Le scoperte del giallo:dal ritorno di Sherlock Holmes ai nuovi…commissari all’ italiana
1 Novembre 2011“IL SEGRETO DEL RE SOLE” DI GIANFRANCO MICALI-PENDRAGON
15 Novembre 2011Con la partecipazione di Sal Da Vinci Gegio Morra Gaetano Amato Mario Aterrano Cino Capano Lalla Esposito Patrizia Spinesi Lello Radice Giuseppe Mastrocinque Tonino Taiuti-regia di Armando Pugliese.
Napoli chi resta e chi parte è stato uno storico spettacolo allestito negli anii ’70 da Giuseppe Patroni Griffi con il lancio di allora due giovani attori come Massimo Ranieri e Angela Luce.Lo spettacolo,basato su due atti unici di Raffaele Viviani,era stato allestito per il Festival dei due Mondi di Spoleto,ma il successo fu tale che
ebbe poi lunghissime e fortunate stagioni teatrali.Il produttore del tempo fu il grande Lello Scarano e adesso a distanza di 35 anni la figlia Francesca ha voluto rendere omaggio a due grandi uomini del teatro come il padre Lello e Patroni Griffi rimettendo in scena questo lavoro.La regia è stata affidata a un’altra firma importante del teatro come Armando Pugliese, il ruolo di Massimo Ranieri è stato affidato a un artista napoletano assai poliedrico,attore e cantante di splendida voce,Sal da Vinci, che si cimenta per la prima volta con un testo di Viviani.Con lui un folto gruppo di attori,tra cui spicca quel Gegio Morra trait d’union fra i due allestimenti avendo partecipato al primo e presente anche in quello che ora va in tourneè per tutta Italia.
In scena abbiamo quindi il mondo di Raffaele Viviani, con un teatro di denuncia che aveva la particolarità di dare voce a quell’abbondante e variegato sottobosco che vine nei quartieri n apoletani(malefemmine,delinquenti,magnaccia, ommini d’onore,famiglie senza casa….).La realtà degradata a cui Viviani da voce,di cui denuncia il forte grado di prostrazione e di cui fa vedere che l’unica speranza per fuggire dalla miseria è l’emigrazione,unica possibilità di riscatto.
Il testoè ambientato alla fine della prima guerra mondiale, ed è ricavato da due atti unici. “Scalo marittimo“(noto anche come “Nterr ‘a mmaculiatella”)è del 1918 e descrive l’odissea di chi spinto dalla miseria vuole emigrare.Una folla variopinta si accalca sulla banchina dove il transatlantico “Washington” sta partendo per l’Ar-gentina,ma per questi poveracci non c’è pace,dei cinici faccendieri ne controllano le mosse e li spogliano di ogni loro avere prima di salire a bordo.
L’altro atto è “Caffè di notte e giorno“, getta un tipico sguardo sulla vita dei quartieri di Napoli,ci mostra uno squallido caffè aperto di notte e di giorno dove si susseguono personaggi di ogni genere,affamati,ignoranti,sempre più degradati:da una prostituta che all’amore di un bravo giovane preferisce un magnaccia che la sfrutta alla fidanzata che cerca il fidanzato perduto perchà ammaliato da quella donnaccia, alla famiglia rimasta senza casa che tutte le notti-padre,madre e due bambine-dorme in quel caffè, ai giocatori di carte,all’alcolizzato, all’incallito delinquente che si sbarazza di un coltello compormettente mettendolo in tasca al primo che gli capita a tiro per farlo incolpare dalla polizia.
Giuseppe Patroni Griffi puntò molto sulle atmosfere espressioniste del testo,ora sono passati tanti anni,le realtà sono diverse e non ci si può meravigliare se l’approccio registico di Pugliese appare diverso.Ma Raffaele Viviani è pur sempre un classico e come tale conserva una sua caratteristica unitaria nel tempo ,come d’altro lato
i vizi e le virtù dell’uomo rimangono tali nel tempo.
Le città di mare sono un pò tutte caratterizzate dai bar del porto,luoghi per lo più malfamati frequentati da una vasta congerie di sbandati,frequenti le liti,le male parole,ma poi normalmente non succede nulla in quelle lunghe notti che Viviani rievoca, con Pugliese che vede il mare come un deterrente da ogni sorta di violenza estrema.Sono atmosfere e sensazioni tipiche dei posti di mare, nel tempo non è cambiato molto,forse la differenza principale è che ai tempi di Viviani i disperati partivano, adesso arrivano….
Armando Pugliese nel suo allestimento vuole evidenziare quanto di ironico e feroce a un tempo Viviani avesse immaginato per una Napoli “nobile e plebea a un tempo”, dove il mare la fa da padrone.Come se questi uomini e donne nascessero da ogni onda che si abbatte sulla scogliera,per poi essere risucchiati ad ogni risacca.
Il mare come grande protagonista, il caffè sul porto,quella banchina da dove partono i transatlantici per le Americhe. Anzi Pugliese immagina che il caffè che non chiude mai sia su quella stessa banchina da dove partono i bastimenti. E la grande banchina diventa l’altra grande protagoista di Scalo marittimo, nuove figure la percorrono, sono mutati i personaggi tra i due atti, ma anche questi sono scolpiti a tutto tondo, immagini forti di una società in continuo evolvere.
In “Caffè di notte e giorno”sembra di immergersi nell’inferno, con questo coro di gente malfamata o piena di problemi, una sorta di girone infernale,dove nessuno sembra cercare la redenzione, se no che inferno sarebbe…..,e il trionfo finale della giustizia sembra più una speranza dell’autore….
In “Scalo marittimo” ecco un’altra congerie di disperati,su tutti in combre il transatlantico in partenza.Chi partirà e che resterà,per i primi la prospettava di un mondo nuovo,anche se non si sa se sraà migliore o peggiore….
Chi rimane può essere assimilato a un’anima nel purgatorio, ma ci sarà benaugurante un raggio di sole, e anche per chi è rimasto c’è l’illusione di trvarsi in
paradiso….
Viviani ciu fa vivere la tragedi del popolo napoletano,Napoli appare come una città impossibile a cambiare.E la forza del suo teatro è nelle tante figure che riesce a creare, non facendo però venire mai meno un’unità di fondo, che è la caratteristica del popolo napoletano.
Certo le immagini di Viviani possono oggi apparire datate, ma a pensarci bene la natura dei reati non è mai cambiata, non è importante cosa si ruba, con cosa si uccide, dati fatti avvenivano allora,avvengono oggi,anzi ai nostri tempi la violenza è ancora maggiore.
Ne è nato uno spettacolo corale,di forte impatto, portato in scena da un gruppo degno di menzione come del resto nella tradizione delle compagnie napoletane.
Forse nella ricostruzione della Napoli del caffè avremmo desiderato una maggiore cattiveria, meno di facciata, cioè se si vuol mostrare il male lo si faccia ancora con maggior chiarezza,mi viene in mente tl teatro espressionista alla Brecht. Invece notevole è il come ci viene mostrata quella umanità dolente, ma non priva nè di dignità nè di speranza che anima la banchina, e come tale non meraviglia che in una disperazione di fondo ci muova anche al riso.
GIUSEPPE PREVITI