“IO SONO IL LIBANESE” DI GIANCARLO DE CATALDO — EINAUDI
4 Dicembre 2012“IL CASO COLLINI” DI FERDINAND VON SCHIRACH- LONGANESI
8 Dicembre 2012Concediamoci una parentesi nelle nostre segnalazioni di libri gialli e noir e questa volta occupiamoci di cucina. Francesco Picchi, in attesa di un prossimo romanzo che avrà anche sfumature
gialle, pubblica un libro che è un atto d’amore verso la cucina, verso la sua famiglia, verso sua moglie, ma anche verso i lettori perché nei loro confronti si apre, si “spoglia” dei suoi segreti
culinari perché per lui cucina è voglia di vivere e di far vivere. E quindi il libro nasce con l’intento di raccogliere tutto quanto lui ha fatto e spesso scritto in questi anni, partendo dagli insegnamenti che prima gli hanno lasciato sua nonna e sua madre e poi quello che via via lui ha realizzato in tanti anni, cucinando, assaggiando, osservando.
Proprio all’inizio del volume ammonisce chi vuole esercitarsi nel cucinare a “vedere, guardare,osservare le altrui cucine”, questa è la scuola più importante, oltre che assaggiare l’assaggiabile, non vi è libro di ricette che tenga.
Fabio Picchi,noto ristoratore fiorentino, grande uomo di cultura, vedi l’esperimento ormai consacrato del Teatro del sale dove si mangia e si fa teatro, scrittore anche di libri e non
solo di cucina, è fondamentalmente un innamorato della cucina. Lui crede molto nella bellezza del cucinare ma anche nella semplicità che deve guidare questa operazione. Tutto è
vita anche il preparare una pietanza, il condividere con altro un piatto.
In questo libro il cucinare è visto infatti come un elemento necessario per riunirsi intorno a un tavolo per mangiare, parlare e magari contendersi l’ultimo avanzo nel vassoio. L’alta
cucina è per il nostro ristoratore un qualcosa di assolutamente semplice, occorre usare l’olio buono, un buon pomodoro, una cipolla, insomma delle cose bu0ne, semplici, non c’è
niente di difficile in questo, ognuno ci può riuscire.
Picchi è considerato un vero artista della cucina ma lui- ripetiamo- ha fatto della semplicità la sua bandiera.Lui cucina e invitga gli altri a farlo con l’obbiettivo di stare insieme, di
riscoprirne il piacere. E l’altro godimento è quello di gustare cibo semplice, lui evoca un panico con burro e acciughe condiviso con qualcuno che ci è vicino. I suoi piatti sono fatti
di prodotti buoni e della propria terra, preparati con amore, ricette semplici che vi invita a provare, niente di difficile, basta una fetta di pane tostato intinto nell’olio di stagione.
Tutto quanto si è detto lo ritroviamo in questo libro che non vuole essere s0lo un elenco di ricette ma soprattutto vuole – e ci riesce- legare ciascuno di noi a un piatto cucinato
come è successo all’autore riandando indietro nel tempo.
Un altro consiglio che si ricava dalla lettura è quello di non uniformare mai sapori ed aromi. Ed un altro suggerimento, anzi diremmo una raccomandazione specifica, è quella
di non sacrificare la cucina al ritmo frenetico della vita, alla fretta, cercate di evitare il ricorso ai piatti pronti o già confezionati.
Lui invece ci vuole trasmettere il suo credo, che è il cibo, e lo fa presentando cento ricette, molte del passato, ricette che vogliono procurare desiderio e emozioni. Anche perché
il cibo viene assunto come metafora dello stare bene o male. Niente ricette asettiche e impersonali, ma invece il “raccontare” il cibo e come seguirlo nel tempo che passa.
Ma massima nel Picchi è la voglia di far risaltare quello che fa, di colorarlo di significati, non ti dice ” prendi quella cosa…”, ma ” prendete il pane garbatamente abbrustolito…”.
Fin dai tempi remoti Picchi si è identificato con la cucina dagli ingredienti semplici, dai prodotti genuini, economici, perché no, anche con la cucina degli avanzi. Ma sempre mettendico
passione, sentimento, partecipazione perché il cucinare e il gustare sono delle lezioni di vita, e dal punto di vista del piacere e da quello della convivialità.
In questo trionfo di frittate, acciughe, uova, pomodori, olio buono, c’è molta della filosofia di Picchi, come dal narrare si ricava la virtù di una cucina povera e semplice necessaria
per vivere bene anche in tempi difficili come i nostri.
“Soffriggo per te” è il titolo che si ispira a una canzone scritta dall’autore assieme alla moglie Maria Cassi, una “canzone d’amore”. D’altra parte il cibo è sempre stata una compo-
nente essenziale nella vita del Picchi, anche nel momento dell’innamoramento e lui nell’atto del “soffriggere” vede passione e patimento.
Un libro, in conclusione, che vuole creare un clima di calda intimità tra chi cucina e chi mangia ma anche riflette lo stato d’animo del preparatore che adora guardare chi gusta le
sue pietanze, oltre tutto fornendogli consigli utili per prepararle.
Tra i vari consigli ci piace, per fotografare lo spirito del libro, ricordare il piatto suggerito per un primo appuntamento, pane,burro e acciuga, l’acciuga definita tra gli alimenti
più raffinati in cucina.
In effetti un dizionario in chiave più che cattedratica o ironica di “servizio”, molto “sentita” la voglia di “partecipare” agli altri le proprie sensazioni e le proprie emozioni.
GIUSEPPE PREVITI