“AMOUR”DI MICHAEL HANEKE
7 Novembre 2012” ARGO” DI BEN AFFLECK
13 Novembre 2012Fritz Lang nasce a Vienna nel 1890 e morirà a Beverly Hills nel 1976. Regista e sceneggiatore, noto per l’appartenenza alla scuola espressionista tedesca, in seguito si era appunto trasferito negli Stai Uniti per sfuggire al nazismo. Molti i film da lui diretti, già famoso in Europa, porterà il suo stile abbastanza particolare ma di notevole fattura e certamente di alta qualità nella Mecca del cinema. Qui venne accolto con tutti gli onori ma ben presto vennero a galla le profonde differenze tra un cinema curatissimo ma anche dai profondi significati sociali e morali a cui apparteneva il Lang europeo e il cinema americano dove la legge del botteghino la faceva da padrona e oltre tutto certi argomenti non piacevano assolutamente ai produttori.
Comunque Friz Lang nel suo lungo soggiorno americano realizzò una lunga serie di pellicole. Per la MGM realizzò Furia Sono innocente La dama del ritratto Strada scarlatta IL grande caldo, tutti film di impronta noir,ma fedeli al gusto espressionista per quanto riguarda inquadrature e fotografia. Lang vedeva la città industriale come fonte di ansia e di oppressione ,al centro il singolo, ma un singolo sempre vittima del destino. L’ultimo film che lui girò negli Usa fu L’alibi perfetto, poi tornerà in Germania dove girerà ancora tre film ma di scarso successo.
Una curiosità, nel 1964 interpreterà se stesso ne Il disprezzo di Godard.
Nella sua carriera Fritz Lang ha girato 15 film muti e 30 sonori. Si è occupato di tutto, melodramma, feuilleton, storia, leggenda, fantascienza, spionaggio, poliziesco, psicoanalisi, commedia musicale, testimonianza sociale, resistenza, guerra, tema esotico, ma sempre con rigore e linearità sia di forme che di tematica. Il suo viene considerato un “teatro morale”, il “male” è connaturato all’uomo, la giustizia è sempre relativa, basilare è però per il nostro regista che l’uomo ritrovi il suo “equilibrio”. Ma il suo è anche detto un cinema di incubo, con un mondo di ombre, un mondo notturno, sinistro, tormentato, violento, angosciante!
Detto del Lang cinematografaro va però ricordato che lui visse in un’America un po’ particolare, prima i tempi di guerra, e poi il dopo-guerra con tutto quello che comportò, compresa la commissione McCarthy da cui Fritz Lang era considerato un comunista, mentre lui rispose sempre di essere un liberale. Certamente anche questo fatto incise sul suo rapporto con Hollywood, anche se in verità non gli fu certo impedito di lavorare.
Tracciato questo breve profilo del regista vogliamo parlare di due film del suo periodo americano.
“Anche i boia muoiono all’alba”(1943) con Walter Brennan, Brian Donley, Anna Lee, Gene Lockhart
Praga 1942- Secondo le autorità tedesche di occupazione alla fabbrica Skoda non si lavora abbastanza e il Reichsprotektor ordina delle esecuzioni. In risposta poco dopo resterà ferito in un attentato, viene ordinato il coprifuoco e inizia la repressione. L’attentatore, un medico, trova rifugio nella casa di un patriota, un anziano professore, che poi verrà preso dai tedeschi in ostaggio con altri 4oo notabili della città. L’attentatore vorrebbe costituirsi ma i suoi compagni lo dissuadono :” Cosa sono quattrocento persone in confronto a milioni di morti?”. Intanto un ispettore di polizia interroga la figlia del professore e il suo fidanzato che negano di sapere alcunché. Vengono uccisi altri membri della Resistenza, entra in gioco la bieca figura do
del ricco birraio Czaka, un doppiogiochista senza morale. Il poliziotto scopre chi è l’attentatore ma viene assassinato dai partigiani prima di poter agire, e fanno ricadere la colpa su C zaka che verrà giustiziato.
Successivamente i tedeschi scopriranno che il birraio era innocente, ma visto che il loro tentativo di terrorizzare la popolazione per farla parlare era fallito, tanto valeva per non inficiare
l’autoritarismo tedesco accettare il colpevole…gentilmente offerto e giustiziarlo.
Lang fu molto avversato ad Hollywood, da lui ci si aspettava qualcosa di brillante alla Lubitch, mentre in “Anche i boia muoiono all’alba” il clima è cupo, teso, la storia è fortemente drammatica ma anche densa di significati. Lang per fare uscire la pellicola dovette accettare dei compromessi pur se del testo assai pungente di Bertolt Brecht (co-sceneggiatore con Lang)
qualcosa è rimasto. Non ne sarà uscito un capolavoro, troppo tortuoso e discontinuo il procedimento, grande rilievo è stato dato ad alcuni personaggi, indimenticabili le strade “espressioniste” di Praga, i gelidi interni del comando di polizia, la visione dell’anziana torturata, i ghigni degli aguzzini, e poi l’uso della menzogna a fin di bene.
“Maschere e pugnali” (1946)
E’ una pellicola del 1946 interpretata da Gary Cooper Lilli Palmer Robert Alda Vladimir Sokoloff Marc Lawrence J.E.Bromberg.
“Pace. Non c’è pace. Questo è l’anno uno dell’era atomica, che Dio ci aiuti se pensiamo di poter nascondere questo segreto al mondo…..”. Con queste parole Gary Cooper, nei panni di una spia, chiude il film. E si chiude anche con questa pellicola la serie antinazista girata dal regista, anche se poi in questa storia è chiara l’allusione alla bomba atomica sganciata dall’America appena un anno prima.*
Lang soleva dire “Al di fuori del cinema non esiste altra forma d’arte capace di offrire un quadro così vasto della nostra epoca”, e lui certamente sapeva quel che diceva, ma doveva
scontrarsi con chi non voleva che fossero affermate certe verità, ed infatti il suo film venne censurato e dovette tagliare il finale dove appunto il protagonista pronunciava quelle parole di cui sopra. Nella pellicola messa in circolazione i due protagonisti si salutano alla fine, promettendosi amore eterno, lui parte, lei resta, ma la “morale”americana fu salva….
Una curiosità, si ripete a parti rovesciate il finale di Casablanca….
“Maschere e pugnali” è un film di genere spy story. Jesper è un tranquillo docente di fisica nucleare e viene ingaggiato dai servizi segreti per impedire che i tedechi costruiscano una bomba atomica. E’ un grande idealista, accetta convinto, tra l’altro incontrerà un’anziana grande scienziata che aveva conosciuto anni prima. Jesper non è il prototipo della spia ideale, è in ingenuo che commette molte sciocchezze, si fa fotografare, è attratto dalle belle donne, parla molto.
Si muoverà tra Francia, Svizzera e Italia sino al “tradizionale”lieto fine. Ma dovrà passare varie traversie, non mancheranno morti e delitti, e riuscirà anche a portare negli State il vecchio scienziato italiano Polda (Wladimir Sukuloff )che era ricattato dai nazisti e che ora potrà mettersi al servizio di una nobile causa.
La censura ha cambiato il finale ma alla fin fine ha esaltato ancor più quel che King voleva dire perché non solo nel Terzo Reich era rischioso “pensare quello che si voleva e dire quello che si voleva”.
Jesper all’inizio del film(e non si poteva certo toglierlo)si dichiara spaventato degli effetti che potrà avere la bomba atomica e che certamente non ci si fermerà al primo esemplare, mentre in compenso si lesineranno i fondi per la ricerca medica. Il tutto non è detto in forma diretta ma è “mascherato”sotto forma di un discorso che Jesper fa all’inizio del film mentre sta mangiando una mela, stessa “mela” che poi,per non perderne il significato simbolico, ricompare verso la fine della storia, ancora Jesper che la mangia ma inevitabilmente il ricordo
va alla scena precedente e quanto era stato detto in essa.
Da un punto di vista più squisitamente cinematografico bello il ricordo della vecchia Vienna, con Jesper assiso al bar dell’hotel mentre si ascolta un valzer di Strauus.
E c’è anche la voce di Beniamino Gigli che intona la famosa romanza “Vieni sul mar”, qui Jesper è in Italia. Qui c’è la scena madre del feroce duello in un sottoscala tra lo scienziato e il
“cattivo di professione” Marc Lawrence, e per non farsi scoprire da un bambino che sta cercando la palla il “lungo americano” sembra appoggiarsi all’altro ormai cadavere.
Il senso del film è comunque nella volontà di Lang di parlarci di un mondo che addirittura crea i messi per autodistruggersi.Lui era un grande maestro, bastano pochi tocchi a confermarlo.
Certamente la morale e l’anima commerciale dei produttori erano tutto un’altra cosa….
GIUSEPPE PREVITI