” LA GRANDE ILLUSIONE ” di JEAN RENOIR
9 Aprile 2014” GODZILLA ” di GARETH EDWARDS
4 Giugno 2014A quasi trent’anni dalla scomparsa di Enrico Berlinguer Walter Veltroni gli dedica un documentario-ricordo che forse va oltre quello che è effettivamente
nella gente la memoria dello storico segretario del Pci. Infatti il film inizia con la domanda posta a studenti e studentesse universitarie, a professori, a gente
comune e le loro risposte sono abbastanza desolanti, potremmo riassumerle in ” Berlinguer chi ? “.
Veltroni come regista appare molto a suo agio, qualcuno ha detto che ha superato il politico, ma queste sono dispute che lasciamo ai politici, qui assistiamo
a una vera e propria opera che evita la retorica e l’agiografia, probabilmente più indulgente del dovuto, ma sicuramente viene trattato il ritratto di un uomo,
della sua vita, e forse quella esilità fisica che traspare sempre più si accompagna anche a una esilità di prospettiva che poi inciderà molto sul destino del suo
partito.
Veltroni non gli risparmia nulla.Si comincia con il giovane Enrico che saluta Togliatti in partenza verso Mosca per i funerali di Stalin. Ma ci sono dolori
ancora più vivi che ne provocheranno sembra dire Veltroni la morte, quella politica con il sequestro Moro e quella fisica a Padova.
Ma Berlinguer attraversò altri momenti duri come nel 198o quando gli operai non accolsero il suo appello ma quello della Fiat, oppure la dura contestazione
che gli riservò a Verona il congresso del Partito Socialista, maggio 1984, con Bettino Craxi feroce capopopolo.
Già, tra i due non correva buon sangue, il disprezzo era reciproco.
Altre immagini ci riportano indietro nel tempo, Veltroni si riserva qualche divagazione, ad esempio un giovane Giuliano Ferrara che marcia a pugno chiuso,
come cambia il mondo…., oppure quel cambiamento che tutti i comunisti, Veltroni in primis, si aspettavano dopo il clamoroso successo alle elezioni del ’76,
con l’acquisizione del 34,4% dei consensi. Ma qualcosa non funzionò, e si arrivò al monocolore Andreotti, quello della “non sfiducia “.
Qualcosa montò contro il Pci, fece grandi proseliti la sinistra extraparlamentare, nel 1977 Lama fu scacciato dall’università di Roma. Anni difficili e complessi,
Berlinguer che prima predica l’alleanza e poi l’alternativa. Va però riconosciuto che si battè per l’eurocomunismo e progressivamente tese a distanziarsi
dall’Unione Sovietica.
A Mosca nel 1969 e poi nel 1973 pronunziò parole molte dure contro il regime sovietico, e manco poco che pagasse tutto questo con la vita, nel 1973 subì un
attentato a Sofia, di ispirazione sicuramente dell’ala più dura del partito comunista.
Cercò anche di giustificare la presenza della Nato, pur se non fu molto ricambiato.
Era un grande comunicatore, tenne una lunga corrispondenza con Monsignor Bettazzi e ci tenne che fosse resa pubblica, voleva dimostrare che il dialogo era
l’unica strada possibile, anche dopo la tragica fine di Allende e la lotta armata nel nostro Paese. Ma quando le Brigate Rosse uccisero Moro fallì il compromesso
storico e praticamente con lo statista dc morì anche Berlinguer. E del resto basta ascoltare le parole del brigatista Franceschini per vedere che la strategia briga-
tista aveva funzionato.
Durante lo scorrere del tempo si susseguono in tanti a parlare di Moro, da Ingrao e Tortorella, da Scalfari alla figlia Bianca, da Claudio Signorile al presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano.
IL film si era aperto con Piazza San Giovanni vista dall’alto, sul prato è tutto uno svolazzare di copie dell’Unità, ma il prato è l’oggi, quelle copie ricordano ieri
quando si credeva che il comunismo fosse l’ideale per una vita migliore e più egalitaria. E ancora il confronto tra la piazza vuota di oggi e la piazza stracolma
ai funerali del segretario, quasi una metafora del tempo che passa.
Berlinguer morì a Padova l’11 giugno 1984 , aveva 62 anni. Stava girando l’Italia per comizi, si era già sentito male quattro giorni prima, il giorno prima
aveva inaugurato una sezione a Riva Trigoso. A Padova arrivò un uomo già in difficoltà, le immagini del suo discorso sono particolarmente toccanti, probabilmente
già colpito da ictus volle portare a termine il suo discorso. Uomo timido, ma molto gentile, cercava sempre di non deludere il suo uditorio,non si tirava indietro
e praticamente è morto sul palco.
Un film rigoroso, ma anche tenue , non vuole esasperare i toni, semplicemente ricordare un uomo, con i suoi pregi, con i suoi errori, forse attaccato a un sogno
più grande di lui, sicuramente inattaccabile sotto il profilo morale.
La pellicola è impreziosita da musiche di Danilo Rea, da un inedito di Gino Paoli, da ricordi di De André, Gaber e Jovanotti e va pure segnalato un gioiellino
dovuto alle voci di Toni Servillo e Sergio Rubini.
GIUSEPPE PREVITI