dickens ha usato il “narratore onniscente”, una voce oggi da rifiutare e rifiutata perchè troppo supponente,
troppo descrittivo, toglie ogni mistero a chi legge, non corrisponde alle regole della “buona scrittura”.
Il ricorso alla “terza persona oggettiva”non fa entrare lo spettatore nela testa dei personaggi e finisce per privilegiare
un meccanismo per immagini.Dashel Hammet con “IL Falcone Maltese”raggiunge un ottimo risultato attraverso un punto di vista completamente esterno al protagonista Sam Spade e il lettore potè indovinare le motivazione dell’agire
di Spade e le caretteristiche del personaggio con il prosieguio della storia. Questo metodo(a cui è ricorso anche Ernst
Hemingway)funzionò però solo nel Falcone maltese.
Se si adopra la terza persona singolare questa ci fa entrare nei pensieri e nei propositi del protagonista,pur mantenendo una certa distanza.Permette il pieno utilizzo della comune conoscenza del mondo, offre al protagonista la possibilità di dare il suo giudizio senza fare passare ciò per una forzatura.Jack London ha usato tale metodo.
C’è il “racconto multiplo”, una storia raccontata da diversi personaggi, è molto frequente nella scrittura moderna e
preserva il mistero attraverso la visione,sia pur limitata,del narratore del momento. Vedi Thomas Harris ne “Il silenzio degli innocenti” oppure il “Dottor Jeckill e Mr:Hyde”.
Terminiamo con una interessante annotazione di Carlo Lucarelli, che invita ad essere credibili quando si scrive. Fa l’esempio di quando si deve scrivere di un poliziotto.Si può pensare a cosa fa il poliziotto in quanto tale, ma io scrittore non porto la pistola, allora è meglio chiedere al poliziotto come si porta, e se ho da dire di una poliziotta? Sembrano tutte Rambo con stivali,jeans,giubbotti poco femminili, già ma come farebbe a portare la pistola con un vestito normale? Se si scrive di dolorimestruali è chiaro che lo scrittore uomo si deve informare sui sintomi. Se io,maschio,scrivo di una protagonista donna, dovrò farlo in terza persona, ma prima ne studierò i comportamenti standole vicina,osservandola, sì da poter descrivere gesti e modi di fare.
GIUSEPPE PREVITI