“ZOO DI VETRO- di TENNESSEE WILLIAMS – REGIA ARTURO CIRILLO
2 Marzo 2015” LA DODICESIMA NOTTE” DI WILLIAM SHAKESPEARE- REGIA DI CARLO CECCHI
2 Marzo 2015Cast:Anna Maria Guarnieri, Valeria Milillo, Danilo Negrelli, Silvia Salvatori
Eva vive con il marito Viktor in un villaggio tra i fiordi. E’ una donna assai sensibile e piena di fede, ha perdutotrl figlioletto prima che compisse quattro anni e ha
accolto in casa la sorella disabile Helena, togliendola dalla casa di cura in cui l’aveva messa la madre. E propro l’arrivo della madre Charlotte, da lei invitata, una
celebre pianista che ha dovuto interrompere la sua tournèe per un forte mal di schiena, rompe i delicati equilibri nel frattempo faticosamente ricreati.
Torna in scena questo testo di Ingmar Bergman con la regia di Gabriele Lavia, che del grande regista ha già portato in scena Scene da un matrimonio e Dopo la
prova. Questo scontro tra madre e figlia vede protagoniste Anna Maria Guarnieri e Valerio Milillo, affiancate da Danilo Negrelli e Silvia Salvatori.
I teatranti, i concertisti, gli artisti in genere che vita fanno ? Bergmann lo sapeva bene appartenendo alla categoria e lo fa dire a Charlotte, la madre : ” Vedi
tutte quelle luci accese sulla collina ? Se penso che tutti sono intenti alle loro faccende…E’ come si io fossi esclusa…Eppure ho sempre tanta nostalgia della mia
casa, ma quando sono lì, poi, mi rendo conto di aspettarmi qualcosa che non esiste…”.
Il tema dell’esclusione, un tema comune a tutte queste persone abituate a esporsi sul palcoscenico, a interpretare le vite degli altri. Loro sono esseri umani sul
palcoscenico, sono Padri, Madri, Figli, Mariti, Mogli ma, ripetiamo, sul palcoscenico. Nella vita normale per loro è più difficile, loro sono bravi a recitarle le
parti, meno a….essere una parte reale, Bergman li considera condannati a una ” Solitudine assoluta “.
Charlotte rientra in questo schema, lei ha sempre vissuto per il pianoforte, ma è stata una pessima madre, una pessima moglie, una pessima amante. Per la
sua carriera di concertista ha rovinato la vita di tutti coloro che le sono vicini. E naturalmente ha rovinato la sua vita. Ecco il ” pianoforte” simbolo delle tenta-
zioni, delle facili illusioni, del successo, ma il pianoforte è anche il simbolo della caducità di certi valori, quando Charlotte per i propri malanni non può più suonare
tutto intorno a lei crolla. Nella vita,sembra voler dire Bergman, ma anche nella scema o si è “grandi” o non lo si è.
Dramma psicologico e familiare,questa Sinfonia era nata per il teatro, poi nel 1978 divenne un film girato in Norvegia. Era un periodo difficile per il regista svedese
processato per evasione fiscale, e come già in altre occasioni, in periodi per lui di tensioni, tendeva a scaricarsi realizzando opere che attingevano anche a problemi
legati alla sua esistenza e allora trovava conforto nelloriivere o nel curare la regia come se assumesse una vesta distaccata dal proprio io.Nel film lavorarono due
grandi attrici, Ingrid Bergman (fu il suo ultimo film.
Tornando alla messa in scena di Lavia il dramma si incentra sul conflitto tra madre e figlia( Anna Maria Guarneri e Valeria Milillo)con il marito della figlia (Daniele
Negrelli)che fa da spettatore commentatore al dramma (forse riflesso dello stesso regista autore), mentre sullo sfondo si sentono le urla, e poi la vedremo in scena,
della sorella minore. Sono sette anni che le due donne non si vedono, la madre è sempre stata in giro per la sua carriera di concertista, trascurando la famiglia.Ora
che ha perso il suo compagno Eve la invita, ma appena si vedono riscoppiano rancori e conflitti, sino a un distacco definitivo. Bergmann scandaglia gli animi delle due
donne, solitudine, incomprensione, egoismo, probabilmente non ci sono colpe gravi, ma non sanno assolutamente comunicare tra loro. Il suo è un teatro forte,
aspro, non da molta speranza, e alla solitudine e alla incomunicabilità aggiunge un altro tema, “il senso di colpa”, ” il senso del peccato”, che grava talmente sui
personaggi che non riescono a liberarsene.
La regia di Lavia è molto schamatica, largo spazio è lasciato alla parola, la scena è unica come ormai va di moda, si adopra un televisiore per proiettare
alcune immagini del bambino, francamente non è che sia molto funzionale.
Buona la concertazione degli attori, assai intensa Anna Maria Guarnieri, la madre, una sorta di leone in gabbia che si aggira per la stanza, un po’ dilaniata dal
mal di schiena, un po’ persa dietro ai suoi ricordi, certo poco incline a fare la madre, specie con la presenza della figlia minorata che lei abbandonò per la sua
vita d’artista. Ma è più un atteggiamento difensivo il suo, è un voler mettere le mani avanti, riaffermare una scelta che solo lei può legittimare, ma dentro di
sè soffre e non solo fisicamente;di contro Eva, figura emblematica, anche lei sente sensi di colpa, cerca di ricostituire un rapporto, sembra animata sempre di
buone intenzioni, ma poi quando arriva al colloquio decisivo con la madre esplode tutto il suo rancore, tutte le sue emozioni, tutto quanto ha represso nel tempo.
Eccellente la Guarneri ma una prova d’attrice anche per la Milillo, che rivela doti espressive notevoli, ancor più da rimarcare vista l’aria dimessa della prima parte.
Danilo Negrelli cerca di dare peso a un personaggio destinato di suo a non incidere, una sorta di narratore, che non entra mai negli eventi, del resto anche il rap-
porto con la moglie è praticamente inesistente.
Uno spettacolo da vedere, anche se forse, ma qui torniamo al testo e ai suoi significati, è sin troppo privo di calore umano, e anche la regia procede in questa dire-
zione….
GIUSEPPE PREVITI