“IL MOSTRO DI EBERSDORF” DI STELVIO MESTROVICH-A.CAR EDIZIONI
29 Marzo 2011“NEMESI” DI JACQUELINE MONICA MAGI- MARCO DEL BUCCHIA EDITOREN
18 Aprile 2011Quando particolari circostanze ti fanno rileggere un libro che hai letto la prima volta tanti anni fa ti resta sempre un senso di curiosità e di
attesa per le sensazioni che ti può suscitare a questa nuova rilettura e nel contempo ti fa interrogare non solo su quelli che potevano essere i tuoi gusti di allora, ma anche sul cammino che quell’autore ha percorso, se lo ha percorso,in tutto questo periodo.
L’autore in questione era Marco Vichi, l’anno era il 1999, il libro si intitolava “L’inquilino”.Questo romazo segnò l’inizio di una lunga e fortunata carriera letteraria, contrassegnata anche dall’approdo a stili diversi, dal noir allo storico alla narrativa all’inchiesta anche se
molti identificano Marco Vichi con il suo personaggio seriale, il commissario Bordelli, che certamente gli ha dato fama e notorietà, ma
sarebbe riduttivo per le qualità di scrittore del Vichi limitarsi a un solo aspetto della sua vasta produzione.
Del resto “L’inquilino”riflette un pò quella che sarà la espressione letteraria di Vichi, sempre abbastanza cangiante e abile nell’affrontare
più piani narrativi.In questa storia conosciamo Carlo un traduttore in difficoltà economiche che vive alla periferia di Firenze. Per far quadrare il proprio bilancio decide di affittare una parte del suo appartamento per dividere le spese con l’inquilino.Ma come inquilino gli capita Fred, un tipo stravgante,indisponente, invadente, chi ne ha più ne metta, e la coabitazione sarà tutt’altro che facile. La teantazione di Carlo è di sbarazzarsi di questo ingombrante individuo, ma non sarà semplice, Fred è uno che sa vivere, ha sempre la battuta pronta,ci sa
fare con le donne, riesce sempre o a cavarsela a od aver successo.Insomma tutto l’opposto di Carlo…..
Ma questa storia che sembra più comica che tragica assume poi aspetti sempre più seriosi con l’assassinio due vecchiette, la polizia che dà la caccia al colpevole, il tutto sullo sfondo di una Firenze popolare, ricca di figure pittoresche, con linguaggi molto sboccati, insomma una Firenze meno stereotipata del solito.
Carlo il padrone di casa, Fred l’inquilino,il diavolo e l’acqua santa. Carlo ha problemi ad arrivare alla fine del mese, è imbranato con le donne, vive in conflitto perenne con buona parte del mondo intero. Di contro Fred lo sbruffone, sempre sicuro di sè, uno che sa prendere la vita per il verso giusto e non diciamo…le donne.La sicurezza con cui Fred gli si installa in casa, gli frantuma la vita privata e la sua intimità aumentano i dubbi e le idiosincrasie di Carlo che si sente un perdente.
Per Marco Vichi “L’inquilino“era il romanzo d’esordio, e colpisce ancora oggi perchè raramente si incontra un metodo di narrare che ti
avvince subito, con nuna scrittura chiara,assai nitida. A suo tempo di scomodò perfino Pratolini…Particolarmente significativa è la descrizione di Firenze, non la Firenze del centro storico, ma quella delle periferie, in un mix molto azzeccato tra la rutilamte Firenze dei turisti, con tutti i problemi tipici delle grandi metropoli. Invece qui ci troviamo in quartieri che sembrano tipicamente provinciali, tutti si conoscono, tutto si svolge in un contesto non statico e non riflesso su se stesso per rimirare le proprie bellezze. Questa di Vichi è una Firenze che palpita,vive frenetica, ce la pennella con ampie concessioni al grottesco, popolandola di personaggi spesso fuori della norma, a partire dai due protagonisti.Conosciamo baroni decaduti ora ridotti a barboni, vicine invadenti quanto generose ma anche piene di pregiudizi, e poi vecchine pie,ortolani zoppi,ragazzine tutto sesso, prostitute tanto provocanti quanto tristi. In tutta questa fauna non possono mancare un serial killer abitudinario che strozza le sue vittime alle quattro di notte, e un commissario un pò stracco ma di buon senso.
Vichi sembra soffrire l’im magine della “Firenze-cartolina”, la sua è una Firenze grande e piccola allo stesso tempo,e quindi con i difetti dell’una e dell’altra. E tra le righe una critica non tanto nascosta a chi vive solo del passato, ormai spesso solo di “facciata”. Invece la città di Vichi è dura,violenta, per viverci devi essere forte, pronto a lottare. Una città dove fondamentalmente si vive male, con un senso di frustrazione per i problemi dell’oggi, e ognuno finisce per rifugiarsi nella propria individualità. Tutto questo non può non pesare nei rapporti tra i nostri protagonisti, l’un contro l’altro armati, ma questo avviente anche per tutti coloro che li circondano.
Insoddisfazione,frustrazione, incapacità di rapporti sono i tabù di Carlo, solo all’interno della propria casa si sente protetto, e certo l’arrivo di Fred sarà per lui traumatizzante.Chi è insoddisfatto di sé non sa relazionarsi con gli altri :può essere una delle chiavi di lettura di questo testo. Un romanzo sulla solitudine, la solitudine di chi non capisce gli altri e dagli altri non è capito. Anche se poi Carlo cerca disperatamente gli altri, le donne,le vicine di casa, alla fin fine ha biosgno di qualcuno che gli faccia vedere che “esiste”, perfino Fred finisce per essergli necessario per riempire questa solitudine.
Quando scrive questa storia Vichi è ai suoi esordi, ci si può domandare, visto che poi diverrà uno dei maggiori giallisti italiani,cosa avesse voluto dire, o meglio ci sono già in questo romanzo i prodomi del giallo? Sicuramente ha costruito un romanzo a due facce, e la parte più consistente gioca sul confronto tra i due nemici-amici, Carlo e Fred, che sono forse le facce di un o stesso personaggio. L’altra faccia è riservata al classico omicidio con relative indagini, sospetti, ricerche,interrogatori sino alla scoperta del colpevole.
Molto intrigante è lo studio dei caratteri, una prerogativa che diverrà uno dei marchi di fabbrica del nostro autore.
Carlo Vicarelli è il protagonista, la storia la narra in prima persona e noi avvertiamo tutta la sua rabbia e la sua impotenza di fronte alla sicurezza,alla protervia alla personalità dell'”inquilino”. Tutto fa crescere la sua frustazione, lo rende sempre
più insicuro e quasi temi con lui e per lui quando il commissario svolge i suoi interrogatori e lo mette in difficoltà. E t immedesimerai n ei suoi sogni di riscatto puntualmente infranti, nelle sue euforie quando si rivela un cuoco perfetto e tuttti,Fred in testa,lo lodano. E ancora patirai con lui e per lui n ei suoi goffi tentativi con le donne, e se a Fred va sempre tutto bene per Carlo l’unica volta che si comporta da uomo finisce malmenato all’ospedale.
In opposto Fred l’impossibile, lo stravagante, il disordinato, il rumoroso, il rompiscatole, il mai collaborativo.Oltretutto
scopriremo che è tutt’altro che uno stinco di santo.Ma a Carlo riempie la vita, pur se lui non lo ammetterà mai, e Carlo finirà per rimanere quasi ammaliato da questo singolare compagno che se non altro gli insegnerà a battesri, a essere più sicuro di se stesso.
E poi un commissario di polizia, Squarci,qualcuno ci ha visto il segno premonitore di Bordelli, il poliziotto che darà fama e celebrità a Marco Vichi. Squarci è un uomo enorme,dal viso triste, senza espressione,molto umano e certo tante di queste cose le rtitroveremo in Bordelli.
Altra protagonista, come lo sarà poi in tanti dei suoi romanzi, la città che sin da questo primo libro diviene parte integrante della narrazione, una Firenze viva, lontana da quella dei turisti formato “cartolina”, una città oscura, quella rionale dove tutti si conoscono, parlano e sparlano, perfino il fatto che Carlo si sia tirato in casa un inquilino darà la stura a tante maldicenze.
Vorrei chiudere rammentando il messaggio finale di Fred “L’uomo non è mai ciò che sembra”, conclude questa storia di due uomini che più diversi non potevano essere, ma mai giudicare ammonisce…il saggio Fred.
GIUSEPPE PREVITI