N°9″MARGINALIA”DI FAUSTO MEOLI-SASSOSCRITTO EDITORE
25 Febbraio 2012N°2″UN NOME PER UN CADAVERE”DI VALENTINO MEYNET-ROGER SARTEUR EDITORE
2 Marzo 2012Il commissario Amabile è un personaggio ambizioso che vuole fare carriera.Ma ha due limiti:intanto la voglia di lavorare non è il suo forte, si….annoia facilmente.E poi è “allergico” alle decisioni e così ha contratto una singolare abitudine, affidarsi sempre a una moneta prima di decidere qualsiasi cosa, che fosse quindi il fato a decidere per lui.
Ma una volta che gli capita un caso particolarmente complesso incappa in una indagine che gli sta a cuore perchè lo vede coinvolto da un punto di vista personale.E quindi un caso che potrebbe segnare una svolta importante nella sua carriera lo vede invece troppo interessato negli affetti personali in quanto la vittima di questo efferato delitto era la donna di cui si era invaghito.
Ma il corso delle indagini mette in evidenza che il mito moderno della prova scientifica che ormai sempre più indirizza i processi giudiziari, finendo per condizionare il libero convincimento del giudice.E il nostro commissario finisce per pensare che anche la giustizia viene amministrata lanciando una moneta…..
Una storia questa raccontata da Massimo Mannucci in “Testa o croce” che in sostanza vuole farci capire che le prove scientifiche da sole non sempre sono sufficienti a risolvere una indagine,anzi la possono condizionare negativamente.
Protagonista di “Testa o croce”è il commissario Amabile, bel giovane dal fisico aitante,perennemente alla ricerca di un….delitto perfetto che lui dovrebbe brillantemente risolvere e questo gli aprirebbe le porte di una grande carriera.Amabile era stato inviato dalla questura di Livorno a dirigere un commissariato in Romagna ma ben presto si era reso conto che a parte la prostituzione,la droga e lo spaccio non avveniva molto altro, e comunque la preoccupazione principale,anche dei suoi superiori ,era quella di far godere in santa pace le vacanze ai turisti estivi.
L sfortuna di Amabile è che quando gli si presenta il delitto da risolvere il destino vuole che sia coinvolto il suo cuore in quanto stava maturando un’amicizia(o qualcosa in più) con la vittima.
L’indagine è diretta dal magistrato Fiorenzi ma lui la svolge in maniera quasi maniacale cercando mandanti e esecutori materiali ma ben presto il commissario si accorge che le indagini vengono considerate “chiuse” anche se per lui non lo sono affatto.Tutto questo in omaggio all’importanza che si dà alle prove scientifiche(nel nostro caso sembra che tutto sia risolto
dall’attribuzione del Dna)che addirittura possono sovrastare anche gli eventuali dubbi del giudice.
Amabile si era abituato a risolvere i suoi dubbi affidandosi alla scelta della moneta, in questa disgraziata circostanza invece aveva agito con coscienza e con determinazione, ma quando si arriva a dover prendere una decisione vede che nessuno l’ascolta. E allora finisce per pensare che anche la Giustizia(quella con la G maiuscola)finisce per essere amministrata ricorrendo al fatidico “testa o croce”.
Massimo Mannucci fa il magistrato nella vita, si nota che questo romanzo è scritto da uno del mestiere, e scritto con uno stile assai scorrevole,non privo di ironia,sì che ne risulta una lettura piacevole.Ma così facendo Mannucci ottiene un altro scopo,cioè appassionare il lettore e interessarlo al tema principale, la valenza delle prove. Non sappiamo se lo stesso risultato lo si sarebbe raggiunto con un saggio.
Pur investendo una serie di personaggi la storia si basa essenzialmente su tre personaggi, la vittima che serve a inquadrare il fatto, e i due indagatori,commissario e magistrato,incerto il primo quanto è supponente il secondo, ma efficaci nel raggiungere l’effetto che l’autore di prefigge.
Il tema principale del romanzo, dopo l’assassinio della direttrice del Museo,è la caccia all’assassino condotta da Amabile e dal magistrato Fiorenzi, ma quando una traccia di Dna conduce a uno straniero non pienamente identificabile ecco che le conclusioni dei due divergono.
Questa storia ne ricorda una realmente avvenuta nella pineta di Quercianella quando vi fu uccisa una ragazza e per lungo tempo il suo assassino,identificato in base al Dna,fu considerato un giovane inglese che invece era innocente, semplicemente era capitato uno “infortunio scientifico” e solo in un secondo tempo fu assicurato alla giustizia il vero assassino.
“La prova del Dna non sbaglia,non può sbagliare”viene scritto nel libro.Ma siamo proprio sicuri?E basta la scienza a risolvere le indagini?Non si corre il rischio che il giudice ne risulti condizionato? Amabile sta dalla parte di chi chiede un riscontro fondato a tutte le risultanze, e pure l’autore sembra concordare.