” COSI’ E’ ( SE VI PARE ) DI LUIGI PIRANDELLO – REGIA DI MICHELE PLACIDO
16 Dicembre 2012“WORDSTAR(S)” DI VITALIANO TREVISAN- REGIA DI GIUSEPPE MARINI
27 Gennaio 2013Cast: Luca De Filippo, Massimo De Matteo, Nicola di Pinto, Carolina Rosi, Giovanni Allocca, Gianni Cannavacciuolo e con Carmen Annibale Alessandra D’Ambrosio, Antonio D’Avino,
Paola Fulciniti, Lydia Giordano, Daniele Marino, Giulia Pica.
La commedia inizia con l’ingresso del custode del teatro che accende le luci sulla scena dipinta, con palme finte, colori sgargianti, decori scintillanti, questo si vede subito è “teatro”.
Vuole rappresentare una località di villeggiatura sul mare e ci presenta vari villeggianti nel giardino di un grande albergo. Tra essi Marta. moglie infedele dell’asfissiante Calogero Spelta. E la donna per poter fuggire con il suo amante ricorre ai servigi di un’illusionista , il professor Otto Marvuglia, che si esibirà nell’albergo con tanti di assistenti e di compari compiacenti.
Con un trucco dozzinale il mago li fa sparire anche se poi questa assenza da poche ore si trasformerà in anni…
Ma il marito va oltre la beffa, rifiuta la realtà e si rifugia in quella sorta di “gioco-sogno” che Marviglia gli offre di vivere, all’inizio per pietà, poi per interesse. Nel sogno Marta è rinchiusa in una scatola che solo lui, Calogero, può aprire, ma lui si guarderà bene dal farlo, l’immaginazione preferita alla realtà. E anche quando dopo quattro anni Marta ricomparirà a Calogero lui non la riconoscerà o non vorrà riconoscerla, ormai entrato in questa vita virtuale.
Luca De Filippo continua a lavorare sul teatro di Eduardo del primo dopoguerra, mettendo in scena con la sua Compagnia una delle commedie tra le meno rappresentate del grande drammaturgo: lo stesso Eduardo l’aveva messa in scena nel 1948, poi l’aveva ripresa Strehler nel 1985.
Ma partiamo da Eduardo, che aveva voluto significare con questo lavoro che la vita è tutto un gioco, ma questo gioco è tale solo se sorretto dall’illusione, e di conseguenza occorre credere in questa illusione, in questo sogno. E non basta, ogni destino è legato ad altri destini in un grande gioco eterno di cui non conosciamo i confini e di cui a fatica interpretiamo solo alcuni
particolari.
Strehler avrebbe voluto realizzare una triologia sull’illusione con L’illusion comique e La Tempesta, si era mosso con il suo consueto approccio molto intellettuale, molto culturale, forse superiore alla dimensione artigianale e popolare tipica di Eduardo, anche se il testo rivela un binomio perfetto con la lucidità e la tematica pirandelliana , vicina anche a un teatro dell’assurdo, e la forza popolare della storica tradizione popolare napoletana. Shrehler ne fece uno spettacolo ricco di richiami metaforici, si sbizzarrì nel gran gioco del teatro nel teatro addirittura con un occhio a Fellini. Un grande spettacolo ma forse sproporzionato a una forma drammatica che ,ripetiamo, ha un senso profondo ma non abbisogna di orpelli e manierismi.
Il fatto che in poco più di sessant’anni si siano registrate solo tre riprese dimostra anche che non è un testo facile. Va pure ricordato che Eduardo se non la rappresentò più in teatro
la realizzò invece nel 1964 per la televisione, e mentre nel debutto in teatro si era riservato il ruolo del marito tradito, in televisione assunse il ruolo del mago Marvuglia, stessa scelta fatta oggi dal figlio Luca.
Accennavamo a Pirandello, certamente La grande magia fa venire in mente l’Enrico IV, anche qui si ferma il tempo, e pure il Così è (se vi pare) con la forza dei pettegolezzi nel distruggere le vite altrui, e se vogliamo qualche punto di contatto lo possiamo pure trovare tra il Marvuglia e il Mago Cotrone de I giganti della montagna. Se è pur vero questo è altrettanto importante l’avviso che il drammaturgo napoletano vuole dare (e con molto anticipo e chiaroveggenza sui tempi futuri) su un mondo ormai vittima della manipolazione dell’illusione che vengono considerati più importanti della realtà, un mondo finto come una quinta teatrale o come quegli applausi registrati e inviati a comando…
Luca De Filippo è assai bravo nel riproporre questa storia in una dimensione volutamente finta, artificiosa, con i personaggi a recitar da guitti, un po’ sopra la scena, la quale scena è
smaccatamente finta, di cartapesta, con gli attori che si…rubano la scena, strappando anche delle gran risate, vedi la risata cavallina della ragazza o l’enfasi del poliziotto.
Luca inserisce allora un custode del teatro che accende le luci e recita alcun e parole di Eduardo sulla concretezza del lavoro in palcoscenico. Certamente il tema della commedia è abbastanza ostica, si teorizza all’infinito sull’illusorietà della vita tutta apparenza e poca sostanza, ma Luca riesce a tenere sempre alto l’interesse per lo spettacolo, tra l’altro assai lungo.
Ma ci sembra che riesca anche a dare una risposta positiva nell’interpretare ciò che Eduardo aveva voluto dire, in maniera cinica e disincantata, cioè l’impossibilità dei cambiamenti,
il vivere nell’illusione che tutto vada bene, il che porta a scegliere un qualcosa che non importa che esista o meno, importa l’illusorietà del momento, tutti in una specie di Grande Fratello,
basta sopravvivere, non importa che si vinca o si perda, anzi la…perdita è sicura. Si può dire che Eduardo queste cose le aveva visto già nell’immediato dopo-guerra..
Uno spettacolo ben calibrato, dove la caricatura e il ridicolo lasciano spazio anche alla pietà e al pudore.
Luca De Filippo è un Marvuglia assai cialtronesco e lucido, irresistibile con il vestaglione a colori e il turbante, Massimo Di Matteo è’ il marito tradito che alterna il riso e il pianto, la paura e la follia, Carolina Rosi è la esuberante e pittoresca moglie-assistente di Marvuglia, Gennaro Cannavacciuolo caratterizza sia un finto cliente dell’albergo che la madre di Calogero, Nicola di Pinto si fa valere in un doppio ruolo, così come Giovanni Allocca il poliziotto.
Una bella commedia con un’interpretazione di livello di tutto il gruppo di attori( e anche questo ha un suo valore) impegnati a far vivere delle povere vite cui neanche l’illusione riesce a dare l’impressione di vivere.
GIUSEPPE PREVITI