” ANNA KARENINA” DI JOE WRIGHT
1 Marzo 2013” IL GRANDE E POTENTE OZ” DI SAM RAIMI
13 Marzo 2013Cast: Nicola Rignanese Antonino Iuorio Roberta Mattei Valentina Sperlì Federica Bern Pierluigi Cicchetti Roberto Valerio Massimo Grigò Peter Weyel- regia di Roberto Valerio
Qualche volta capita che ci si riconcilii con il teatro. Ieri sera al Manzoni di Pistoia dopo certi spettacoli ossessivi, noiosi, ripetitivi finalmente uno spettacolo allegro, delicato, una festa del teatro nel teatro. La Compagnia diretta da Roberto Valerio, che riserva a sè stesso il ruolo del demiurgo della situazione, ci offre uno spettacolo che va oltre la…linea grigia che contraddi-
stingue le monotone stagioni teatrali di questi tempi. Niente d’eccezionale, per carità, ma uno spettacolo delizioso, pieno di gusto, ben calibrato.
Quale approccio ha dato Valerio a questa vecchia commedia goldoniana?
La vicenda ruota attorno a un gruppo di attori, uomini e donne, pettegoli, invadenti, supponenti, gelosi, boriosi ma anche tremendamente bisognosi di lavorare per placare
la fame. Quando ecco che si illudono di avere trovato la “scrittura della loro vita”. Tutti persi nella loro vita fatta di intrighi e piccole beghe non si accorgono di essere pedine
di un gioco più grande di loro, il potere è di chi veramente i soldi li ha, e loro sono marionette in mano al potente di turno.
Si suole ricordare a commento di questa commedia una annotazione di Gaspare Gozzi che con garbato distacco descriveva i preparativi di una compagnia di cantanti e attori
per recitare un “dramma in musica”. Ma quanto lui era disincantato nell’affrontare l’argomento su cui poi tirava la sua morale, Carlo Goldoni invece affronta l’argomento, crea
la commedia dall’innamorato del teatro quale era e anche mettendoci tutto il suo estro comico. Molto calore, molta simpatia per questi guitti ma anche una vena dissacrante e
caricaturale nel come vengono rappresentati, questo è certamente il senso de L’impresario delle Smirne. L’azione è povera, i personaggi di maniera, ma traspare anche tutto
l’amore e la simpatia dell’autore per questo mondo fantastico, allegro, profondamente umano, certamente messo alla berlina ma con sorridente ironia.
Goldoni conosceva a menadito il mondo del teatro, degli attori, delle attrici, costumi, vizi, invidie, capricci, un mondo perennemente in bolletta, ma non per questo meno
presuntuoso e sordido. Però questi attori erano poi splendidi nel dare vita ai loro personaggi, divenivano affascinanti, e questo Goldoni lo sa bene e per questo li amava, pur
denunciandone le vacuità, i capricci, le misere beghe. Ed ecco quindi che L’impresario si trasforma in uno spettacolo divertente e accattivante.
La storia è assai semplice: capita a Venezia, Alì, un turco, che vuole formare una compagnia di canto e ballo da portare a Smirne, dove si dice che avrà un gran successo. Gli offre i suoi servigi il Conte Lasca, squattrinato procacciatore teatrale ma più che altro interssato alle….prime donne. Di queste ne abbiamo tre, Lucrezia, la “virtuosa”fiorentina, Tognina, la
“virtuosa” veneziana e Annina, la “virtuosa” bolognese. Attorno a loro un gruppo di uomini Carluccio, Pasqualino, Maccario, tutti buffi, eccentrici, incapaci di tenere un segreto.
Una squadra assai eccentrica ma assolutamente divertente. Va anche detto che Goldoni aveva preparato due versioni, l’una in versi, l’altra in prosa, anni fa per una sua memorabile edizione Luchino Visconti aveva scelto i versi Valerio invece ce la offre in versi.
Succede che Alì, che più che alle musiche sembra interessarsi alle grazie delle furbe femmine, come del resto il con te Lasca, si impaurisca dinanzi alle manovre, alla sguaiataggini, alle
litigiosità di tutta questa gente e quindi rinunzi a formare la compagnia, partendo sol soletto e lasciando gli altri alle loro illusioni e ai loro guai.
Eccoli tutti a terra, vani i preparativi, vani i reciproci sgambetti, vale le tante maldicenze, il sogno è svanito, grande è la delusione. Un testo e una rappresentazione teatrale
che si prestano quindi a uno spettacolo fantasioso, ricco di immagini, ricco di quella atmosfera della Venezia del Settecento piena di grazia e di allegria che permette di confezionare
una storia dove la magia del palcoscenico fa superare la banalità e il rancore della vita quotidiana. Un grande atto di amore del Goldoni, intriso di nostalgia, verso un mondo che gli
appariva fantastico e suggestivo.
Roberto Valerio ha cercato di restituire allo spettatore la verità e l’atmosfera di Goldoni, cercando di far risaltare quell’amore che lui ha trasfuso nelle sue creature, al di là
dell’ironia con cui ce le ha rappresentate. Una scena non particolarmente ricca ma funzionale al progetto, l’essere riusciti a mantenere sempre viva l’arguzia, la sottigliezza,
la finezza del testo, ecco i pregi di una messa in scena molto goldoniana e molto teatrale, ariosa e scorrevole, ma ribadiamo, grandemente teatrale. E gli attori sono stati bravi
nel restituire alla ribalta questa vita quotidiana, persa tra una realtà spesso amara e un clima da fiaba che fa superare ogni problema.
Su questo palcoscenico che si apre su una locanda si avvicendano i nostri “guitti” con i loro sogni,le loro speranze, le loro miserie. Li conosceremo nel giro di una giornata con
i bagagli sempre pronti, dalle delusioni dell’alba alle illusioni del giorno ancora alla disillusione della mancata partenza.
Una sorta di rappresentazione del nascere e dello svanire della vocazione teatrale nel giro di una giornata. Bravi nel dar vita a tutto questo il gruppo degli attori, Valerio è un ambiguo e
insinuante conte Lasca, le tre “virtuose” sono Alessandra Sperlì. Roberta Mattei, Federica Bern, ma tutti sono bravi per gesti, intonazioni e resa scenica.
L’impresario è un affresco a cui la compagnia che lo rappresenta da il suo apporto corale, perché essenzialmente è un lavoro d’insieme, tutti sono necessari a un meccanismo ad
orologeria che appunto richiede l’apporto di tutti, ricreando il clima tanto ilare quanto licenzioso dell’epoca. Valerio nelle sue note di regia sembra chiedersi se il Tetatro e i Teatranti
siano cambiati nel tempo, o meglio al giorno d’oggi il Teatro che ruolo ha nella società? E come sono considerati gli attori oggi? E il ruolo del finanziatore come è considerato oggi?
Argomenti difficili su cui si potrebbe disquisire a lungo, Goldoni allora, Valerio oggi, sono uomini di teatro che lo amano e ne vogliono parlare, sicuramente sono passati quasi
due secoli ma certi interrogativi, al di là dell’intento satireggiante, sembrano comuni anche ai giorni nostri.
GIUSEPPE PREVITI