“LA CARTA PIU ALTA”DI MARCO MALVALDI-SELLERIO EDITORE
13 Febbraio 2012“IL FANTE DI PICCHE” -di VALENTINO MEYNET-EDIZIONI TIPOGRAFIA LA VALLEE’
16 Febbraio 2012Questa storia di Nicola Verde La sconosciuta del lago risulta alla fine una somma di menzogne a cui si aggiungono ben poche verità.L’autore prende ispirazione da un fatto di cronaca realmente accaduto nei dintorni di Roma nell’estate del 1955. Il caso passò alla storia come il mistero della “decapitata di Castelgandolfo”:una donna senza testa era stata ritrovata sulle
rive di un laghetto. Chi era li vittima?Che fine aveva fatto la testa?Perché era stata uccisa?Gli inquirenti non seppero rispondere a queste domande.
Nicola Verde resta colpito da questo fatto e crea una trama al cui centro pone il commissario incaricato delle indagini,il capo della omicidi della questura di Roma,il commissario Leopardo Malerba,un poliziotto dall’anima oscura,uno sbirro frustrato, “brutto e cattivo”.Attorno a lui ruoteranno una serie di personaggi, tutte persone altrettanto ambigue e oscure.Ne esce una storia “nera”,viscida,contraddittoria,con tante ombre e pochi aliti di speranza.
Da una parte un giallo ricco di misteri,dall’altra un respiro narrativo assai ampio,con un marcato ritratto di quegli anni Cinquanta dove le ombre erano più numerose delle luci.Verde costruisce con grande maestria un racconto dove oltre alla efficacia della trama gialla si unisce uno studio approfondito della psicologia dei vari caratteri.Una storia violenta, senza respiro che si dipana in un seguito di fatti che non si sa più se ci vogliono portare all’indignazione o alla pietà per le miserie umane.
L’autore ricorre a vari personaggi nella cui anima scava a fondo per evidenziarne la parte più riposta e più crudele.Come già nella triologia ambientata in Sardegna ci racconta una società e ci fa rivivere un’epoca storica.Nel nostro caso la città è Roma, la Roma degli anni del dopoguerra,dove alla tanta miseria si accompagna la voglia di riprendersi, siamo in un’epoca in cui si sogna molto sperando in un domani migliore, molti salgono dal sud, molte ragazze si fanno abbagliare dalle luci di Cinecittà, dalle canzonette,dai fotoromanzi.Sono anche gli anni in cui le giovani aspirano a una nuova libertà di comportamenti e di sentimenti.E molti si approfitteranno dei sogni di queste ragazze facendo leva sul loro misto di ingenuità e malizia.
Se molti film del tempo ci hanno mostrato il lato più solare e ricco di speranze di quegli anni,Nicola Verde invece con questo che lui definisce un noir(io parlerei più di storia nera,maledetta dove le motivazioni del crimine esistono)ci presenta la parte più oscura e tenebrosa dell’animo umano.Un delitto nell’immaginaria Castelghedino, il cadavere decapitato di una ragazza,il commissario,dall’embletico nome Leopardo Malerba che indaga.Un personaggio assai interessante,magari ne parleremo più avanti,per adesso diciamo che è pieno di complessi e di rancori,lo chiamano Mezzacanna per la bassa statura(e non solo per quella…) odi riodiato moglie e figlio,non sa relazionarsi.si sfoga con le puttane e le servette.
Quella del 1955 è una Roma ancora lontana dal boom economico, ma non di meno attira gli immigrati dal Sud Italia anche se sono costretti a una vita ancor più grama.Nei quartieri periferici più umili trovano asilo molte di queste famiglie. Una di queste è composta da Nelia e le sue figlie, Caterina ed Agnese,con Ernes il patrigno.Per vivere molte di queste ragazze vanno “a servizio” e anche Caterina seguirà questa strada.E scopriremo che è proprio Caterina la vittima decapitata in riva al lago.
Verde ricorre a un artificio narrativo assai originale:dà infatti voce anche alla vittima che in prima persona ricostruisce via via i fatti e la sua vita,riferendosi ora a questo ora a quello dei protagonisti,mettendone a nudo i vizi nascosti e ripercorrendo le varie fasi in cui i vari destini si sono incrociati. E a loro volta questi coprotagonisti rispondono con capitoli narrati in terza persona e che fanno da contraltare a quanto dichiarato dalla vittima.In questo guazzabuglio di fatti,voci,incroci si muove il commissario Malerba che vaga da una storia all’altra, da una…confessione all’altra.
Due personaggi si stagliano nella vicenda.Il Malerba è un disadattato, di lui abbiamo un doppio ritratto, quello più appariscente quando agisce da poliziotto,quello più difficile da interpretare quando ci palesa i suoi pensieri,i suoi ragionamenti, i suoi agghiaccianti vuoti morali. Malerba,il commissario, “brutto,sporco e cattivo”,pieno di pregiudizi,di rabbie,sessualmente un represso,una megera per moglie, una donna non meno complessata,che certo non l’ha capito ne tanto meno aiutato.Lui è ossessionato da un soprannome che si porta dietro dalla gioventù,Mezzacanna,lo perseguiterà per tutta la vita.Si sfogherà andando a puttane,frequentando i casini,attaccandosi morbosamente a queste donne, quasi a voler trovare in loro quello che non riceve dalla moglie, che odia talmente da trasferire questo odio anche al figlio, si da desiderarne un altro da una donna diversa.Più sfumato il ritratto del poliziotto,lui si approfitta del suo ruolo per le sue porcherie, non ha un buon rapporto con i superiori,non ha contatti umani né sa relazionarsi con l’esterno, non sembra però uno stupido….
L’altro personaggio portante è la vittima,Caterina,che piano piano ci racconta tutta la storia della sua vita, un racconto poi integrato dalle voci di coloro che le erano vicino,il patrigno,la sorella,la madre,le amiche,i padroni. Il commissario cerca affannosamente un diario della ragazza, ma sapremo noi a sapere da lei cosa è stata la sua vita,i suoi sogni,le sue paure,i suoi amori,le sue malizie,le sue sfrontatezze,le sue ingenuità.Anche Caterina come Malerba è attratta dal sesso,basta vedere il gioco di seduzione che metterà in atto con il patrigno.
Ecco un giallo dove la sessualità ha sicuramente un ruolo-chiave nello sviluppo di questi due caratteri e di tutto quello che accadrà.
Un elemento importante lo troviamo in quel continuo gioco di verità che cambiano a seconda dei vari racconti.Chi dice la verità?O chi mente?O semplicemente,per chi ricorda Rashomon,una storia è fatta di tante verità a seconda di chi le racconta.
Un romanzo crudele,ricco di intrecci, giocato molto sulle atmosfere di questa Roma dagli umori popolareschi , per certi versi ci ricorda quella altrettanto popolaresca e pregna di umori del grande Gadda de “Er pasticciaccio……
GIUSEPPE PREVITI