FANTASMI – DRAMMATURGIA DI ENZO VETRANO STEFANO RANDISI
22 Febbraio 2013” ZIO VANJA” DI ANTON CECHOV- regia di MARCO BELLOCCHIO
3 Novembre 2013Cast: Alessandro Gassman Manrico Gammarota Mauro Marino Marta Richeldi Giacomo Rosselli Marco Cavicchioli Sabina Knafiltz Sergio Meogrossi Emanuele Maria Basso e con PailaPavese-regia di Alessandro Gassmann
RIII di Alessandro Gassman come regista e ideatore scenico e con l’ausilio di Vitaliano Trevisan quale traduttore e adattatore volge in questa sua realizzazione un grosso sguardo al cinema. Esperimento questo dell’interazione tra teatro e schermo già sperimentato dal regista in “La parola ai giurati” e “Roman e il suo cucciolo”., ed infatti in questo spettacolo c’è un grande e proficuo uso delle immagini virtuali create da Marco Schiavoni. Vengono proiettate ottenendo effetti visivi fortemente suggestivi, che fanno da coro allo sviluppo della storia sino all’apparizione finale dinanzi al re dei fantasmi dei personaggi da lui eliminati.
La scena creata da Gianluca Amodio allude al gotico in un gioco continuo tra enormi spazi e spazi claustrofobici. C’è un continuo alternarsi tra antico e moderno e negli elementi
architettonici e nei costumi che sono un po’ d’epoca e un po’ sinistramente moderni. Anche le scene si susseguono in continuazione sostenute dalle musiche originali di Pivio e
De Scalzi. Anche qui il susseguirsi di antico e contemporaneo è con tinuo.
Lo spettacolo è assai forte, prende di mira il fascino che esercita il potere al di là di qualsiasi turpitudine per ottenerlo ma anche il sottostare colpevole dei cosiddetti benpensanti
pronti a accettare e plaudire le azioni più cattive in cambio del tornaconto personale.
Non è certo semplice rendere questa figura di tiranno che passa dagli scatti d’ira alle blandizie, dal sarcasmo all’ironia, dalla sfrontatezza all’ipocrisia, dalla violenza al ricatto.
Alessandro Gassman affronta da interprete e regista il capolavoro di Skhakespaeare coadiuvato come già detto da un drammaturgo di vaglia come Trevisan e dalla loro unione
nasce un’idea di spettacolo che voglia trasmettere la complessità, la forza e anche l’attualità dell’opera stessa.
La domanda è se questo risultato sia stato raggiunto.I lavori di Shakespeare sono dei capolavori eterni nel tempo perché capaci di perpetuare nel tempo le nefandezze e gli stati
dell’animo umano.
Con Riccardo III si assiste alla cruenta ascesa al trono di Riccardo, certamente un malvagio, siamo ai tempi della guerra delle due Rose, tra i Lancster e gli York. Riccardo appunto
muore ma al drammaturgo inglese non interessava tanto la verità storica, quanto fare vedere a dove possa portare l’odio e la crudeltà, con questo giovane nobile che prima di divenire
re ucciderà molte persone, sconvolgendo molti destini.
Gassmann è naturalmente assai colpito da questa figura e dal suo creatore, vero artefice di storie che hanno del magico ma anche del profondamente tragico. Ecco che l’adattamento
di Trevisan e la realizzazione di Gassmann portano una storia cupa, piena di visioni, una sorta di fiaba gotica dove dominano tenebre, paura, terrore, servilismo. Tutto è volutamente esagerato, trucco, costumi, una sorta di fumetto dove l’antico e il moderno si rincorrono. Trevisan semplifica assai il drammone originale, anche linguaggio e atteggiamenti sono più
portati al moderno, ma quel che più colpisce è l’aspetto corale dato alla vicenda sacrificando in un certo senso i tanti monologhi del re. E fa acquistare anche grande rilievo a
personaggi solitamente non proprio protagonisti come Tyrrell il sicario o Buckingham eterno traditore.
Sul lavoro incide naturalmente la propensione di Gassman a questa contaminazione tra linguaggio teatrale e cinematografico, evidentemente pensando che un taglio cinematografico
serva a rappresentare meglio una struttura narrativa forte e robusta di per se stessa, ma per lui da rendere in un modo più immediato, più visivo, più diretto. Ecco quindi uno stile
che ha molto del grande schermo, assai lineare lo sviluppo della storia, tantissime proiezioni che moltiplicano effetti scenici e figure umane, via via sfilano eserciti, folle di cortigiani, spettri
che vagano, luci accese .
In questa messinscena naturalmente si distacca anche dalle tradizionali interpretazioni , anche da un punto di vista fisico, il Riccardo di Gassman. Non più gobbo e rattrappito, ma un omone deforme, livido, una vera maschera da mostro. Un corpo da gigante, allungato sì da sovrastare tutti gli altri, che si muove in maniera disarticolata, claudicante, un braccio
irrigidito. Una zeppa interna agli scarponi lo rende appunto gigantesco rispetto agli altri e incide sulla sua camminata sempre un po’goffa. E’vestito con un lunghissimo pastrano militare
(di tipo nazista o espressionista ?), ha il volto stravolto da un pesante trucco. Basta questo a penetrare nell’animo di questo feroce personaggio ? Alessandro ne fa un Riccardo tutto sommato meno malvagio di quel che è, uccide quasi per…dovere, perché il suo destino è quello, ma nel complesso sembra quasi più vittima di un gioco crudele che non veramente cattivo.
Lo spettacolo piace perché è una macchina teatrale perfetta, con i tempi giusti, persino le musiche, oltre quelle di scena, sorprendono, addirittura si va da Ray Charles ai Dire Straits.
Dove Gassman si conferma grande è nella regia, assai concreta e di notevole valore per quanto ha saputo ricavare dagli attori. Se lui stesso è efficace in quella visione particolare
del suo Riccardo III, spiccano un eccellente Manrico Gammarota nei panni del boia Tyrrel. Efficace anche la truce regina Margherita, resa en travesti da Mauro Marino. Sergio Meogrossi
è il subdolo Buckingham, poi vi sono delle caratterizzazioni a volte assai marcate. Così Clarence e Lord Hasting sono resi in chiave comica da Marco Cavicchioli, Emanuele Maria Basso è
un ridicolo sindaco, Giacomo Rosselli è il conte Rivers. Efficaci anche le donne, la Lady Anna di Sabina Knaflitz, Elisabetta di Marta Richeldi e la duchessa di York di Paila Pavese.
GIUSEPPE PREVITI