STORIA DEL GIALLO – DI GIUSEPPE PREVITI
20 Dicembre 2013” GUIDA ALLA LETTERATURA HORROR ” DI GIAN FILIPPO PIZZO – ODOYA
12 Gennaio 2015Per molto tempo i geografi ritennero l’Asia centrale e il Tibet in particolare terre misteriose, isolate, tanto che la città di Lasha era considerata più misteriosa e
inaccessibile della Mecca. Ma se si va indietro nel tempo nel 18° secolo un grande contributo alla conoscenza di queste terre lo portò il gesuita pistoiese Ippolito
Desideri che lasciò una importante relazione su questa parte del mondo e che è ritenuta alla base della moderna geografia.
Desideri fu un grande viaggiatore, visitò il Tibet e ne lasciò ampia testimonianza. Un lavoro il suo basato sulla conoscenza diretta dei luoghi e degli eventi grazie
alla sua opera di missionario, ma anche di esploratore e viaggiatore instancabile. Rimase sei anni e mezzo nel Tibet e quindi ne conobbe usi, costumi e tradizioni,
un Paese che era il crocevia degli imperi inglesi, cinesi e russi. Desideri viaggiò tra Dehli e Lahore, nel Kashmir, nel Bakistar sino alla traversata dell’Himalya per
arrivare a Lasha. Scoprì dove nasce l’Indo. Ma non fu solo geografo ma anche acuto storico preveggendo molti eventi.
Incontrò ovviamente molti personaggi importanti, religiosi o laici, civili o militari, tra gli altri un olandese, Samuel van der Putte, un viaggiatore dalla vita
misteriosa e con il quale sembra abbia avuta molta familiarità.
Van der Putte fu un grande viaggiatore, sembra sia stato l’unico europeo ad aver completato il viaggio dell’India attraverso Lhasa (Cina)per tornare poi in India
per la stessa via.
Era nato a Vlissingen in Olanda nel 169o, nel 1718 lascia l’Olanda e via terra attraversa Persia e India sino a Lhasa dove risiedette a lungo. Poi ritornò in India
per trasferirsi poi a Batavia(Giava) dove morì il 17 settembre 1745. E purtroppo non rimase niente di tutto quanto aveva realizzato.
Era figlio di un uomo di mare, si era laureato in legge, poi si era imbarcato per un periodo che doveva essere limitato, ma non era mai più tornato in Olanda.
Va detto che in un primo tempo si era fermato a Padova per studiare medicina, aveva imparato bene la nostra lingua, ma poi era diventato un esploratore
viaggiando con una carovana da Aleppo a Ishafon, per giungere a Cochin nel Kerala, che era sotto il dominio olandese. In seguito percorre tutto il sud dell’In-
dia dove nel 1725 incontra a Pondicherry Ippolito Desideri reduce dal Tibet.
Dall’incontro tra i due, dagli scambi di informazioni ecco che Van der Putte si mette in viaggio verso il Tibet in Nepal, e poi da Chasa a Pechino (1731). Cinque
anni dopo lascia Pechino per Lhasa. E’ stato il primo europeo a visitare il Tibet sud-orientale.
Un anno dopo da Lasha partì per l’India, compiendo un faticoso viaggio attraverso il Tibet occidentale e il Kashmir., e sembra sia stato il primo europeo a percor-
rere questa strada. Sappiamo questo attraverso la testimonianza di Francesco Della Penna, capo della missione dei cappuccini il Lhasa.
Van der Putte acquisì una conoscenza geografica del Tibet assai approfondita, oltretutto aveva imparato molto bene il tibetano. Tornato in India, assistette al
sacco di Dehli. poi continuò a viaggiare scegliendo come residenza Batavia, dove si spense nel 1745. Era molto attaccato alle sue opere, poi sembra sia stato preso
dal tarlo che non fossero scientificamente valide e quindi distrusse molti documenti, disponendo anche nel testamento che niente doveva sopravvivere alla sua
morte. Però qualcosa tra mappe, lettere, schede e notizie rimase come pure parte della collezione di storia naturale. Parte di questo materiale fu raccolta dalla
nipote, altro fu ritrovato nella biblioteca della Zelanda.
Sono sopravvissute due mappe, ma quella su Tibet e Nepal è poi scomparsa, mentre è arrivata a noi quella che rappresentava le aree orientali dell’Hymalaya.
Ma chi fu veramente questo Samuel Van der Putte ?
Laureato in legge e in medicina questo singolare personaggio inizia a viaggiare via terra sino a raggiungere India, Cina e Tibet.Era un grande erudito, un acuto
osservatore, fu molto considerato dai lama tibetani. Nella sua vita raccolse informazioni, tracciò delle mappe, poi alla fine dei suoi giorni invece ordinò che
fosse tutto distrutto. Di quel che rimase molto scomparve con le distruzioni della seconda guerra mondiale. Di lui si parla in un articolo molto lungo di P.J.Veih
(1877) e anche grazie alle testimonianze di alcuni padri missionari. Secondo padre Goubil fu assai considerato dai Lama, che lo portarono a Pechino e lo condusse-
ro anche tra i tartari. Sembra che lui conoscesse la lingua dei Lama.
Ippolito Desideri lo incontrò nel 1725 e familiarizzarono assai. Secondo un cappuccino, Gioacchino da Santa Anatolia, Van der Putte era un eretico, che aveva
copiato dal Desideri varie cose tratte da relazioni, costumi, leggi del Tibet.
Secondo un altro cappuccino, Beligatti da Macerata, lui era molto considerato dalla gente del posto ma anche da loro stessi perché era un brav’uomo. Una lettera
di padre Francesco Jovina da Ottaviano, missionario, ci rivela un particolare della vita dell’olandese. Sembra corresse voce che dal Tibet fosse giunto un missiona-
rio Legato del Papa e incaricato di visitare le missioni. Padre Jovina invitò questo missionario a raggiungerlo, ma lui gli rispose di essere un missionario non religioso
ma laico, mosso da curiuosità per lo stato tibetano, lui non teneva sermoni, anche se aveva un animo assai devoto e pio. E firmò questa risposta Additissimus et
humilissimus servus, Samuel Van der Putte. Quindi anziché un visitatore apostolico si trovò davanti a un eretico olandese che viveva in un tempio dei Lama,
vestito mezzo all’europea e mezzo alla tartara, confezionando mappe geografiche e sempre pronto a mettersi in viaggio.
Parecchi erano i missionari europei che viaggiavano tra India e Tibet. Ma, come dice l’Enciclopedia geografica inglese, nessuno fu all’altezza di questo viaggiatore
olandese. Fu infatti il solo europeo che compì il viaggio, attraverso Lhasa, tra India e Cina, percorrendo sia all’andata che al ritorno la stessa strada. E si conclude
dicendo che la prematura morte dell’illustre viaggiatore va ulteriormente compianta perché tutto il suo sapere scomparve con lui.
Che dire di più ? Quello che colpisce è l’amore di questo straniero per queste terre, difficile trovare riscontri in altri personaggi, anche moderni. Forse , partendo
da tutti altri ideali e motivazioni, ci può venire in mente Lawrence d’Arabia, un inglese che abbracciò pienamente la causa degli arabi, ma qui furono determinanti
motivi patriottici e politici. Ma certamente identico fu lo spirito di avventura,
Van der Putte a parere di chi lo ha conosciuto era un uomo bravo e onesto e lo stesso Ippolito Desideri lo definisce un grande viaggiatore e ha con lui un approfon-
dito scambio di vedute.
Possono esserci state delle riserve su certe millanterie religiose, ma complessivamente resta la figura di un grande esploratore e di un grande viaggiatore, di un
uomo che ha avuto un amore immenso per questi luoghi, un amore ricambiato perché in tutti i paesi dove è stato gli hanno voluto bene e lo hanno molto considerato,
i Lama in testa. E non è che da quelle parti gli europei fossero ben accetti…
E anche nelle relazioni dei missionari non è che ne esca distrutto. Resta il mistero del perché abbia voluto distruggere o far distruggere la sua raccolta di scritti, documenti,
mappe, carte geografiche etc.etc. Se consideriamo il Van der Putte un viaggiatore e un esploratore modello è abbastanza inesplicabile, lui in un appunto dice che
non voleva che fossero pubblicate in suo nome carte false o falsificate.
Difficile è cogliere il senso, quel che per un verso o un altro è giunto a noi era più che pubblicabile. Un eccesso di scrupolo scientifico allora ? In una nota del
1906 è scritto: The premature death of this illustrious traveller is the more to be lamented because his vaas knowledge died with him”….
Altre ipotesi legati a spionaggio, messaggi cifrati, servizi segreti appaiono molto fantasiose.
GIUSEPPE PREVITI