” GUARDIE E LADRI” – DI LUCA PAGNINI- EDIZIONI LE GRU
22 Settembre 2013” VENGA PURE LA FINE ” DI ROBERTO RICCARDI- E/0 EDIZIONI
6 Ottobre 2013La vicenda si svolge nell’ Alessandria del 194o, vigilia di un autunno che si prospetta assai fosco, con la guerra che incombe. La città è scossa dall’esecuzione con due
colpi alla schiena e alla nuca di un malavitoso, Onofrio Scipioni, detto Dedé. La vita della città scorre come in ogni capoluogo di provincia sonnolenta, lavoro,lavoro,lavo-
ro, poi ci sono le ansie per le sorti del Paese da tre mesi in guerra, mentre si danno un gran daffare gli esponenti del regime. Lontano da tutto ciò è il commissario Augusto
Maria Bendicò, uomo di poche parole ma dotato di una certa ironia e ancora prostrato per un lutto assai recente causa l’improvvisa morte della moglie. Si tuffa letteralmente
nel caso dell’uomo assassinato. L’ucciso non era un delinquentello di mezza tacca come sembrava ma era a capo di un grosso giro di scommesse, di prostituzione, contrabbando,
gioco d’azzardo. Il tutto in una città dove molti abbienti vivevano con il terrore di essere ricattati. Intanto il questore, asservito al regime, preme perché si chiuda il caso in
fretta, ma Bendicò non ci sta, scava a fondo anche nella propria coscienza, ma principalmente in quella di un paese che sembra aver perso ogni valore morale.
Veramente un bel romanzo L’uomo dei temporali di Angelo Marenzana, scritto molto bene con una scrittura ben ritmata, alla base di una trama inclazante che ci apre gli
occhi su un’epoca ricca di chiaroscuri, in una città in cui si sta per scatenare un temporale, portato appunto dall’atteso “uomo dei temporali”.
Sono tempi tenebrosi quelli in cui vive il commissario Bendicò, ma non soltanto per la guerra che l’Italia sta vivendo ma anche per il suo dramma personale, non riuscen-
do ad abituarsi alla scomparsa della moglie. La storia si svolge nell’Italia del 194o, più precisamente ad Alessandria, una tipica città di provincia, vi si respira aria di
guerra, ma non basta a cancellare i vizi segreti della città stessa. Bendicò appare come una mosca bianca nel clima abbastanza “allineato” della questura, con alla testa un
questore tutto dedito alle pratiche del culto del regime. Bendicò è un disilluso, venute meno da un punto di vista morale le premesse della Grande Guerra a cui ha parte-
cipato, dove si è abituato a ogni orrore, alla morte ma confidando anche che doveva servire a creare un mondo migliore. Poi è sopraggiunta la perdita della moglie, e
allora per lui l’unica cosa che a questo punto conta è l a verità, il bisogno di dire ” giustizia è stata fatta “. In questo caso che gli capita per le mani si batterà contro tutto e
tutti proprio per affermare la verità.
Qualche anno fa con Millenovecentotrentasei si fa la prima conoscenza con il personaggio di Bendicò. Ancora la città piemontese co- protagonista in questo nuovo
romanzo, stavolta viene però indicata esplicitamente con il suo nome, non più genericamente “la città”. Alessandria diviene simbolo di una provincia piena di sussurri,
di maldicenze, curiosa e spietata a un tempo, sotto la facciata di perbenismo si occultano vizi e nefandezze di ogni tipo. Con Bendicò opera un nuovo aiutante, il
brigadiere Rizzo, un giovane che vuole emergere, ma è un tipo a mezza via tra il cieco obbedire all’ottuso procedere predicato dall’ottuso questore Zappia e la voglia
di aprire gli occhi, guardarsi intorno, fare con coscienza il proprio mestiere come gli insegna il commissario.
Marenzana ne approfitta per darci l’immagine di questa Italia fascista piena di vizi e di ipocrisie,arrivando a tracciare il quadro di un’epoca, stavolta nella prospettiva
della provincia, che non è meno discussa e discutibile di quella che è apparsa nei libri gialli ambientati in quel periodo nelle grandi città. Il tutto lo ravvisiamo nei
pensieri e nell’agire di questo commissario che parla poco, fuma molto, ma che quel che pensa lo dice senza perifrasi. E’ quindi destinato a piacere ai lettori, significa-
tivo è anche il nome dello stesso commissario che ricorda quello di un segugio di razza, l’alano del Principe di Salina nel Gattopardo.
Marenzana ci tiene a dirlo di non essere né uno storico né un saggista, però vuole e ci riesce, ricorrendo alla chiave del giallo, a raccontare la vita di una città durante
una determinata epoca storica. Chiaramente l’autore la vive attraverso i ricordi e le esperienze che gli hanno raccontato i suoi nonni e i suoi genitori che hanno vissuto
la vita della città. A tutto questo patrimonio personale si possono aggiungere le leggende “urbane” di un piccolo centro, con le sue maldicenze, i suoi rancori ,ma anche
con le sue cose belle. Un insieme di fatti e di sensazioni che si tramandano nel tempo e che lui cerca di estrarre dalle nebbie non solo materiali, tipiche della regione, ma
anche metaforiche….
L’uomo dei temporali è un libro di fantasia, Marenzana non ha vissuto quei giorni per ragioni anagrafiche ma ne ha voluto dare una sua versione estraendola dall’oblio
dei tempi e lavorando quindi sulla sua città degli anni ’40. Confessa di aver preferito parlare di “quella ” Alessandria che non di quella attuale, proprio perché questa
attualità dei giorni nostri lo mette sempre più a disagio.
Stiamo assistendo probabilmente anche a una ulteriore evolzione dei giallisti nell’affrontare la memoria storica, un tempo, diciamo nell’ultimo decennio, si è
scritto per fare conoscere la storia troppo negletta o troppo stravolta dai media o da programmi scolastici di parte, adesso si scrive non tanto per fare cronaca ma perché
di fronte all’ “inesistenza ” storica del presente si preferisce tornare al passato anche perché è comprovato che spesso parlando del passato si torna al presente….
Figura emblematica del romanzo, e del resto gli è dedicato il titolo, il misterioso Uomo dei temporali che accende fuochi votivi lungo i bastioni e che invoca le pioggie
con una serie di formule magiche. Ma è un uomo vero o il retaggio di qualche antica leggenda ? Certo è che la sua presenza gioca un ruolo delicato negli equilibri della
città e dei suoi umori, in primis quelli del commissario Bendicò. Tutto questo per dire che è stato costruito un testo che restituisce il fascino ad un’epoca in bianco e
nero come del resto è sempre velato il cielo di questa città, e forse non solo lei, in perenne attesa dell ‘ Uomo dei temporali.
GIUSEPPE PREVITI