” ZIO VANJA” DI ANTON CECHOV- regia di MARCO BELLOCCHIO
3 Novembre 2013IL DON GIOVANNI, vivere è un abuso mai un diritto- di e con regia di FILIPPO TIMI
24 Novembre 2013Cast: Luca Zingaretti Massimo De Francovich Paolo Briguglia Gianluigi Fogacci Francesca Ciocchetti Caterina Gramaglia
Wilhelm Furtwangler fu il più grande direttore d’orchestra della sua generazione e il suo momento d’apice coincise con il dominio nazista sulla Germania,Molti suoi
colleghi ebreo furono cacciati o andarono in esilio, altri non ebrei lasciarono il Paese. Lui decise di restare e fu quindi accusato di aver servito il nazismo. Processato fu
assolto anche se sulla sua figura restò sempre un qualcosa di ambiguo.
Ronald Harwood, noto commediografo, ci fa rivivere l’episodio reale dell’indagine condotta in una Berlino appena liberata dai nazisti sul grande direttore d’orchestra e
sui rapporti che aveva avuto con il potere hitleriano, visto che aveva scelto di non lasciare la Germania.Lui infatti aveva creduto di poter vivere in una “torre d’avorio ”
che lo isolava dal mondo e dalle sue brutture in nome del Dio della Musica. L’indagine inevitabilmente investe il rapporto tra l’intellettuale e la società, il rapporto tra
arte, cultura e potere. E ci sarà un feroce scontro tra un rozzo inquisitore americano e il maestro, troppo diversi tra loro per intendersi, ma anche incapaci di dare una
risposta definitiva.
Ronald Harwood, che si avvale della bella traduzione per l’edizione italiana di La Torre d’avorio di Masolino D’Amico è un autore assai collaudato e capace di costruire
delle commedie pressoché perfette. Taking sides è il titolo originale che significa “schierarsi”, nel film che Istvan Szabo girò nel 2001 con Hervey Keitel e Stellan Skarsgard
il titolo in italiano era A torto o a ragione. Tutti titoli estremamente significativi in quanto questa commedia del 1995 pone dei quesiti morali e materiali tutt’altro che
da accantonare. Scritta cinquant’anni dopo la fine del regime hitleriano e dal processo di Norimberga essa conserva una sua attualità che va oltre i tempi perché ci parla
e ci fa riflettere sulle responsabilità “individuali” in un momento storico in cui occorrevano delle risposte. E’ ovvio che poi c’è anche il problema del rapporto tra potere e
arte.
Ma torniamo al 1946, quando il maggiore americano Arnold vuole inchiodare alle sue responsabilità un grande direttore d’orchestra, secondo forse al solo Toscanini, Wilhelm
Furtwangler, per lui è una persona qualsiasi e deve essere giudicato come gli altri. I due si scontrano subito, ma mentre il tedesco si…libra nell’aria affrontando la sua posizione
alla luce del suo amore per la musica che lo porta a sentirsi al servizio della stessa e di nessun altro, l’altro resta con i piedi ben saldi a terra.
Ma più Arnold interroga l’altro, più gli tende delle trappole, più si insiste sul concetto del bene e del male, più si semina la confusione nello spettatore, l’accanimento del
maggiore, come rilevano gli stessi suoi colleghi, è giustificabile, anche se lui ribatte che sta solo svolgendo il suo lavoro ? E la frase con cui Furtwangler tende in ultima ana-
lisi a giustificarsi “Volevo che la musica restasse immacolata ” può bastare a scagionarlo ?
Irromperà nella stanza degli interrogatori una donna, Tamara, moglie di un pianista scomparso ad Auschwitz, che il maestro aveva cercato di aiutare e lei difronte all’atteg-
giamento oltranzista dell’interrogatore gli dirà che lui sbaglia nel fissarci a cercare la verità, questa non può esserci, piuttosto occorre verificare chi erano i buoni e chi
erano i cattivi.
Ma alla fine il concetto di responsabilità deve esse individuale, e nel chiedersi dove l’atteggiamento del singolo sconfini nella complicità occorre anzitutto ben delimitare
questa area. E d’altra parte se uno non lasciava la Germania come si doveva comportare ? Arnold si sente dalla parte del giusto avendo fatto parte di quell’esercito che ha
liberato il paese da una dittatura feroce e vuole colpire i colpevoli e gli acquiescenti, ma la sua segretaria(una tedesca) e il suo aiutante (di origini ebree) non sono d’accordo
con lui e allora li accusa di pensare che ogni cosa, ogni atto sia uguale all’altro, ma la donna lo gelerà gridando ” Vi state comportando come loro…”.
Un testo dove il pubblico si deve chiedere da che parte sia la ragione, perché se senti parlare l’uno parteggi per lui, se senti parlare l’altro parteggi per questo. Le responsa-
bilità non possono comunque che essere personali, semmai è sul rapporto tra potere e cultura che si può discutere, non lo risolvi con lo…splendido isolamento del
direttore d’orchestra, la cultura deve essere talmente forte da sapersi conquistare i propri spazi, ma probabilmente non esiste una ricetta valida per tutti. E poi ha
ragione Furtwangler forte del consenso e dell’amore del pubblico o ci vogliono qualità morali e spirituali per far fronte a momenti così tragici ?
Testi siffatti hanno bisogno di grandi attori, in questa realizzazioneLuca Zingaretti e Massimo De Francovich formano una grande coppia, infatti diremmo che non è
esatto parlare di “duello” in scena, sono due coprotagonisti che impersonano con grande partecipazione i due avversari, una interpretazione memorabile per entrami.
In scena anche Paolo Briguglia, il tenente, Francesca Ciocchetti Tamara, Gianluigi Fogacci, Helmuth, e Caterina Gramaglia Emmi. Di Luca Zingaretti va lodata la regia
di uno spettacolo avvincente, assai curato e ben rispondente al testo.
GIUSEPPE PREVITI