LE ORIGINI DEL GIALLO IN ITALIA/4
2 Marzo 2011“18MILA GIORNI-IL PITONE”DI ANDREA BAJANI
16 Marzo 2011Alessandro Varaldo era un intellettuale di solida cultura, scrisse vari libri,commedie,saggi e poesie. Fu suo il primo giallo
italiano a debuttare nelle prestigiose Collane Mondadori, “Il Sette Bello”(1931).Era una firma di assoluta garanzia per il pubblico piccolo-borghese e quindi fu scelto anche perchè ritenuto capace di inidirizzare una grossa fetta di lettori verso
una letteratura di genere.Varaldo era un amabile intrattenitore per i suoi lettori e l’approdo al giallo avvenne in questa ottica, secondo il principio proclamato di “non annoiare”. Fu considerato lo “Wallace italiano”, ovvero quell’Edgar Wallace
che era l’autore più famoso e venduto al mondo di quegli anni. E per sottolineare l’importanza di questo riconoscimento
nello stesso periodo Georges Simenon veniva lanciato in Francia come lo “Wallace francese“.
Varaldo scrisse otto romanzi, pubblicò tre raccolte di novelle. Lo sfondo delle sue trame era una sonnacchiosa Roma umbertina con i suoi quartieri popolar-borghesi.Suo protagonista fu il commissario Romano Bonichi(familiarmente chiamato il sor Ascanio)”nato poliziotto nel senso più nobile della parola”:Talvolta verrà aiutato dal giovane investigatore
Arrighi.Bonichi è il primo commissario di polizia italiano adivenire noto, molti dei suoi connotati li ritroveremo nei tanti
epigoni dei giorni nostri.Incline all’azione ma non violento, coraggioso,riflessivo, comprensivo,ironico, simpatico e….av-
viamente scapolo.Quando lo conosceremo meglio si vedrà che il personaggio creato da Varaldo è molto lontano dalla
rigorosità e dalle capacità deduttive dei detective di oltre confine.Bonichi non ha mai lampi di genio,rifugge dalla scienza e dalla tecnica,si affida molto al caso.A Varaldo la trama gialla, le regole fondamentali del perfetto giallista interessano ben
poco, mira più alla caratterizzazione dei personaggi, non esitando a sfoggiare un compiaciuto virtuosismo letterario.
“Il settebello”(1931) e “Le scarpette rosse”(1938)ebbero un gran successo(oltre quarantamila copie vendute), poi gli
altri polizieschi dello scrittore ligure andarono molto meno, ma va detto che la Mondadori era come un…gatto che si
mangia la coda, troppo forte era la concorrenza dei grandi autori stranieri in collana, e per i giallisti italiani non era
certo facile competere.La carriera del Varaldo giallista continuò con vari romanzi, scriverà anche molti racconti per la presigiosa rivista Il cerchio verde, l’ultimo suo protagonista sarà quel Gino Arrighi conosciuto a inizio carriera con il
commissario Bonichi, su lui sarà impostata la raccolta di novelle “Il signor ladro-il libro vero”(1944).
Varaldo è senza smentita un punto di riferimento della nostra letteratura gialla, tra il 1931 e il 1935 è il solo a opporsi
ai giganti del giallo internazionale, cinque i suoi volumi pubblicati nella collezione “I libri gialli”. La Mondadori lo definì
“Re del poliziesco nazionale“. E la stessa casa editrice nell’indicare le opere migliori e più rappresentative delle principali collane vi inserisce sempre un unico romanzo italiano “Il sette bello”:
AUGUSTO DE ANGELIS
Pubblicò quattordici romanzi gialli e subito si affermò per stile e consapevolezza dei temi trattati.Inoltre si fece apprezzare
come un abile mentore di questo genere con il saggio”Conferenze sul giallo(In tempi neri)”, un intervento critico di
notevole rilevanza, apparso inizialmente come prefazione di “Le sette picche doppiate”(1940). Con questo saggio De
Angelis difese strenuamente la narrativa poliziesca messa sotto accusa dalla censura fascista che la considerava un
…vizio.De Angelis non si limitò a perorare il genere, dopo un’attenta disamina dei meccanismi del giallo di tipo americano e inglese, asserì la necessità di approdare a uno stile di impronta nazionale, cosa del resto già sostenuta
da Alessandro Varaldo.
Giornalista e drammaturgo dai non grandi successi si avvicinò al giallo, tra l’altro fu condirettore della rivista “I Misteri
polizieschi”. E’ dopo gli anni Trenta che dichiarerà solennemente “Io faccio per mesiere lo scrittore di romanzi po-
lizieschi”. Da allora sino al 1944 quando morrà per il brutale pestaggio di un losco personaggio fascista l’autore romano fece della letteratura gialla la sua forma di espressione e in maniera molto efficace.
De Angelis crea un commissario di pubblica sicurezza molto credibile, Carlo De Vincenzi,che diverrà un personaggio
seriale molto amato. Dotato di una profonda sensibilità e assai capace sotto il profilo psicologico, ci appare come una figura vera, assai sensibile, niente affatto eccentrica. Possiede grandi capacità deduttive e intuitive ma principalmente
si manifesta come un uomo assetato di giustizia. Celibe.molto colto,sa leggere e parlare correntemente l’inglese,è
un grande bibliofilo,possiede centinaia di libri, nel suo mestiere si affida soprattuto all’intuizione.Nelle sue indagini De
Vincenzi si avvale dell’istinto, dell’immaginazione pur non trascurando mai la psicologia umana,considerando il
delitto una deviazione nella personalità, e lui infatti studiava e analizzava i personaggi che aveva di fronte.
De Angelis diceva “Oggi per scrivere un poliziesco bisogna conoscere Freud” e infatti il suo commissario studia
le pulsioni psicologiche non fidandosi degli elementi materiali(tracce,indizi,testimonianze…). Possiamo trovare in
lui le tracce di due grandi autori quali Simenon e Van Dine, i cui protagonisti si affidano molto all’intuizione e
alla conoscenza dell’animo umano. De Angelis propugnava la nascita di un giallo problematico,realistico,psicologico,
il giallo non più solo “un piacevole passatempo”, ma invece una credibile storia umana, con toni di critica sociale,
con una accurata costruzione ambientale, con personaggi veri, autentici. Riportiamo ancora De Angelis “Io mi
sono proposto di fare romanzi polizieschi in cui le persone vivono naturalmente, in cui la vittima, il colpevole e il
detective abbiano muscoli,sangue cuore e anima”. In generale si può osservare che con Hammet,Chandler(Usa),
Simenon(Francia), De Angelis(Italia) si verifica il passaggio a una nuova forma di giallo, come del resto i grandi
autori del ‘900(Pirandello,Svevo,Tozzi,Proust,Joyce)si differenziano dal romanzo naturalista o verista dell’800.
Il commissario De Vincenzi era scomodo per i suoi superiori( “Lei non vuole tenere conto degli inidizi…”, “Li manda
a spasso perchè gli manca la capacità morale…”). A volte veniva irriso, spesso criticato, ma di fronte ai risultati raggiunti guadagnerà sempre più stima e rispetto.E così il questore di Milano gli darà sempre mano libera e ancora
meglio si troverà con il questore di Roma con cui condividerà molte affinità spirituali e quindi di metodo e azione.
De Angelis ci presenterà anche degli investigatori privati, contrapponendo al metodo “vincente”del commissario
quello basato su osservazione,deduzione e massimamente su procedimenti logico-scientifici.Nella letteratura gialla italiana era vita dura per gli investigatori privati, niente a che vedere con i brillanti protagonisti di oltre-oceano.De Angelis costruisce un doppio quasi da parodia, richiamandosi alla tradizione della spalla(vedi Watson per Holmes), solo che
al nostro autore serve perchè con il suo indagare fa ancor più risaltare l’abilità e l’intuito del De Vincenzi.Comunque il commissario ammira e rispetta questa sua “spalla”. Ci lascia detto De Angelis nella sua Conferenza che lui vuole
ribaltare il luogo comune del detective privato protagonista e risolutore contro il poliziotto imbranato,goffo, incapace
di cui al rapporto Sherlock Holmes/ispettore Lastrelle.
Anche De Angelis aveva le sue fisse, i suoi credo, si immergeva letteralmente nell’ambiente del crimine, quando lo
trasferiranno a Roma dirà che per lui era una fregatura, non conoscendo l’ambiente e quindi sentendosi destinato
a rendere melo nelle indagini.
De Angelis detestava le indagini di routine, i delitti volgari, quelli maturati negli ambienti della mala, in compenso era
attratto dagli omicidi misteriosi, dagli enigmi complessi, dai casi apparentemente insolubili.Era sempre pronto a ri-
pudiare i metodi tradizionali della polizia, ricorrendo a strattagemmi(non sempre corretti….)per smascherare il
colpevole.
Ha segnato quindi una vera rivoluzione nella letteratura poliziesca, nei suoi libri non c’è più lo scienziato-detective,
ma il poeta -detective. Se vogliamo è una figura più letteraria, che usa i mezzi tipici dell’intellettuale: intuizione,
sensibilità,psicologia. Eccezione anche il rapporto del commissario con la città di Milano.Lo stato d’animo del
poliziotto è sempre triste, come è sempre grigia,malinconica una Milano piena di nebbia.De Vincenzi amava tutto questo, Milano appare una protagonista attiva della narrazione, con un suo profilo inquietante,misterioso, una città
dai tanti contrasti, teatro ideale per storie di dolore, ingiustizia,violenza. Spesso De Angelis usa ambienti particolari(Fiera di Milano, Cinecittà, atelier di moda)dove era normale trovare dei personaggi stranieri, e questo era un
sotterfugio per aggirare in qualche modo le imposizioni censorie facendo sìn che i rei non fossero mai italiani.
De Angelis riesce lo stesso a darci una visione reale e credibile degli anni Trenta, concedendo ben poco alla
ideologia trionfalistica del regime.Nei suoi romanzi si avvertirà sempre un malessere di fondo,una sensazione di
malinconico e tragico, al di là della soluzione dell’indagine.
Il fatto è che De Angelis si porta dentro un senso di solitudine, di disagio,di stanchezza, di disincanto,che poi si
riflette nella sua creatura dal carattere “chiuso e sognante”, “assorto”, da sembrare più vecchio di quanto non fosse.
Augusto De Angelis tramite il giallo mostra una faccia inquietante, notturna, così come gli appare la realtà contemporanea. Non ci sono isole felici nei suoi romanzi, che non hanno neppure finali rassicuranti.Nè fa sconti
alle classi dirigenti, ai banchieri, ai senatori, ai nuovi ricchi, tutti colpiti duramente.Va ricordato che De Angelis scriveva in un periodo non facile e in qualche modo doveva pur concedere qualcosa….pur rimanendo un fiero oppositore del
regime.
Da lodare come scrittore per il suo stile di scrittura, molto raffinato e di ottimo livello culturale.In molti dei suoi
romanzi si nota una ambientazione di tipo teatrale, con interni borghesi e trame che spesso si esauriscono al
massimo in un giorno e con la possibiltà di riunire tutti i sospettati in un solo luogo per indicare il colpevole.
Nel 1939 fu acclamato il migliore dei giallisti italiani.
continua
GIUSEPPE PREVITI