GIALLO ALL’ITALIANA/2
1 Marzo 2011LE ORIGINI DEL GIALLO IN ITALIA/4
2 Marzo 2011LONTANE ORIGINI(1850-1940):La preistoria:Va dalla seconda metà dell’Ottocento alla vigilia della Prima Guerra Mondiale. E’il periodo in cui alcuni autori(De Marchi,la Invernizio,Mastriani)innestano sul tronco del “Romanzo d’appendice”gli elementi d’indagine.In verità si può dire che nella letteratura gialla inizialmente si ha come centro focale un delitto, da “Edipo re” di Sofocle a “I delitti della Via Morgue”di Poe, da “Casa desolata”di Dickens a “Il cappello del prete”di De Marchi. Seguirà l’era degli intrighi, pur sempre
con il delitto a fare da base,ma verranno evidenziate forme di violenza individuale e sociale, con indagini non più tese solamente ad assicurare il criminale alla giustizia ma che si intessano anche dell’aspetto sociologico e psicologico, si può partire da “Lo scarabeo d’oro”di Poe e arrivare verso la fine del novecento con John Le Carrè. Terza fase il noir, non conta più sapere chi è il colpevole ma si vogliono conoscere le motivazioni. Infine negli anni più vicini a noi il giallo assume funzione di memoria storica o di inchiesta social-politica.
Secondo alcuni la letteraura gialla è nata nei tempi dei tempi con la Bibbia nell’episodio di Caino e Abele, secondo altri invece si può iniziare da Omero o da Sofocle o da Skahespeare. Nei tempi più vicini a noi i primi thriller furono i racconti di Edgar Allan Poe: “I delitti della via Morgue”(1841) e “La lettera rubata”(1844).
con il delitto a fare da base,ma verranno evidenziate forme di violenza individuale e sociale, con indagini non più tese solamente ad assicurare il criminale alla giustizia ma che si intessano anche dell’aspetto sociologico e psicologico, si può partire da “Lo scarabeo d’oro”di Poe e arrivare verso la fine del novecento con John Le Carrè. Terza fase il noir, non conta più sapere chi è il colpevole ma si vogliono conoscere le motivazioni. Infine negli anni più vicini a noi il giallo assume funzione di memoria storica o di inchiesta social-politica.
Secondo alcuni la letteraura gialla è nata nei tempi dei tempi con la Bibbia nell’episodio di Caino e Abele, secondo altri invece si può iniziare da Omero o da Sofocle o da Skahespeare. Nei tempi più vicini a noi i primi thriller furono i racconti di Edgar Allan Poe: “I delitti della via Morgue”(1841) e “La lettera rubata”(1844).
Feuilleton : I feuilleton ottocenteschi sono una miscela di avventura,suspense e denuncia sociale. Tra gli autori Hugo(“Notre Dame de Paris-1831)Sue( “I misteri di Parigi”-1842), Dumas padre(Il conte di Montecristo-1844) e essi hanno generato i “feuilleton noirs”, improntati su eroi negativi da Ponson du Terrail(con Rocambole,1859), Garboraiu(Lecocq,1869), Le Blanc(Arsene Lupin,1907), Allain e Souvestre(Fantomas-1911. Usciranno i polizieschi di Gaton Leroux
con il detective Rouletabille(1908). Ma per i più il vero inventore del giallo resta il creatore del grande Sherlock Holmes,
sir Arthur Conan Doyle(“Uno studio in rosso-1887).
E in Italia?
Sulla scia della fortuna arrisa ai romanzi d’appendice francese che dalla metà del secolo diciannovesimo si erano imposti pure da noi dando vita alla moda letteraria dei “Misteri“, con tematiche asciutte tra il gotico e il giallo, con una sapiente
mistura di orrore e brivido. Il capostipite fi Eugene Sue, i suoi Misteri affrontavano il tema della denunci sociale tracciando
spietati e crudi ritratti di realtà metropolitane degradate, ove spesso venivano commessi truci delitti, al centro di trame oscure e misteriose. Erano costruiti secondo le formule tipiche del feuilleton con scambi d’identità, malattire, guarigioni
miracolose, eventi sensazionali, ma univano anche elemenbti di indagini processuali o di polizia che ri rivelano funzionali
alla drammattica realtà che si vuol presentare.
FRANCESCO MASTRIANI
Fu tra gli autori italiani che più si avvicinarono a questo genere. Era napoletano e fu molto osannato da Benedetto Croce
“C’era invece ancora(1845 circa)in Napoli un romanziere d’appendice che non solo è importante per la conoscenza dei costumi e della psicologia del popolo e della piccola borghesia partenopea, ma rimane il più notabile romanziere del
genere che l’Italia abbia dato”.
Nelle sue opere ricorrono soluzioni ad effetto e atmosfere di sapore gotico, come ne “La cieca di Sorrento” o ne
“Il mio cadavere”(1853), romanzi entrambi pre-unitari.Praticò un intreccio da feuilleton ma inserendovi modelli “psicologici”, riferimenti a procedimenti scientifici. Così ne “Il mio cadavere”svolge una dettagliata teoria sulle modalità
di accertamento di un decesso o della imbalsamazione del corpo umano.
Nei romanzi post-unitari lo stile del Mastriani approda a una forma di verismo “umanitario”, con la descrizione impetosa della propria città, vista in tutte le sue contraddizioni e negli aspetti più inquietanti.Ecco con vari sottotitoli I Vermi, le Ombre, i Misteri di Napoli.Usaava un linguaggio crudo e diretto, adattandolo alle diverse estrazioni sociali dei protagonisti, sino ad arrivare al gergo malavitoso deoi bassi partenopei. Una prosa naturalista secondo i dettami del
verismo.Le trame si arricchiscono di temi legati alla camorra, alla criminalità dei quartieri poveri, allo sfruttamento del
lavoro, in questo seguendo gli esempi di Hugo e Sue, perseguendo nel contempo fini moralizzatori.
Mastriani era un romanziere di denuncia, di inchiesta sociologica, mai però si rivelò un populista.Le sue opere erano destinate al ceto popolare, alla piccola borghesia e per lo poi venivano pubblicate a dispense o a puntate sui giornali.
Ottennero un gran successo, e restano ancora oggi un esempio importante di narrativa di impegno civile e di esempio su cosa avvenne nel nostro Mezzogiorno.
“Il brindisi di sange”(1893) sembra ispirato a Ponson du Terrail con scambi di identità,eredità contese,amori infelici,complotti ai danni di poveri innocenti, Ma se forti sono i richiami sociali e i riferiementi storici(sono citati ad
esempio i moti indipen tisti del 1860)non esita a condannare i comportamenti violenti della polizia. Costruisce un
“romanzo giudiziario”, assai vicino ai modelli del poliziesco(oggi si direbbe un “legal thriller”). E da grande anticipatore che è stato Mastriani, il colpevole si scopre solo nelle ultime pagine grazie a un colpo di scema, mentre nel corso della narrazione fornisce al lettore indizi e collegamenti utili per la decifrazione dell’enigma. Insomma un vero e proprio
anticipatore del genere giallo.E quindi tornando a “Il mio cadavere” che è del 1852 non è sbagliato considerare
questo libro come il primo di genere apparso in Italia.
EMILIO DE MARCHI
Anche lui è considerato tra i precursori del giallo, pubblica nel 1888 “Il cappello del prete”, già uscito a puntate
un anno prima su un giornale milanese, “L’Italia” e poi l’annu successivo anche su “Il Corriere di Napoli”.De
Marchi considerava il suo romanzo come un “esperimento“a suffragio di alcune sue teorie.Intanto voleva dimostrare che gli autori italiani potevano benissimo competere con quelli francesi in materia di feuilleton e poi che al pubblico
dei lettori andavano forniti prodotti di maggiore qualità; il successo era per lui sicuro. Ed infatti per lui fu così sia
nella versione a puntate sia in forma di romanzo. Importante era anche il fatto che avesse “girato”l’Italia e fosse stato apprezzato ovunque. L’autore milanese rifuggiva le forzature melodrammatiche del feuilleton, voleva invece lanciare un nuovo modello narrativo, che doveva esprimere le caratteristiche della tradizione italiana e riuscire a coinvolgere la maggior parte possibile delle persone.
Con le sue trame concise ed avvincenti, sempre vincolate alla realtà quotidiana, quindi assai verosimili, fa vedere che per lui il romanzo giallo è un mezzo con cui perseguire più finalità. Egli tentava infatti “di affascinare il lettore non con il fargli amare il delitto, ma coll’ispirargliene l’orrore, e restando sempre moralissimo”. Ebbe grande successo in Italia
e all’estero e anche la critica fu prodiga di riconoscimenti.
continua
con il detective Rouletabille(1908). Ma per i più il vero inventore del giallo resta il creatore del grande Sherlock Holmes,
sir Arthur Conan Doyle(“Uno studio in rosso-1887).
E in Italia?
Sulla scia della fortuna arrisa ai romanzi d’appendice francese che dalla metà del secolo diciannovesimo si erano imposti pure da noi dando vita alla moda letteraria dei “Misteri“, con tematiche asciutte tra il gotico e il giallo, con una sapiente
mistura di orrore e brivido. Il capostipite fi Eugene Sue, i suoi Misteri affrontavano il tema della denunci sociale tracciando
spietati e crudi ritratti di realtà metropolitane degradate, ove spesso venivano commessi truci delitti, al centro di trame oscure e misteriose. Erano costruiti secondo le formule tipiche del feuilleton con scambi d’identità, malattire, guarigioni
miracolose, eventi sensazionali, ma univano anche elemenbti di indagini processuali o di polizia che ri rivelano funzionali
alla drammattica realtà che si vuol presentare.
FRANCESCO MASTRIANI
Fu tra gli autori italiani che più si avvicinarono a questo genere. Era napoletano e fu molto osannato da Benedetto Croce
“C’era invece ancora(1845 circa)in Napoli un romanziere d’appendice che non solo è importante per la conoscenza dei costumi e della psicologia del popolo e della piccola borghesia partenopea, ma rimane il più notabile romanziere del
genere che l’Italia abbia dato”.
Nelle sue opere ricorrono soluzioni ad effetto e atmosfere di sapore gotico, come ne “La cieca di Sorrento” o ne
“Il mio cadavere”(1853), romanzi entrambi pre-unitari.Praticò un intreccio da feuilleton ma inserendovi modelli “psicologici”, riferimenti a procedimenti scientifici. Così ne “Il mio cadavere”svolge una dettagliata teoria sulle modalità
di accertamento di un decesso o della imbalsamazione del corpo umano.
Nei romanzi post-unitari lo stile del Mastriani approda a una forma di verismo “umanitario”, con la descrizione impetosa della propria città, vista in tutte le sue contraddizioni e negli aspetti più inquietanti.Ecco con vari sottotitoli I Vermi, le Ombre, i Misteri di Napoli.Usaava un linguaggio crudo e diretto, adattandolo alle diverse estrazioni sociali dei protagonisti, sino ad arrivare al gergo malavitoso deoi bassi partenopei. Una prosa naturalista secondo i dettami del
verismo.Le trame si arricchiscono di temi legati alla camorra, alla criminalità dei quartieri poveri, allo sfruttamento del
lavoro, in questo seguendo gli esempi di Hugo e Sue, perseguendo nel contempo fini moralizzatori.
Mastriani era un romanziere di denuncia, di inchiesta sociologica, mai però si rivelò un populista.Le sue opere erano destinate al ceto popolare, alla piccola borghesia e per lo poi venivano pubblicate a dispense o a puntate sui giornali.
Ottennero un gran successo, e restano ancora oggi un esempio importante di narrativa di impegno civile e di esempio su cosa avvenne nel nostro Mezzogiorno.
“Il brindisi di sange”(1893) sembra ispirato a Ponson du Terrail con scambi di identità,eredità contese,amori infelici,complotti ai danni di poveri innocenti, Ma se forti sono i richiami sociali e i riferiementi storici(sono citati ad
esempio i moti indipen tisti del 1860)non esita a condannare i comportamenti violenti della polizia. Costruisce un
“romanzo giudiziario”, assai vicino ai modelli del poliziesco(oggi si direbbe un “legal thriller”). E da grande anticipatore che è stato Mastriani, il colpevole si scopre solo nelle ultime pagine grazie a un colpo di scema, mentre nel corso della narrazione fornisce al lettore indizi e collegamenti utili per la decifrazione dell’enigma. Insomma un vero e proprio
anticipatore del genere giallo.E quindi tornando a “Il mio cadavere” che è del 1852 non è sbagliato considerare
questo libro come il primo di genere apparso in Italia.
EMILIO DE MARCHI
Anche lui è considerato tra i precursori del giallo, pubblica nel 1888 “Il cappello del prete”, già uscito a puntate
un anno prima su un giornale milanese, “L’Italia” e poi l’annu successivo anche su “Il Corriere di Napoli”.De
Marchi considerava il suo romanzo come un “esperimento“a suffragio di alcune sue teorie.Intanto voleva dimostrare che gli autori italiani potevano benissimo competere con quelli francesi in materia di feuilleton e poi che al pubblico
dei lettori andavano forniti prodotti di maggiore qualità; il successo era per lui sicuro. Ed infatti per lui fu così sia
nella versione a puntate sia in forma di romanzo. Importante era anche il fatto che avesse “girato”l’Italia e fosse stato apprezzato ovunque. L’autore milanese rifuggiva le forzature melodrammatiche del feuilleton, voleva invece lanciare un nuovo modello narrativo, che doveva esprimere le caratteristiche della tradizione italiana e riuscire a coinvolgere la maggior parte possibile delle persone.
Con le sue trame concise ed avvincenti, sempre vincolate alla realtà quotidiana, quindi assai verosimili, fa vedere che per lui il romanzo giallo è un mezzo con cui perseguire più finalità. Egli tentava infatti “di affascinare il lettore non con il fargli amare il delitto, ma coll’ispirargliene l’orrore, e restando sempre moralissimo”. Ebbe grande successo in Italia
e all’estero e anche la critica fu prodiga di riconoscimenti.
continua
GIUSEPPE PREVITI