” L’OLANDA E’ UN FIORE ” DI PAOLO CIAMPI-(EDICICLO)
26 Maggio 2015” LA PIETA’DELL’ACQUA- DI ANTONIO FUSCO- GIUNTI EDITORE
2 Giugno 2015Milano, 27 febbraio 1958.Una banda di rapinatori assalta un furgone portavalori in via Osoppo, sarà un colpo eseguito con una tale tecnica e precisione che resterà
impresso nella memoria collettiva. Due i protagonisti a confronto, Antonio Santi e Roberto Vandelli, allora due bambini o poco più,vivono nel quartiere e assistono
a tutta l’azione, non ne hammo perduto un dettaglio. Per entrambi sarà un giorno significativo nella svolta della loro vita, il primo entrerà in polizia e si ritroverà a dare la caccia ai più spietati gangster che infestano la città in quel periodo. Il secondo invece diventerà uno dei banditi più conoscuti del Paese e si farà la fama di ” imprendibile”. Seguendo il loro duello e la loro vita privata Paolo Roversi ricostruisce un momento assai significativo della nostra storia e in particolare di una Milano
affascinante anche nei suoi aspetti più tenebrosi.
Siamo negli anni Sessanta, anche Milano ha i suoi eroi, guardie e ladri se vogliamo semplificare, grandi poliziotti e grandi ciminali nella storia della capitale lombarda.
Ma sono anche gli anni del boom economico, delle grandi passioni politiche, delle rivolte studentesche,dell’uomo sulla luna, dell’Italia di Messico ’70, di Rischiatutto,
dei banditi che rapinano le banche, le gioiellerie, le pelliccerie, i supermercati, non esitando a ingaggiare conflitti a fuoco con la polizia per le vie citatdine. Eroi crimi-
nali che amavano la bella vita, le belle donne, i soldi, bevevano champagne e indossavano vestiti firmati. Una lotta spietata tra bande che volevano il predominio
della città.
Con Milano criminale e successivamente con Solo il tempo di morire Paolo Roversi ci racconta la saga della malavita milanese degli anni Sessanta e Settanta, con
una ricostruzione mirabile delle atmosfere noir e dei protagonisti della città , resa assai viva e reale. Una Milano vista con occhi nuovi. moderni che vogliono fotogra-
fare questa città con dentro tanto male e tanta violenza.
E’un romanzo che sin dal titolo ci fa capire la volontà di romanzare gli anni in cui la mala imperversava, attraverso la storia pubblica e privata di due uomini, veramen-
te esistiti, che si sono schierati su fronte opppostiò. Con questi due romanìzi Roversi completa un suo persoal percorso sull’epopea criminale milanese. Scorrono sangue
e droga, milioni di lire, avvengono nuovi delitti,all’orizzonte appaiono personaggi nuovi, intanto nuovi sussulti animano la classe studentesca e quella operaia: un insieme di tante cose e di tanti fatti, anche se la visione che ci viene data non è scevra di un certo romanticismo. Tutto è narrato con grande cura, le sparatorie per
le strade, le fughe, i momenti bui e quelli di apparente grande sfarzo, l’amore per le donne belle e vistose, i tanti traffici più o meno leciti, le iniziazioni dei giovani de-
linquenti nelle carceri. Sarà proprio qui che il giovane Vallenzasca, un duro per natura, verrà trasformato in un vero criminale. Un grande affresco di una città che
sarà colpita da vari fatti, e ne verrà segnata, molto sangue, sesso, violenza non solo criminale,però la Milano del 1958, momento in cui inizia questa storia, quella
della “ligera “(così era definita allora la malavita milanese), sarà assai diversa da quella degli anni ‘8o, ma è da qui che si deve partire se si vuol capire cosa è stata
” Milano criminale “. C’è un bellissimo cammeo dedicato a Giorgio Scerbanenco, il primo cantore del noir metropolitano, lui vuole racontare una Milano reale, con
eroi in carne ed ossa. Lui ha creato una figura di sbirro protagonista di quattro romanzi, ma adesso è attratto da una figura nuova, un bandito di 18 anni che già si
fa rispettare,lo chiamano ” il Dillinger italiano”. La cronaca a cui Scerbanenco attinge continuamente ne parla assai, e lui ha intenzione di farne il suo nuovo protago-
nista. Peccato che un destino crudele ce lo porti via, non potrà fare niente. Ma Roversi riparte da quelle storie,da quei protagonisti, parlando di una malavita sì spietata
ma a modo suo più romantica, più naif, e infatti allora si cantava Ma Mi, si ostentavano pellicce di lupo.
Se Vandelli in questa versione romanzata è ispirato a Vallenzasca,Santi deve molto a Achille Serra, un poliziotto che è stato un mito, un uomo tutto d’un pezzo, ricco
di intuito , che non si mai abbattuto. Santi è un uomo tenace, attraversa senza bruciarsi un decennio terribile, non c’è soltanto la malavita classica, siamo nell’Italia
del ’68, lui si troverà a operare anche sul campo, nel bel mezzo delle manifestazioni che agitano la città, gli rimarranno dei segni ma capirà tante cose, anche che il
bene e il male non sono mai da una parte sola.
Il romanzo di Roversi è un compedio di cronaca e di storia di un momento pieno di fermenti, di pulsioni, di situazioni, la vicenda segue un suo filo narrativo ma in
massima parte racconta cose realmente avvenute. Il libro ci riporta non solo ai fatti che accadeero in quegli anni ma è scritto usando anche i termini che venivano
usati in quel periodo dai malavitosi. Una rapina si diceva ciocco e dura, un furto in un appartamento si diceva carbon e scucio, il violinista era una che rubava fur-
goni pieni di merci per rivenderne il contenuto. Milano criminale sa assemblare l’azione dura e violenta con un amarcord anche nostalgico di quegli anni.che non
sono stati solo da buttare,e in quella storia c’entrano giornali, programmi televisivi, inc0ntri di calcio, insomma un come eravamo.
Roversi parte da un ricordo d’infanzia di due ragazzi, che assistono a una rapina epocale, che in loro provocherà conseguenze diverse sul prosegio della loro vita.
Antonio pagherà sulla sua pelle la scelta che lo porta a schierarsi dalla parte di chi deve fare rispettare la legge, lui l’ha sentita come una missione, e negli anni non
comprenderà l’antipatia che giornalisti, opinionisti, intellettuali ma anche semplici cittadini hanno verso i poliziotti .Il questore Nicolosi, suo mentore(altra figura
ispirata a un altro poliziotto famoso, il questore Nardone)e suo vecchio capo gli ricorderà ” Nessuno parteggia per gli sbirri “. I cattivi di contro affascinano sempre
un certo alone di simpatia li circonda, lo si è riscontrato almeno verso un certo tipo di malavita che pur praticando violenza rispettava certi comportamenti.
E il romanzo ci fa riflettere anche su questo, certi atteggiamenti preconcetti verso chi compie il proprio dovere non sono certo accettabili!
Molti furono i gangster famosi di quel periodo, Roversi ce ne parlerà diffusamente nel secondo romanzo dove oltre a Santi e Vallensasca la faranno da protagonisti
i Turatello, gli Epamimonda,i Lutring. Ma in questo primo libro assistiamo all’ascesa di questi due personaggi, il viveur Vallenzasca, che con la banda della Comasina
terrorizzò Milano, furono tempi di duro scontro tra crimine e Stato, e qui appunto si trovarono di fronte Vallenzasca e Achille Serra che guidava la squadra mobile
nella città meneghina, destinato poi a una brillantissima carriera.
Ma Roversi non parla solo della Milano della mala, ci sono gli attentati di Piazza Fontana, la tragica morte di Pinelli,le contestazioni studentesche fomentate da
” ricchi” figli di papà, il movimento dei Katanga, il maggio studentesco, che non è solo italiano.
Tanti i personaggi che animano la storia, anche le donne hanno la loro parte, a conti fatti non sono migliori degli uomini. Carla, la moglie di Santi.è fortemente
ideologizzata tanto da rischiare di mandare all’aria il matrimonio, Nina è la donna del capo, dicono fosse la più sexy di Milano, bellissima e vistosa, pronta a
ogni esperienza, per lui ha lasciato una famiglia ricchissima della Milano-bene, a modo suo forse è più coerente dell’altra.
GIUSEPPE PREVITI