“CAPELLI BLU ” DI VALERIO NARDONI –E/O EDIZIONI
24 Dicembre 2012“ALLE RADICI DEL MALE” DI ROBERTO COSTANTINI- MARSILIO
2 Gennaio 2013Stefano Braccini fiorentino, ginecologo, appassionato di storia in generale e grande conoscitore della storia della sua città esordisce in letteratura con una sorta di giallo-storico
in cui ritroviamo molti degli elementi che caratterizzano la sua esistenza.
Siamo ai giorni nostri quando Chiara, una studentessa di ostetricia prossima alla laurea,trova un antico manuale del 1819 che c0ntiene anche un diario. Era appartenuto a una giovane allievo della scuola per levatrici, tale Enrichetta Manetti da Barberino del Mugello venuta a Firenze per diventare ostetrica presso la scuola annessa all’Istituto degli Innocenti.
Enrichetta in questo suo soggiorno fiorentino che doveva durare il tempo del corso e che poi invece durerà tutta la sua vita andrà incontro a una serie di eventi, ora lieti, ora drammatici.
Riporterà tutto sul suo diario dove si parla di un suo zio, autentico bellimbusto e gran farabutto, di un dottore bel tenebroso di cui lei s’innamora, di Rosa la maestra che tanta incidenza
avrà sulla sua vita. Ma la ragazza si troverà anche coinvolta nella misteriosa di un bambino che poi ricompare e in due omicidi.
Chiara aiutata da vari amici cercherà di scoprire tutte le verità nascoste in quel lontano documento.
La vicenda temporale si svolge su due piani: da una parte la storia di Enrichetta, parte narrata in terza persona, parte raccontata da lei stessa sul suo diario. Nel primo caso siamo in un periodo che va tra il 182o e il 1821, anzi il racconto procede a ritroso con Enrichetta che ripercorre le tappe del suo primo soggiorno fiorentino. Di contro si passa alla Firenze di oggi,
siamo nel marzo del 2010, quando un’altra allieva, Chiara, dovendo ricostruire come funzionava la scuola di ostetricia in quel periodo per la sua tesi di laurea, si imbatte appunto in
quel diario.
Stefano Braccini al suo primo romanzo ci porta nella Firenze dell’Ottocento ricostruendo una storia ricca di intrighi e di misfatti e nel fare questo ci fa scoprire anche il clima di un’epoca
ricca di fermenti pur se il granduca era un sovrano tutto sommato illuminato. Era una persona aperta che aveva a cuore il suo popolo e proprio in questa ottica aveva promosso ad esempio
l’alfabetizzazione delle campagne progettando anche un incremento del numero delle levatrici nelle campagne per scacciare le mammane e a tale scopo aveva promosso l’istituzione della scuola di Firenze.
Questa muova scuola faceva parte di un vasto complesso che comprendeva anche il brefotrofio degli Innocenti e da qui prende appunto avvio la nostra storia che proseguirà in un crescendo di colpi di scena.
Romanzo storico con sfumature di giallo in cui lo scrittore ci offre un saggio della società toscana del 19° secolo. Se il quadro d’insieme in cui si svolge la storia è più che plausibile, come pure certi ritratti delle principali famiglie e della nobiltà di quel tempo, la vicenda narrata e i suoi protagonisti sono di fantasia.
Per amore di etichettatura si può ben parlare di un giallo storico scritto con grande passione e amore dell’ottocento fiorentino di cui vengono approfonditi tanti aspetti, sempre però
tenendo a mente il dipanarsi dei fatti che vengono trattati con l’abilità di un raffinato giallista. Il romanzo è diviso in dodici capitoli più un epilogo e compie un cammino parallelo tra passato e presente.
Le ricerche del Braccini sulla storia dell’Istituto rivelano che nel 1815 agli Innocenti nacque l’ospizio di maternità per le più povere. in seguito venne creata la scuola per levatrici. Vi erano ammesse ragazze venute dalla campagna che i comuni limitrofi mandavano per fare imparare loro il mestiere. Lo scopo era anche quello di migliorare la sicurezza nei parti togliendo
spazio alle improvvisate mammane.
Se questa è la verità storica in La levatrice l’autore unisce quella Firenze a quella di oggi. Duecento anni di distanza, cosa le può mai legare? Dure ragazze delle rispettive epoche, Enric hetta e Chiara, unite da studi comuni ma anche dal fatto che certi problemi non mutano nel tempo, vedi ad esempio il rapporto con gli uomini, gli innamoramenti, la volontà di perseguire un proprio scopo. Braccini evidentemente è più interessato alla Firenze ottocentesca, su quella di oggi si esime da giudizi, si serve semplicemente della curiosità di Chiara per farci conoscere
i fatti di tanto tempo prima. E anche tanti personaggi, Rosa, Guglielmo, Caterina fanno parte del mondo che fu, Elisa, David, Giovanni, addirittura dei gatti che pensano, che fanno parte del
mondo di oggi, in una sorta di ping pong tra chi “viveva” quei fatti e chi li vuole “interpretare” (o almeno conoscere…). E sullo sfondo, ma non tanto, Firenze co-protagonista di tutto il racconto.
Il romanzo poteva facilmente sfociare nel feuilleton ma Braccini evita il linguaggio ridondante e enfatico nè incappa nelle pedanterie tipiche di questo genere nel genere, pur se date, eventi
luoghi e nomi sono rigorosamente veri.
Infine vogliamo rivolgere un plauso all’autore e all’editore per aver mantenuto nel titolo e anche nel corso della narrazione un termine ormai desueto “levatrice” che invece conserva
ancor oggi intatto il suo fascino.
GIUSEPPE PREVITI