PROFILI D’AUTORI: VALERIO VARESI
13 Settembre 2010L’UOMO DAGLI OCCHI GLAUCHI DI PATRIZIA DEBICHE VAN DER NOOT-CORBACCIO EDITORE
6 Ottobre 2010Per le edizioni Marco Del Bucchia è uscita la raccolta delle storie che hanno partecipato al Premio Orme Gialle
2010. Vi appaiono i racconti di Alberto Eva, Silvestro Gambi,Marco De Franchi, Lucia Bruni,Bettina Bartalesi, Emanuela Zini, Jacopo Mondini, Stefano Masoni,Mariarita Cupersito, Gaia Conventi e Riccardo Gazzaniga.
Ma in particolare ci vogliamo soffermare sul racconto di Alberto Eva, vincitore di questa rassegna, “Dernier cri”,
anche per rendere un omaggio a uno scrittore che è stato tra le pietre basilari nell’affermazione del giallo italiano,
vincitore del Premio Gran Giallo a Cattolica alla fine degli anni Settanta, quando parlare di scrittori di gialli italiani
sembrava un’eresia. Sono passati trenta anni, ma lui è sempre là, sulla breccia, ha ancora voglia di partecipare, di mettersi in gioco, e certamente non ha smarrito nè la voglia di scrivere nè la buona vena.
Con “Dernier cri” entriamo in una storia di famiglia, attraverso il dialogo tra un padre e un figlio, inframezzato di
pensieri, ricordi, impressioni, ora dell’uno, ora dell’altro e così si ricostruisce la loro vita. Scopriamo via via come si è formata questa famiglia, i lutti che l’hanno colpita, le mimime storie quotidiane. E sullo sfondo un personaggio
muto ma essenziale nello sviluppo e nei destini dei due, e quindi della trama: la casa dove abitano da una vita.
Una sorta di testimone muta ma non per questo meno presente.
Un racconto abbastanza singolare per la forma narrativa scelta, una sorta di “dialoghi-monologhi”, che poi non
è altro che una lunga confessione dei propri stati d’animo.Ha una sua particolare fluidità musicale questa ma-
niera di raccontare, apparentemente un thriller dell’anima, anche se ben presto si capisce dove si andrà a
parare. Se volessimo usare un linguaggìo sportivo “Dernier cri” ci ricorda una partita di tennis, con i due protagonisti che si lanciano continuamente la pallina…., pardon, i pensieri, i ricordi. Unendo tutti questi
brandelli della loro esistenza vediamo che poi non è tutto così negativo, ci sono stati pure amori,gioie,passioni,
ma una parte importante l’hanno avuta anche i libri, la politica, le cose di tutti i giorni che formano un’esistenza.
UJn libro-confessione. non vogliamo sapere neppure quanto sia autobiografico,si sente che l’autore vi è
intimamente coinvolto, ma da quell’eccellente scrittore che è, Alberto Eva riesce ad evitare il pericolo del-
l’autocelebrazione e scrive una storia che ognuno può ritenere come la sua.
Da sottolineare come abbia saputo strutturare questo racconto, quasi settorizzando questi ricordi e arrivando in un crescendo tragico alla resa dei conti che per un uomo è il rivivere tutta la storia della sua vita.
La tragedia di una esistenza manifestata attraverso queste struggenti confessioni, ma anche l’abilità dello scrittore nel tenerci avvinti sino all’ultima pagina, come un buon giallo comanda,
Alberto Eva da buon fiorentino ama la polemica, dive di aver voluto scrivere questo racconto in un italiano “sporco”,
per venire incontro ai tanti analfabeti che troviamo nella letteratura, e non solo in quella di genere. Ma ce ne
fossero di…analfabeti come lui.
2010. Vi appaiono i racconti di Alberto Eva, Silvestro Gambi,Marco De Franchi, Lucia Bruni,Bettina Bartalesi, Emanuela Zini, Jacopo Mondini, Stefano Masoni,Mariarita Cupersito, Gaia Conventi e Riccardo Gazzaniga.
Ma in particolare ci vogliamo soffermare sul racconto di Alberto Eva, vincitore di questa rassegna, “Dernier cri”,
anche per rendere un omaggio a uno scrittore che è stato tra le pietre basilari nell’affermazione del giallo italiano,
vincitore del Premio Gran Giallo a Cattolica alla fine degli anni Settanta, quando parlare di scrittori di gialli italiani
sembrava un’eresia. Sono passati trenta anni, ma lui è sempre là, sulla breccia, ha ancora voglia di partecipare, di mettersi in gioco, e certamente non ha smarrito nè la voglia di scrivere nè la buona vena.
Con “Dernier cri” entriamo in una storia di famiglia, attraverso il dialogo tra un padre e un figlio, inframezzato di
pensieri, ricordi, impressioni, ora dell’uno, ora dell’altro e così si ricostruisce la loro vita. Scopriamo via via come si è formata questa famiglia, i lutti che l’hanno colpita, le mimime storie quotidiane. E sullo sfondo un personaggio
muto ma essenziale nello sviluppo e nei destini dei due, e quindi della trama: la casa dove abitano da una vita.
Una sorta di testimone muta ma non per questo meno presente.
Un racconto abbastanza singolare per la forma narrativa scelta, una sorta di “dialoghi-monologhi”, che poi non
è altro che una lunga confessione dei propri stati d’animo.Ha una sua particolare fluidità musicale questa ma-
niera di raccontare, apparentemente un thriller dell’anima, anche se ben presto si capisce dove si andrà a
parare. Se volessimo usare un linguaggìo sportivo “Dernier cri” ci ricorda una partita di tennis, con i due protagonisti che si lanciano continuamente la pallina…., pardon, i pensieri, i ricordi. Unendo tutti questi
brandelli della loro esistenza vediamo che poi non è tutto così negativo, ci sono stati pure amori,gioie,passioni,
ma una parte importante l’hanno avuta anche i libri, la politica, le cose di tutti i giorni che formano un’esistenza.
UJn libro-confessione. non vogliamo sapere neppure quanto sia autobiografico,si sente che l’autore vi è
intimamente coinvolto, ma da quell’eccellente scrittore che è, Alberto Eva riesce ad evitare il pericolo del-
l’autocelebrazione e scrive una storia che ognuno può ritenere come la sua.
Da sottolineare come abbia saputo strutturare questo racconto, quasi settorizzando questi ricordi e arrivando in un crescendo tragico alla resa dei conti che per un uomo è il rivivere tutta la storia della sua vita.
La tragedia di una esistenza manifestata attraverso queste struggenti confessioni, ma anche l’abilità dello scrittore nel tenerci avvinti sino all’ultima pagina, come un buon giallo comanda,
Alberto Eva da buon fiorentino ama la polemica, dive di aver voluto scrivere questo racconto in un italiano “sporco”,
per venire incontro ai tanti analfabeti che troviamo nella letteratura, e non solo in quella di genere. Ma ce ne
fossero di…analfabeti come lui.
GIUSEPPE PREVITI