“PARADISO AMARO” (THE DESCENDANTS) DI ALEXANDER PAYNE N°2
2 Marzo 2012“BIANCANEVE” DI TARSEM SINGH
11 Aprile 2012Cast: Valerio Mastrandea Pierfrancesco Favino Michela Cescon Laura Chiatti Fabrizio Gifuni Luigi Lo Cascio Giorgio Colangeli Omero Antoniutti Thomas Trabacchi Giorgio Tirabassi
Denis Fasolo Giorgio Marchesi Sergio Solli Giulia Lazzarini Luca Zingaretti
Quando si deve giudicare un film che vuole ricostruire una fase storico-politica particolarmente dolorosa e sentita della nostra storia è inevitabile che ci siano delle ripercussioni politiche,passionali, puntualizzatrici su quanto viene ricostruito cinematograficamente. E’ il caso di “Romanzo di una strage “di Marco Tullio Giordana film che si occupa della strage di Piazza Fontana a Milano e dei suoi retroscena. Parlando di cinema dovremmo trascurare le implicazioni politiche ,o meglio, le stroncature di Corrado Stajano sul Corriere della Sera,la puntigliosa quanto negativa puntualizzazione di Adriano Sofri pur se certo non vanno ignorate però non dovrebbero influenzare il giudizio critico sui valori e contenuti della pellicola da un punto di vista di critica cinematografica.
Partiamo dal titolo, “Romanzo di una strage” assai efficace perché il regista e gli sceneggiatori(Sandro Petraglia e Stefano Rulli)hanno raccontato questa storia come se fosse un romanzo diviso in tanti capitoli. Si prende in esame il periodo che va dal 1969 al 1972, dall’uccisione dell’agente Antonio Annarumma(19 novembre 1969) a quella del commissario Calabresi(17 maggio 1972) e lo so rivisita in maniera romanzesca, con una vasta congerie di personaggi, principali o no, buoni e cattivi, colpi di scena,riflessioni,invenzioni.Perché ovviamente tutto
quanto viene detto è parte verità e parte fantasia ed è liberamente tratto da un monumentale saggio di Paolo Cucchiarelli “Il segreto di Piazza Fontana”.
Chi fa il recensore cinematografico dovrebbe appunto parlare di come la storia viene trasformata in cinema, un processo del resto a cui lo stesso Giordana non è nuovo avendolo fatto
con La meglio gioventù, film sulle illusioni e sconfitte della generazione del 1968.
Ma nel nostro caso la materia di cui si parla è ancora troppo viva, brucia ancora gli animi e quindi è difficile sfuggire al clima contestatorio a cui ha dato origine.Basta leggere l’intervista di Aldo Cazzullo a Mario Calabresi,figlio della vittima,per rendersi conto che l’atmosfera è sempre incandescente, ma principalmente Calabresi jr.evidenzia che non è stata posta nella giusta evidenza la campagna di odio scatenata dalla stampa di sinistra contro il commissario, e aggiunge che mentre si sono resi umani gli avversari al padre è stata negata quest’umanità,troppo freddo e distaccato.
Adriano Sofri,scrittore,giornalista,ex-leader di Lotta Continua, condan nato a 22 anni per l’assassinio del poliziotto contesta duramente il film,non in quanto tale,ma perché si basa sullibro di Cucchiarelli che ritiene pieno di errori e di cose inesatte.Pur dicendo che il film in parte se ne discosta lo condanna perché abbraccia in pieno la tesi dell’autore sulla duplicità di colpevoli
in quella che fu una vera e propria strategia del terrore.
Stajano critica il film perché mancano tante cose di quelle che sono successe, ne aggiunge altre non veritiere on non corrispondenti alla realtà dei fatti.Gli imputa, in quanto dichiaratamente ancorato ai fatti accaduti,di aver praticato la strada del realismo nutrita da finzione e questo è il suo limite, oltre che,anche per Stajano, aver preso come punto di
riferimento il libro di Cucchiarelli e la tesi dei doppi estremismi, fuorviante allora e matrice di altri mali, ingannatrice per i giovani di oggi che questi fatti non conoscono.
In verità la materia oltre che scottante è ancora infarcita di dubbi,il principale è se si sappia tutto o no su quanto successe allora. Giordana sceglie allora la forma del “romanzo” per mettere le persone al centro dei fatti,facendo la cronaca di quei giorni,trascurando teoremi e ipotesi.Per lui il vero senso del film è cercare di spiegare ai giovani di oggi cosa è successo allora.Non lo considera un film di denuncia,ma piuttosto un film nato con l’intento di spiegare la grossa incongruenza della Seconda Repubblica,fondata su un doppio stato,quello legale e quello nascosto di patti segreti,contrattazioni,deviazioni e collusioni tra parti dello Stato e criminalità.
Per questo la pellicola “racconta”dei personaggi, in primis Giuseppe Pinelli(Pierfrancesco Favino) e Luigi Calabresi(Valerio Mastrandea), l’anarchico e il commissario,certamente di opposte idee politiche, ma uniti da una forma di rispetto reciproco e forse consapevoli che i rispettivi ambienti sono assai meno limpidi e corretti di loro,almeno così appare dalla trama.
Infatti infiltrati e doppiogiochisti abbondano tra gli anarchici, e non tutte personcine a modo appaiono i questurini.
Belle figure del film, e del resto lo sono anche nella vita,le rispettive mogli(Michela Cescon e Laura Chiatti). Poi attorno a queste quattro persone si sviluppano i fatti che vanno dalla esplosione in Piazza Fontana alla Banca dell’Agricoltura alla tragica esecuzione di Calabresi.Nel lungo periodo entrano vari comprimari, prima le indagini subito indirizzate verso i circoli anarchici,poi le intromissioni da Roma,le paure e i tentennamenti dei politici, il ruolo dei servizi, l’apparizione dei servizi “deviati”,la scoperta della “pista veneta”, gli insabbiamenti,i depistaggi, sino alla violenta campagna di Lotta Continua contro il commissario Calabresi sino alla sua uccisione.
Un periodo di circa tre anni che infila l’Italia in un periodo nero e violento,prodomo poi degli anni di piombo.
“Romanzo di una strage” è un film che come si è detto fa discutere, coraggioso nell’affrontare un tema legato agli orrori della realtà italiana,spesso sul baratro di una guerra civile. Dove pecca è nel rivestire di mistero i fatti reali.E’ vero che i colpevoli per lo Stato non ci sono,anzi ulteriore beffa, non solo imputati impuniti ma anche richiesta vergognosa ai parenti delle vittime di coprire le spese del processo.Ma questa è la realtà processuale non quella legata ai fatti,le bombe le misero gli estremisti di destra con l’ausilio dei servizi deviati e di…altri,se
questa è la convinzione generale perché parlare di misteri e di doppie responsabilità?
Marco Tullio Giordana allinea tutta questa intricata vicenda in tanti “capitoli”(“Autunno caldo”, “Gli innocenti”, “L’indagine parallela” etc.etc.)per facilitare lo spettatore.Lo aiuta anche un gruppo di attori veramente eccellente, che non scadono mai nella macchietta o nel patetico.Se sono ottimi i due protagonisti,anche l’Aldo Moro di Fabrizio Gifuni,il Saragat di Omero An toniutti, il questore di Sergio Solli, il Freda di Denis Fasolo,l’uomo dei servizi di Giorgio Tirabassi, il giudice di Luigi Lo Cascio hanno molto spessore e danno giusta dimensione ai loro personaggi.
Un altro rischio che corre il film è di voler rendere troppo “semplici”i fatti, di schematizzarli oltre misura, cancellando l’angoscia e la paura che attenagliavano l’Italia di quei momenti.Sembra che si voglia chiudere la storia in maniera lineare ,intanto non si dice chi ha messo materialmente la bomba né si prende posizione su come Pinelli sia caduto dalla finestra.Ci si…rifugia nella tesa dei complotti e delle forze oscure facendola avanzare al capo degli Affari Riservati(Giorgio Colangeli) e così sia.
Una volontà di perdonismo generale che non è accettabile, o quanto meno questo clima da “al di sopra delle parti”finisce con il contrastare con l’assunto iniziale di Giordana e soci nel voler spiegare certi fatti.Il cinema italiano circa venti,trenta anni fa ha dato dei prodotti “civili”veramente encomiabili,con ricostruzioni storiche di grande portata dettate dal bisogno di spiegarsi e di spiegare le radici del presente.
Resta comunque un film che ci “racconta”di personaggi, uomini ,donne,ragazzi,adulti alle prese con un evento che inciderà sulla loro vita e su quella di tutto il Paese, un’opera di finzione sicuramente, ma troppo legata a fatti decisivi per la storia d’Italia per poter astrarre nel giudizio dai contenuti.Una grossa realizzazione che forse doveva essere più esplicita nelle conclusioni…..
GIUSEPPE PREVITI