RISCOPRENDO VECCHI FILM:”IL GRANDE CALDO” DI FRITZ LANG (1953)
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29 Novembre 2012William McGivern non è noto forse come uno Chandler o un Hammet, può darsi che debba ancora oggi molto a Fritz Lang che dal suo The big Heat trasse uno dei capolavori cinematografici
deel noir. Molti suoi gialli apparivano nei “Gialli Proibiti Longanesi” oppure lo si potrebbe ricordare per le riduzioni televisive degli stessi.
Nasce a Chicago nel 1918, è tra i protagonisti del Black Mask con una serie di Mistery per le riviste popolari.Lavorerà per la radio, infine si trasferirà a Hollywood. Parteciperà alla seconda guerra mondiale dove verrà decorato. Vivrà anche un anno a Roma, dichiarerà che i suoi autori preferiti tra gli italiani erano Moravia e Pratolini. Nel 198o è eletto presidente dei Mistery Writers of America.
Come scrittore ha pubblicato una ventina di romanzi, in Italia sono usciti per Longanesi. Di essi non se ne ha più traccia, salvo appunto Il grande caldo del 1954, riproposto da Mondadotri nei Classici del giallo nel 1979 e in tempi molto più vicini a noi da Feltrinelli nel 2008 su licenza della scomparsa casa editrice Anabasi che aveva a sua volta pubblicato nel 1995.
McGivern era una sorta di “impiegato della penna”, assai metodico, lavorava cinque ore al giorno, cinque giorni alla settimana, venti cartelle alla settimana, una prima stesura, poi la riscrittura, infine la revisione dello “stile di scrittura”.
I suoi romanzi appartengono al genere noir con concessioni al thriller, ma hanno anche la caratteristica di non cercare tanto la soluzione o la sorpresa finale ma di fornire invece un’analisi assai accurata del crimine e dei protagonisti, del perché commettono il male, del perché in molti casi la differenza tra il bene e il male è ben poco edificante.
Molti dei romanzi di McGivern tornano sul tema della corruzione della polizia, sicuramente lui ne scrive molto più dei suoi colleghi scrittori. Oltre Il grande caldo Il colpevoile è tra noi,
Senza scampo, scritti tra il 1953 e il 1954, tutte storie di poliziotti marci. Lo scrittore sa azzeccare i profili psicologici, va oltre la trama in sè, scava nell’animo umano, ci parla di uomini segnati, ormai compromessi, pur se in loro c’è sempre un’ansia di redenzione, quasi una voglia di ritornare al loro status originario, il che poi li porta ad essere ancora più duri verso coloro che li hanno indotti a tradire.
“Il grande caldo” fu scritto in tre settimane, proprio nel corso del suo soggiorno italiano in compagnia della moglie, nota scrittrice di novelle. Il romanzo ebbe subito un grande successo,
una storia intensa, vigorosa, di rara profondità psicologia, certo molto al di sopra di tanti…melodrammi che si trovano in questo genere letteratura.
Questa opera letteraria sembra precorrere quel che poi troveremo in tanta cinematografia successiva dal Padrino all’ispettore Callaghan, cioè i tempi in cui il protagonista “deve”
risolvere tutto da solo, a costo di trasgredire a sua volta, lui che non è un malavitoso. Insomma è costretto a infrangere le regole del consesso civile, agire questo tipico della criminalità.
Insomma quasi un ritorno all’eroe “unico”, lo sceriffo dell’epoca dell’West.
Chiaro che Lang partendo da una base simile ha potuto dare il meglio di sé confezionando uno dei capolavori del noir, lui era un grande esperto del tema delle pulsioni che agitano
l’animo umano e ne fanno affiorare la parte più cupa. Ma è altrettanto abile nell’evidenziare le varie facce dell’animo umano, compreso quel tanto di violenza che è in ciascuno di noi, e che sempre può’ esplodere.
McGivern aveva creato un personaggio notevole, quel Bannion trascinato dagli eventi e dal destino ma anche fatto di quella risolutezza senza ritorno che è tipica degli stessi uomini che sta combattendo.
Lang ovviamente nel suo film forza più di quel che appaia dal libro i caratteri, insistendo anche sulla violenza contro le donne che sono uccise, picchiate, sfregiate.
Anche questi temi più che mai attuali.
GIUSEPPE PREVITI