“MIDNIGHT IN PARIS”-DI WOODY ALLEN
4 Dicembre 2011“LA KRYPTONITE NELLA BORSA”DI IVAN COTRONEO
16 Dicembre 2011Cast:Andrè Wilms-Blondin Miguel-Jean-Pierre Darroussin-Jean-Pierre Léaud-Kati Outinen-Pierre Etaix
Aki Kaurismaki ci insegna a ridere(e piangere)raccontando un dramma di emarginati, in un film ricco di allegria,magari un pò datata alla De Sica,alla Frank Capra ,alla Renè Clair,ma forse oggi per far divertire e dare un pò di speranza allo spettatore occore ricorrere al passato.
Il connotato principale dei film di Kaurismaki è la semplicità,l’immediatezza delle cose da fare. Il regista sa cogliere la verità,l’essenzialità della vita, entrando nel cuore e nella vita delle persone e quindi dei suoi personaggi.E la sua macchina da presa lo asseconda in pieno rendendoci il senso delll realtà di una piccola comunità con i suoi colori,i suoi suoni,movimenti di macchina tesi a svelare i vari significati della vicenda,senza indulgere in scontati patetismi.
Con il suo cinema il regista si schiera e ci fa schierare dalla parte dei deboli,degli oppressi, è contro chi non è “né freddo né caldo”, il suo protagonista sente il dovere della solidarietà.Che le sue pellicole siano girate nella natia Finlandia o,come nel nostro film,a Le Havre Kaurismaki mantiene le proprie idee e le proprie convinzioni.
Ci racconta un mondo pieno di povertà, di cattiveria,di delazione, di repressione, un mondo dove si muore anche e non sempre in pace con il mondo. Ma la tragicità di questa visione non cancella la possibilità del riscatto,della scelta della parte da cui schierarsi.
Il nostro regista è abile nell’affrontare argometi così impegnativi riuscendo a far ora commuovere ora ridere lo spettatore,e questo è il complimento migliore che si possa fare a chi fa del cinema.
Stona un pò nell’edizione italiana il titolo Miracolo a Le Havre, l’originale Le Havre ci sembra più consono alla volontà del regista,a lui non interessano dei fatti miracolosi, pur se in una scena del film il medico dice alla paziente “nel suo caso ci vorrebbe un miracolo e i miracoli a volte accadono”, e questa ribatte”non nel mipo quartiere”.Si effettivamente i miracoli possono anche accadere, ma Kaurismaki vuole evidenziare l’autenticità dei personaggi, non ricorre ai borghesi, ma prende come suo protagonista un lustrascarpe,uno che fa un mestiere assai vicino alla gente.Una inequivocabile scelta di classe, d’altra parte ci troviamo in un quartiere di emarginati dove si compra a credito,ci si riscalda con un bicchiere di vino,tutti sanno di tutti.
E’ la storia di Marcel Marx(Andrè Wilms),ex-scrittore e bohemien ai tempi in cui viveva a Parigi.Ora vive a Le Havre con l’adorata moglie Arletty Outinen),conduce una esistenza povera ma dignitosa,fa il lustrascarpe,ogni sera fa una bevuta al bar da un’altra sua ex-fiamma.Ma la vita di Marcel è scossa anzitutto dalla malattia della moglie ricoverata all’ospedale con poche speranze di uscirne e poi dall’incontro con Idrissa,un ragazzino del Gabon scappato da uun container nel porto.Senza poter più contare sulla protezione della moglie per il nostro lustrascarpe è l’ora di prendere delle decisioni,assumersi delle responsabilità,vestirsi con la cravatta e affrontare il delicato duello con il mondo dell’ingiustizia e dell’ipocrisia.E André saprà farsi valere,mandando avanti la casa, proteggendo il ragazzino da un vicino spione(un cameo di Jean-Pierre Léaud,il bambino in fuga de “I quattrocento colpi”)e razzista e dalla caccia della polizia. Tutto il quartiere si sentirà coinvolto in questa storia, e tutti lo aiuteranno sino a promuovere un concerto di beneficienza per trovare i soldi necessari a che il ragazzino raggiunga la madre a Londra.E una parte importante l’avrà pure un commissario di polizia cinico e misantropo(Jean-Pierre Darroussin)all’apparenza,ma troppo intelligente per ridursi al ruolo di cacciatore di miserabili, lui vorrebbe occuparsi di delinquenti veri e non di adolescenti in fuga.
Importante però per la regia sembrano più che il susseguirsi dei fatti,per altro mirabilmente narrati,le scelte morali che portano al verificarsi di quei fatti.
Qualcuno ha parlato di opera anche troppo edificante, una favola da clima dickensiano, certamente il regista ci vuol mostrare che le favole sono ancora possibili,
Il connotato principale dei film di Kaurismaki è la semplicità,l’immediatezza delle cose da fare. Il regista sa cogliere la verità,l’essenzialità della vita, entrando nel cuore e nella vita delle persone e quindi dei suoi personaggi.E la sua macchina da presa lo asseconda in pieno rendendoci il senso delll realtà di una piccola comunità con i suoi colori,i suoi suoni,movimenti di macchina tesi a svelare i vari significati della vicenda,senza indulgere in scontati patetismi.
Con il suo cinema il regista si schiera e ci fa schierare dalla parte dei deboli,degli oppressi, è contro chi non è “né freddo né caldo”, il suo protagonista sente il dovere della solidarietà.Che le sue pellicole siano girate nella natia Finlandia o,come nel nostro film,a Le Havre Kaurismaki mantiene le proprie idee e le proprie convinzioni.
Ci racconta un mondo pieno di povertà, di cattiveria,di delazione, di repressione, un mondo dove si muore anche e non sempre in pace con il mondo. Ma la tragicità di questa visione non cancella la possibilità del riscatto,della scelta della parte da cui schierarsi.
Il nostro regista è abile nell’affrontare argometi così impegnativi riuscendo a far ora commuovere ora ridere lo spettatore,e questo è il complimento migliore che si possa fare a chi fa del cinema.
Stona un pò nell’edizione italiana il titolo Miracolo a Le Havre, l’originale Le Havre ci sembra più consono alla volontà del regista,a lui non interessano dei fatti miracolosi, pur se in una scena del film il medico dice alla paziente “nel suo caso ci vorrebbe un miracolo e i miracoli a volte accadono”, e questa ribatte”non nel mipo quartiere”.Si effettivamente i miracoli possono anche accadere, ma Kaurismaki vuole evidenziare l’autenticità dei personaggi, non ricorre ai borghesi, ma prende come suo protagonista un lustrascarpe,uno che fa un mestiere assai vicino alla gente.Una inequivocabile scelta di classe, d’altra parte ci troviamo in un quartiere di emarginati dove si compra a credito,ci si riscalda con un bicchiere di vino,tutti sanno di tutti.
E’ la storia di Marcel Marx(Andrè Wilms),ex-scrittore e bohemien ai tempi in cui viveva a Parigi.Ora vive a Le Havre con l’adorata moglie Arletty Outinen),conduce una esistenza povera ma dignitosa,fa il lustrascarpe,ogni sera fa una bevuta al bar da un’altra sua ex-fiamma.Ma la vita di Marcel è scossa anzitutto dalla malattia della moglie ricoverata all’ospedale con poche speranze di uscirne e poi dall’incontro con Idrissa,un ragazzino del Gabon scappato da uun container nel porto.Senza poter più contare sulla protezione della moglie per il nostro lustrascarpe è l’ora di prendere delle decisioni,assumersi delle responsabilità,vestirsi con la cravatta e affrontare il delicato duello con il mondo dell’ingiustizia e dell’ipocrisia.E André saprà farsi valere,mandando avanti la casa, proteggendo il ragazzino da un vicino spione(un cameo di Jean-Pierre Léaud,il bambino in fuga de “I quattrocento colpi”)e razzista e dalla caccia della polizia. Tutto il quartiere si sentirà coinvolto in questa storia, e tutti lo aiuteranno sino a promuovere un concerto di beneficienza per trovare i soldi necessari a che il ragazzino raggiunga la madre a Londra.E una parte importante l’avrà pure un commissario di polizia cinico e misantropo(Jean-Pierre Darroussin)all’apparenza,ma troppo intelligente per ridursi al ruolo di cacciatore di miserabili, lui vorrebbe occuparsi di delinquenti veri e non di adolescenti in fuga.
Importante però per la regia sembrano più che il susseguirsi dei fatti,per altro mirabilmente narrati,le scelte morali che portano al verificarsi di quei fatti.
Qualcuno ha parlato di opera anche troppo edificante, una favola da clima dickensiano, certamente il regista ci vuol mostrare che le favole sono ancora possibili,
se questo sia più un sogno che una realtà attuabile vista l’attuale società è un altro discorso.
Nell’affrontare il tema assai scottante dell’immigrazione Kaurismaki non si pone il problema se il suo sia un sogno o una realtà verificabile,semplicemte non accetta che un figlio non possa ricongiungersi alla madre per una legge fatta dagli uomini.
Appropriata anche la scelta di Le Havre come parte integrante della storia, con la dura vita del porto, la solidarietà dei diseredati, ma anche le luci e i suoni di una capitale del rock e del blues e del popo francese, c’è chi la paragona a Memphis,chi a New Orlenas.
Alla fin fine diremmo che Miracolo a Le Havre non è una favola, tutto il dialogo, tutta la sceneggiatura, ogni momento in cui si ride o si piange rimandano a un frammento di vera esistenza, in poche parole alla realtà della vita.E quindi anche se c’è troppo ottimismo questo è solo una faccia della vita,come è giusto che sia.
Infine come in ogni film di Kaurismaki la qualità di espressione è eccezionale, sia dal punto di vista della regia che da quello della fotografia,idem per scenografia,montaggio e musica. E naturalmente interpretazione a livello di eccellenza.
Nell’affrontare il tema assai scottante dell’immigrazione Kaurismaki non si pone il problema se il suo sia un sogno o una realtà verificabile,semplicemte non accetta che un figlio non possa ricongiungersi alla madre per una legge fatta dagli uomini.
Appropriata anche la scelta di Le Havre come parte integrante della storia, con la dura vita del porto, la solidarietà dei diseredati, ma anche le luci e i suoni di una capitale del rock e del blues e del popo francese, c’è chi la paragona a Memphis,chi a New Orlenas.
Alla fin fine diremmo che Miracolo a Le Havre non è una favola, tutto il dialogo, tutta la sceneggiatura, ogni momento in cui si ride o si piange rimandano a un frammento di vera esistenza, in poche parole alla realtà della vita.E quindi anche se c’è troppo ottimismo questo è solo una faccia della vita,come è giusto che sia.
Infine come in ogni film di Kaurismaki la qualità di espressione è eccezionale, sia dal punto di vista della regia che da quello della fotografia,idem per scenografia,montaggio e musica. E naturalmente interpretazione a livello di eccellenza.
GIUSEPPE PREVITI