“ECCETTO TOPOLINO”(Lo scontro culturale tra fascismo e fumetti)-DI FABIO GADDUCCI-LEONARDO GORI-SERGIO LAMA
9 Dicembre 2011“TRE ATII E DUE TEMPI”- DI GIORGIO FALETTI-EINAUDI
13 Dicembre 2011Valerio Varesi fresco finalista del Premio Scerbanenco dove è stato premiato con la motivazione “è un autore che sa restituire in chiave contemporanea le atmosfere e lo spirito di Scerbanenco”con riferimento alle storie del commissario Soneri ama anche evadere dal serial e così ci presenta La sentenza. Siamo nel 1944, a Parma, la città è violentemente bombardata dagli aerei alleati, tra gli edifici colpiti il carcere da cui evadono molti detenuti.Tra loro vi è Bengasi.così chiamato perchè è stato nella Legione straniera: è un tipo assai inquieto che non teme certo le bombe…
Nella stessa notte mentre anche a Milano a San Vittore i detenuti fremono viene chiamato un gruppetto di carcerati.disposti a tutto pur di uscire.Viene proposto loro di infiltrasi nelle brigate partigiane, tra loro vi è un giovane rapinatore, che nella vita se ll’è sempre cavata, assoggettandosi a tutto e uccidendo delle persone.Lui accetta di divenire una spia pur di lasciare il carcere e così viene liberato e avviato verso i monti emiliani dove ci sono i partigiani.
Intanto anche Bengasi lascia la città sconvolta dai bombardamenti e decide di dirigersi verso i monti, vedendo la sola possibilità di salvezza quella di unirsi a coloro che si battono contro i tedeschi. E così con motivazioni diverse i due ex-galeotti si trovano nella Brigata Quarantasettesima Garibaldi. Al milanese verrà dato il nome di battaglia di Jim con riferimento al Lord Jim di Conrad.
Ed ecco che questi due uomini “bruciati”per la società civile vedono incrociarsi le loro vite, si “annusano” quasi perchè si sentono diversi dagli altri,diverranno amici e andranno incontro allo stesso destino.
Valerio Varesi abbandona in questo romanzo i toni e i macchiavellismi del giallo ma da scrittore di razza riesce lo stesso a tenere avvinti i lettori con questa storia ambientata ai tempi della Resistenza.
Ci descrive uomini duri,reali,concreti, quasi scolpiti con la pietra degli Appennini, uomini che vivono un o dei periodi più cupi della nostra storia. Si va su e giù per gli Appennini che sovrastano Parma, in un romanzo dove c’è molta vita, ma anche tanto sangue, e il sangue che viene sparso diventa lezione di vita ma anche monito per chi rimane.
Una sorta di tragedia ricca di eventi, di desideri,di istinti primordiali, di finzioni., di debolezze ma anche di una sempre più emergente voglia di riscattarsi.Un libro di sapore antico che fa pensare a certi film realisti del dopoguerra e dove gli uomini non fanno certamente una bella figura, troppo deboli e troppo stupidi per opporsi al flusso delle cose.
Nella vita di ognuno esiste la parabola che porta dalla vita alla morte e in questo tragitto vi saranno i periodi del conformismo,della ribellione,dell’agire d’istinto,della presa di coscienza.Tutto questo lo ritroviamo nella vita e nel destino dei nostri protagonisti,pedine di un gioco probabilmente più grande di loro. Una specie di cavalcata nel tempo e nella natura, ad un certo punto sui monti infuria la neve, e questa vicenda sembra vedere accompagnarsi al furore degli uomini quello della natura.
Già altre volte Varesi aveva abbandonato il suo Soneri,con Il Paese di Samir si era ispirato alle morti bianche, con Le ombre di Montelupo aveva ripreso la storia del crac Parmalat. Il nostro autore è uno che racconta delle storie,indipendentemente dal genere a cui verranno attribuite.Fil rouge comune alla maggior parte di esse è semmai la sua Parma con i suoi dintorni, anche in questo romanzo fanno da sfondo alla vicenda.
La seconda guerra mondiale è in pieno svolgimento, l’Italia è occupata dai tedeschi, gli Alleati risalgono lentamente la penisola,è in corso la lotta di liberazione,con le sue stragi,i suoi eccidi,i suoi agguati.In questi tempi oscuri conosciamo Jim e Bengasi, che finiscono per vie diverse tra i partigiani di una brigata che ha il suo credo nel comunismo e si batte sulle montagne. L’uno è evaso e vede nella lotta, nella guerra il suo habitat naturale, non ha motivazioni idealistiche, l’altro è uscito con il compito di infiltrarsi e fare la spia.E così nelle tante pagine del libro si rivivono atmosfere epiche, ricche di luci e ombre, di eroismi e vigliaccherie, addirittura vi è spazio per una storia d’amore “disperata”come lo sono i protagonisti che la vivono.
Quando si fa la storia non importa che si scriva di nomi celebri o di grandi battaglie, la storia la si fa ricordando le vicende di chi l’ha vissuta, noti e meno noti,ognuno con il suo fardello più o meno pesante.E un altro compito del narratore è di ridare spazio e vita a vicende accadute e poi dimenticate con il passare degli anni.
Varesi ri riferisce nel suo racconto a una storia vera,quella del partigiano Ubaldo Bertoli “Gino” e lui la rivisita stando però ben distante da certi “revisionismi”che oggi vanno tanto di moda.
Non è che nella storia partigiana non manchino pagine tormentate e condannabili ma non va dimenticato quanto la maggior parte di questi uomini e questi giovani hanno fatto tra grandi sofferenze e pericoli a repentaglio della loro vita.
Varesi sceglie due protagonisti un pò “estremi” se vogliamo, due pochi di buono in partenza,uno refrattario a ogni forma di disciplina e ordine, un potenziale anarchico, l’altro un criminale che ha già ucciso. Ma la convivenza sui monti con altri uomini mossi da grandi ideali, magari non sempre o non del tutto condivisibili,ma sempre pronti a sacrificarsi per il bene collettivo, fanno sì che anche loro cominciano a cambiare, a porsi degli interrogativi, a uscire da quella corazza di egoismo e di indifferenza che li anima.E vedranno alla fine nel sacrificio,nell’espiazione la possibilità di dare un senso alla loro vita. Se vogliamo fare un riferimento ai tempi moderni,allora le circostanze portarono questi giovani a imbracciare le armi(il clima in cui vivevano del resto era quello…),oggi magari scenderebberoin piazza….
Valerio Varesi in molte delle sue storie ha fatto i conti con il passato e certe sue figure di vecchi partigiani sono sempre contraddistinte da un grande disincanto verso il cinismo dei tempi moderni b en diversi da quelli che loro vissero in gioventù. E allora viene anche la curiuosità di confrontarsi con quegli anni, di ricordarli, di riviverli e questo procedimento viene eseguito dall’autore ne “La sentenza”.E così ci riporta indietro nel tempo,anno 1944, con i partigiani “comunisti” imbevuti di tanti sogni, con l’ufficiale di collegamento inglese disincantato e buon profeta di quel che avverrà,ma in fondo colpito dalla “fede” in un mondo nuovo di questi uomini.
Certamente i due nuovi arrivati sono “diversi”:Bengasi si alimenta dell’adreanalina dell’azione,è il suo forte ma anche il suo limite.Jim,dopo aver frequantato criminali senza patria e senza Dio,del resto lo è anche lui,è piano piano con quistato dai nuovi compagni, e allora si vergognerà di quel che è e di quel che ha fatto, e cercherà il riscatto nell’espiazione. Da ricordare pure Ilio,il giovane commissario politico, imbottito di dottrina e di idee rivoluzionarie, ma che via via si renderà conto che la complessità dei fatti richiede ben atri interventi e non si risolve con i dogmi. E di rilivo pure le due figure femminili capaci di un sacrificio di amore in mezzo a tanto sangue.
Un ulteriore pregio del libro è di pescare a piene mani nel genere dell’avventura,con queste bande di partigiani che lottano con le truppe nazi-fasciste che si muovono tra boschi,sentieri, strade,lungo gli argini in un susseguirsi di assalti,agguati,fughe,inseguimenti,imboscate,rappresaglie.Si spara,si muore,si va,si viene,sempre o quasi a contatto con la natura.Questo permette anche di passare dal clamore dell’azione cruenta al silenzio dei luoghi all’odore degli alberi, al colore della natura,alla vita nelle stalle(assisteremo anche al parto di una mucca…),insomma tra tanto rumore e tanto sangue si insinua anche un barlujme di freschezza,di innocenza…..
GIUSEPPE PREVITI