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1 Luglio 2011CARNAGE DI ROMAN POLANSKI CON J.FOSTER-K.WINSLET-J.C.REILLY-C.WALTZ
25 Settembre 2011Vari film, anche nelle proiezioni in corso alla Mostra di Venezia,affrontano il problema dei migranti ed Emanuele Crialese lo fa con “Terraferma“.”Extracomunitari”,”migranti”, “illegali”, “clandestini” tanti sono i termini con cui vengono indicati,alla fin fine so0no coloro che scappano dai propri paesi in cerca dei lavoro e di una coindizione di vita più umana e più accettabile. Sono coloro che chiedono soccorso in mezzo al mare e certamente il tema può essere affrontato in tante maniere. Crialese sceglie la strada di non dare a questi uomini e donne che si agitano in mare una concretezza,solo dei volti,delle braccia, delle mani che disoperatamente cercano di attaccarsi a qualcosa. Di contro la reazione di chi vive nel-
l’isola, l’indefferenza di chi pensa al turismo e quindi non li vuole, lo zelo di qualche autorità, il cuore buono,specie nei vecchi,che di stenti ne hanno superati tanti e capiscono questi fratelli in difficoltà.
Il volto più significativo tra questi disoperati è quello di Sara, abbrutita dal dalore,dalla sofferenza,dalla scarsa fiducia nel
futuro.
Crialese continua a svolgere temi legati al mare,qui l’elemento marino vuole essere il simbolo di una nuova vita,sia che si tratti di migranti,sia che si tratti di isolani. Osservata dal mare la terra sembra immobile, ma poi al suo interno pulsa di
tante sensazioni.”Terraferma”è il grido che si lancia dalla barca in mare quando si scorge un approdo, ma è ovvio che la terra è tutt’altro che ferma, è assai mutabile.Ma anche il mare-osserva il regista-ha un qualcosa che sfugge alla nostra percezione,difronte alla sua furia siamo impotenti. Però Crialese ne è attratto e ne fa parte integrante delle sue pellicole.
Lo considera un veicolo verso una nuova vita, un nuovo modo di rapportarsi, in Terraferma lo è per i migranti che cercano un mondo migliore,lo è per gli isolani che vengono a contatto con un’umanità diversa che li fa riflettere.
Sull’isola di Terrraferma ai nativi si prospettano due proproste:da una parte i turisti ch si vogliono divertire, dall’altra gtli extracomunitari che si vogliono creare un’esistenza più dignitosa. In entrambi i casi di tratta di ricevere degli estranei, che possono anche portare dei pericoli, ma inizialmente nessuno avverte questo rischio, i turisti fanno golaperchè portano soldi, e per i migranti scatta la solidarietà tipica della gente di mare. M a quando le autorità intervengono e puniscono allora nasce la paura del diverso.Tutto il paese si riunisce,si mette in discussione, e questo è un pò lo spirito del film e di quel che ci racconta.La paura come difesa dell’esistente e che sfavorisce il processo di acco0gleinza e conoscenza.
Un ruolo importante,come in tutti i film di Crialese,lo0 hanno le donne.Giulietta vuole emanciparsi ed è consapevole che p’er ottenere questo dovrà lasciare l’isola. E’una giovane donna che ha perso il suo uomo, capisce che nell’isola non c’è futuro nè per sè nè per il figlio Filippo, chè è cresciuto insieme al nonno,vecchio pescatore, e non sa relazionarsi con gli altri. Lei vuole una vita nuova e capisce che “Filippo deve imparare a fare altre cose.”
Vi sono poi altre due figure femminili,molto lontane l’una dall’altra, l’africana Sara e Maura,la turista emancipata
Detto della buona interpretazione della Finocchiaro e di Filippo Pucillo, il film forse ha un limite in una certa scontatezza dell’assunto,con u8na divisione fin troppo marcata tra buoni e cattivi.
Un film che comunque ci vuole fare aprire gli occhi, ci prospetta uno stato di fatto reale, sfruttando anche le reazioni degli isolani.Un film dove gli extracomunitari ci costringono a guardarci allo specchio.
GIUSEPPE PREVITI