” SHERL0CK HOLMES E IL FURTO DELLA GIOCONDA” DI DANIELE PISANI – IL GIALLO MONDADORI- 13.O4.2020
13 Aprile 2020” CHE FINE HA FATTO SANDRA POGGI ?” DI DAVIDE PAPPALARDO – PENDRAGON 17.O4.2020
17 Aprile 2020Nel giro di pochi giorni, siamo nel marzo dl 1927 in piena era fascista a Roma, un palazzo decoroso e abitato dai c.d,”pescecani”, in via Merulana, viene sconvolto da
un duplice evento. Dapprima un furto di gioielli in un appartamento abitato da un’attempata e un po’ svaporita signora, la contessa Menegazzi, poi un terribile omicidio,
viene letteralmente sgozzata nel suo appartamento la signora Liliana Balducci, anche qui si presume un furto finito in tragedia. Due casi apparentemente diversi, pur se
è strano che siano occorsi due episodi del genere addirittura sullo stesso pianerottolo.
Dei due fatti si occupa il commissario dottor Francesco Ingravallo, detto Don Ciccio,che tra l’altro era amico della famiglia Balducci, e che era stato a pranzo da loro la domenica
precedente.Tra l’altro Ingravallo aveva grande stima e considerazione per la signora Liliana. La sua determinazione nel risolvere il caso è quindi ancora più ” feroce” ma nono-
stante la sua applicazione e i vari indizi non si arriva a una conclusione. E questo benché dall’alto ci siano molte pressioni, l’immagine del Paese non deve sporcata da simili
fatti anche a dimostrazione che il disordine e il male non ci sono nell’era fascista. Un’inchiesta difficile che vuole diradare i tanti misteri che gravitano attorno al “palazzo d’oro”
e ai suoi abitanti, un’inchiesta che lascerà nel commissario un senso di sconforto di dolore perché non riesce a andare piu’in là.
Un romanzo certamente notevole, dove mistero, invenzione, fantasia letteraria si mescolano e si consolidano, potremmo parlare di “romanzo giallo “”. Ma poi cosa vuol dire romanzo giallo ? Certo Gadda doveva esser attratto dal giallo, dai crimini tanto efferati quanto difficili da risolvere, ma oltre a saper creare una tensione e una drammaticità
che colpiscono subito il lettore riesce anche a dare un ritratto incomparabile di una città e dei suoi dintorni ma anche di una nazione dove la “follia narcisista” di chi la guida su-
perano ogni limite.Nel contempo l’autore riesce a rappresentare il tutto con uno sforzo immenso nel mettere insieme tutte le risorse della nostra lingua dal puro italiano ai dia-
letti, con una tecnica di linguaggio tanto innovativa quanto efficace, certo difficile da affrontare ma ne valeva la pena.
Abbiamo un ritratto della Roma del fascismo, la storia inizia con il commissario Ingravallo incaricato di indagare su un furto di gioielli avvenuto in un palazzo di via Merulana
dove vivono tanti ricconi. E’ una casa che il commissario conosce bene perché vi abitano dei suoi amici, i coniugi Balducci che spesso lo invitano a pranzo. Don Ciccio Ingraval-
lo, che è scapolo, vede nella bella signora Liliana una incarnazione della dolcezza e della purezza femminile, anche se nota che nella donna vi è sempre una mestizia trattenuta,
Liliana soffre perché non ha avuto figli e si sfoga facendo venire continuamente giovani servette o…nipoti, sulle quali riversa tutto il suo amore di madre mancata.
Un mattino viene trovata morta nel suo appartamento, orrendamente sgozzata, dove era sola in casa. Un tentativo di rapina finito in tragedia ? Ancora in scena Ingravallo.
Va detto che Gadda prese ispirazione da un fatto realmente accaduto ma anche dall’aver lui stesso soggiornato a Roma verso la fine degli anni Venti. Ne scarurì un romanzo
prima pubblicato a puntate su “Letterratura” tra il 1946 e il 1947. Quer pasticciaccio brutto de via Merulana nasce incompleto, e quando arriviamo alla stesura definitiva
del 1957 anche in questo caso non ci fu un finale. Certamente alla base c’è un intreccio poliziesco, ma il romanzo può essere visto come una storia realmente avvenuta ma anche
come un bricolage letterario .Certamente è una grossa metafora di una società malata:il fascismo,la morte. il furto,le bassezze umane,la prostituzione fanno oscillare la lettura
tra la paura,il mistero, la costatazione della bassezza umana, ma anche il riso, la parodia, insomma l’infinita commedia del genere umano.
Altrettanto notevole è che un grande della letteratura come CARLO EMILIO GADDA si sia rivolto circa una ottantina di anni fa a un genere come ilo poliziesco che allora
non era molto considerato. Il Giallo ha la caratteristica di portare allo scoperto l’intima natura dell’uomo, indagando appunto sulla stessa e su quanto vi gravita intorno.
Gadda partendo da uno squallido fatto di cronaca volle raccontare la società italiana che aveva vissuto il fascismo, un “pasticciaccio ” di contraddizioni,illusioni,speranze,smar-
giassate, sensi di colpa.Curiosamente questo romanzo che è l’epopea a tinte fosche di un’epoca è sempre rimasto incompiuto anche se l’autore in tanti scritti e note ha fatto
intendere quale poteva essere il finale. Per dovere di cronaca si può dire che fu Pietro Germi, grande regista e attore, fu uno dei più azzeccati Don Ciccio Ingravallo, a dare un
finale compiuto al suo film, ma restando al romanzo Gadda non scrisse mai il finale nonostante le varie pressioni.
Ma ciò non ha mai impressionato i fan dello scrittore pur se la lettura a volte può apparire ostica, Gadda non è semplice da assimilare, va detto che è un’opera che va letta basando la lettura sulle “parole. Il suo è uno stile dove le acrobazie linguistiche sono infinite, si va da espressioni in dialetto a neologismi sino a delle vere e proprie creazioni
linguistiche che, ancora leggendole oggi, appaiono innovative. Abbiamo due storie in una, un furto nell’appartamento di un palazzo agiato a cui segue in un altro appartamento
un feroce delitto con furto. Qui entra in ballo lui,il personaggio di maggior spicco del romanzo, , se anche in verità i personaggi sono tanti, e tutti mai abbandonati, sempre trat-
tati con cura.
Il dottor Francesco Ingravallo, quindi, molisano, “comandato” alla Mobile, detto Don Ciccio, ancora giovane, invidiato e rispettato, dalla folta chioma nera, aria sempre un po’
assonnata, un fare che sembra un po’tonto,veste maluccio,una certa praticaccia del mondo, buona conoscenza di uomini e donne.Forse un po’ prolisso, abituato com’è alle
disquisizioni filosofiche-moralistiche. Gli capita questa inchiesta difficile, quasi un fatto personale perché conosceva la vittima, ma difficile da risolvere perché lo porta a scavare
su tante oscure presenze che allignano durante l’epoca fascista.
Di contro il personaggio della signora Liliana, la donna dalla “nobile malinconia”. Compita padrona di una casa “strana”, dove quando lo invitano a pranzo trova sempre o nuove nipoti o nuove servette, ma qui si ritorna al personaggio della signora Balducci, una donna bella, ricca, alcuni dicono ricchissima, però sembra sempre “sospirosa”, uno sguardo
triste, quasi qualcosa la trattenesse dalle gioie di una vita tranquilla. E poi il marito, abbastanza distaccato, uomo concreto dedito ai suoi affar,e ancora il cugino. un vanesio che
passerà qualche brutto momento, inviso com’è il commissario, ma forse è l’unico che ha capito Liliana. E poi ancora la contessa, la portinaia, il commendatore, personaggi di una vera commedia umana che l’autore è abile a mettere in scena. E poi lo stacco netto dalla parte cittadina,ci spostiamo nelle campagne intorno alla capitale, l’indagine segue le
tracce dei furti dei gioielli attribuiti a gente che aveva frequentato via Merulana.
Ecco un altro spaccato del mondo, più rurale,piu’grezzo, più dirompente,ci sono i carabinieri, ci sono donne,uomini, giovani,vecchi, ladri,prostitute, perfino il cammeo di una
gallina che espleta i suoi bisogni….
Insomma tanti elementi che vanno dal dramma alla commedia, dalla tragedia all’opera buffa, ma la gran cura con cui vengono descritti i personaggi, le risorse del linguaggio,
le battute e le situazioni ci fanno anche ridere, un “pasticciaccio” è anche un qualcosa che può prefigurare un fatto senza soluzione, ma comunque ci fa pensare a una societàdove
il malcostume, la crudeltà,il lordume sono sempre presenti.
GIUSEPPE PREVITI